Chi l'avrebbe detto. Anche quest'anno si va a caccia! E questa, scusate se è poco, è una buona notizia. E ancora, chi l'avrebbe mai detto!: la 157 è quella di prima. E questa, per qualcuno può essere una buona notizia, per altri invece no. Per qualcun'altro ancora non è una sorpresa. E per tanti, una delusione.
Si vivono tempi di vacche magre, bisogna contare solo sul presente, confidare nel futuro, sperare in una buona stella e nella fortuna di azzeccare cavalli vincenti. Proseguendo nella metafora ippica, dopo il recente Grand Prix de l'Europe, si preannuncia con pifferi e tamburi lo Challenge delle Regioni. Come al solito, i duelli si sprecano, a colpi di promesse, da una parte, e di reciproco discredito fra contendenti, singoli o associati (leggi associazioni, partiti, coalizioni), dall'altra. Intanto si sta consumando la sceneggiata dei calendari, dove un giorno in più o in meno, una specie, anche in deroga, inserita o tolta dall'elenco, un accordo di reciprocità concesso o negato fanno la differenza. Meno male che si va a caccia e, almeno per qualche ora, si pensa a noi e non a loro.
Nonostante tutto, diciamolo, non è andata male. Gran parte dei calendari regionali e delle integrazioni locali hanno riconfermato le disposizioni pregresse, in alcuni casi anche migliorandole, a dispetto dei reiterati ricorsi al Tar, ultima chance di panciuti e strasazii ambientalisti, sempre più immobili su vecchi preconcetti che non fanno più presa nemmeno su menti del tipo Brigitte Bardot formato passionaria del cagnolino.
Si deve essere soddisfatti quindi? No di certo! E' ben altro quello che ci aspettiamo, quello che la caccia e i cacciatori hanno il sacrosanto diritto di chiedere e di ottenere. Prima di tutto questa benedetta revisione della legge. Che tenga conto della mutata situazione. Si sono accorti lor signori, ipercritici per partito preso, che rispetto a diciassette anni fa i cacciatori sono più o meno la metà, le specie selvatiche italiane oggetto di caccia (checchè ne dicano certi rapporti messi insieme da sedicenti scienziati, sulla base di documenti datati, incompleti e ideologicamente orientati) godono tutti di ottima salute (anche quelle che proditoriamente la legislazione italiana ha tolto dall'elenco delle cacciabili, mentre la Direttiva Uccelli - vedi anche il documento interpretativo - li consente in molte altre parti d'Europa)? Si sono accorti che anche volendo, la caccia e i cacciatori italiani per niente potrebbero incidere sulla loro consistenza, visto che il territorio della penisola è per almeno un terzo messo a divieto, e soprattutto nelle zone più adatte al passaggio alla sosta e alla riproduzione della fauna selvatica?
Con l'apertura della caccia riaprono le aule parlamentari nostrane e europee. C'è qualche speranza, ci chiediamo, che entro l'anno, al massimo entro la quaresima (evitiamo volutamente il termine carnevale, per non favorire triviali allusioni), buona o cattiva che sia, disprezzata o apprezzata dai tanti appassionati, possa vedere la luce questa sospirata, avversata riforma? A quei segnali di sconforto, pochi e sommessi per ora, quasi scaramantici, che arrivano da qualche parte anche delle nostre schiere, dobbiamo reagire con forza. No signori! Non ci stiamo! Non ci sono più scuse. In campagna elettorale le promesse sono state consumate. Da tutti. Almeno da coloro che oggi siedono in Parlamento. Vogliamo fatti. E li vogliamo il più possibile condivisi. Basta con destra e sinistra. Affrontate concretamente il problema caccia, senza tatticismi. Non c'è bisogno di perdere tempo in attesa di rapporti sull'applicazione diffusa della legge. Lo sappiamo tutti come stanno le cose. Ogni regione ha la sua situazione, frutto di una prorpia realtà sociale culturale e territoriale. E non è questione di destra e sinistra.
Nel Lazio, ad esempio, la caccia è gestita in maniera diversa che in Toscana o in Emilia. In Sicilia la pensano all'opposto che in Trentino. Lasciamo perdere il colore dell'amministrazione. Non è solo sullle date di apertura e di chiusura e sulla qualità e quantità delle specie cacciabili che ci si deve accapigliare. E' il principio che deve essere condiviso. La caccia ha diritto al rispetto. A essere considerata attività svolta da cittadini fino a prova contraria irreprensibili. Che danno il loro contributo personale, anche oneroso economicamente, alla tutela del territorio e alla salvaguardia del patrimonio faunistico. Come nessun'altro, in Italia. Tanta gente che sbraita, non fa altro - spesso - che incassare soldi pubblici e sperperarli in iniziative di scarsa efficacia. Il cacciatore può essere la soluzione per tanti problemi ambientali. In Campania, ad esempio, la parcomania impera, e con essa si arriverà a non più sostenere i costi di una scellerata gestione ambientale, con gravi danni agli agricoltori.
E sarà così anche altrove. Proviamo a prevedere - verrebbe voglia di dire: a "chiedere" - la presenza dei cacciatori anche nei consigli dei parchi. Ipotizziamo in che modo la loro (la nostra) esperienza può essere messa a disposizione della comunità. Gli esempi già non mancano. Togliamo quell'assurdo divieto ideologico dalla 394 (parco=niente caccia), che esiste solo da noi. Non sottilizziamo sulle parole: caccia e prelievo programmato, oggi, nella nostra penisola, sono la stessa cosa. Andiamo avanti. Si conceda fiducia a chi ha dimostrato di essere l'unico soggetto affidabile sul territorio: il cacciatore.
E non strumentalizziamo questi onesti cittadini, stritolandoli nella morza politico-partitica, destra contro sinistra, PDL contro Lega, e via buggerando.
Tornando alla legge, è di questi giorni la notizia che il Senatore Orsi aprirà una nuova fase di concertazione con l'opposizione per "superare" l'enorme ostacolo dei 1500 emendamenti, per cui, forse, altri "punti forti" della riforma potrebbero venir meno, così come successo per i 16 anni. Staremo a vedere se e come ciò avverrà a partire dal prossimo 15 settembre, quando la Commissione Agricoltura del Senato si rioccuperà della faccenda.
Aldilà del polverone mediatico, dei risibili ostruzionismi, delle Martini, Brambilla, Cenni, Mussolini e via sgonnellando, con un minimo di giudizio e buona volontà, non esistono gravi ostacoli a che la plurirevisionata e emendata proposta Orsi possa essere approvata in Senato entro ottobre o novembre e poi discussa alla Camera con l'augurio che venga definitivamente licenziata. Saranno abbastanza saggi e responsabili i nostri rappresentanti, per adoperarsi in questo senso?
Speriamo bene. Ed ora prudenza, la massima prudenza e in bocca al lupo a tutti per la nuova stagione.
M.B.