Il titolo altisonante non inganni: la traduzione latina è maccheronica e approssimativa – lontani sono ormai i ricordi del liceo – ma l'intento è quello di effettuare qualche riflessione su di un soggetto della contemporanea società occidentale che va particolarmente diffondendosi e cui l'Italia non si sottrae, ossia l'animalista.
Il termine ha una connotazione ben diversa da altri che solo in minima parte gli sono accostabili, come ad esempio ambientalista ed ecologista: infatti, mentre questi ultimi hanno accezione molto più ampia, significando una concentrazione dell'attenzione e della passione personale per l'ambiente e l'ecologia in generale, essere animalisti significa concentrare ogni proprio interesse e volontà sugli animali non umani, indipendentemente dalla salute degli habitat ove tali animali e noi viviamo.
Prima di ogni altra cosa viene il singolo animale quale soggetto vivente: spessissimo esso viene anteposto anche alle persone, per le quali anzi il “perfetto animalista” prova fastidio, disprezzo, se non addirittura insofferenza e odio. Fanno eccezione, ovviamente, solo coloro i quali abbiano la medesima forma mentis, condividendo tale visione della vita e l'obiettivo di liberare gli animali non umani dalla condizione di schiavitù in cui sarebbero relegati.
Naturalmente, non tutti gli animalisti possono ritenersi perfetti e quindi, tra di essi, distinguiamo coloro che vogliono far credere di esserlo solo per ragioni di opportunismo e che si rinvengono soprattutto nei mondi della politica, dello spettacolo e della cultura in genere; poi, vi sono quelle persone che non trovano affetti nel consorzio dei propri simili e che quindi si rifugiano nell'amore incondizionato per gli altri viventi, rimanendo tuttavia alieni dai peggiori e più violenti sentimenti; infine, notiamo esservi pure determinati soggetti che si spacciano per animalisti più o meno organizzati soltanto per spillare contributi dalla pubblica amministrazione, sensibile al tema perché guidata dalla politica la quale – dicevamo – si rende disponibile per rastrellare consenso, perciò voti.
Senza dubbio non sono però queste le figure che vogliamo commentare, stimandole “minori”... ci interessa molto di più il presunto perfetto animalista, perché da costui emanano quelle caratteristiche che richiamano per stretta analogia sinistri esponenti del genere Homo. Uno di quelli che ci vengono in mente è quel piccolo, grigio caporale austriaco che riuscì a diventare padrone della Germania e a precipitare il mondo in uno dei più terribili inferni che la storia ricordi. Anch'egli amava allo strenuo i suoi cani, almeno tanto quanto non sopportava la caccia (al punto che pochissimi gerarchi del partito la praticarono, forse anche per non dispiacere al loro capo...).
Ci vengono pure in mente, in maniera più generica, i razzisti, cioè coloro che, fra l'altro, amano discriminare le minoranze (che siano tali per fede, colore della pelle, preferenza politica, ceto o abitudini poco importa) e i cosiddetti “diversi”: e che i tanto odiati cacciatori siano una minoranza nel panorama di 60 milioni di abitanti dell'Italia è fuor di dubbio, come è incontestabile che vivano in una cultura oggi divenuta estranea alla maggioranza della popolazione in quanto inurbata. Infine – non ce ne vogliano illustri storici del Medioevo come Barbero – gli animalisti “genuini” sono pervasi da un furore che ci ricorda quello dei Crociati che portarono guerra in Terrasanta.
Ciò, sia detto nell'accezione popolare di “crociato” come da tempo in uso, ossia come sinonimo di fanatico religioso i cui unici sbocchi sono la violenza e l'odio contro un “altro” che non vive lo stesso credo. Ecco il brevissimo ritratto della situazione per come la vediamo noi ed ecco spiegato perché, sempre secondo noi, gli animalisti avrebbero ben poco, anzi nulla, di cui andare fieri... Qualcuno glielo vorrebbe spiegare?
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