Un'altra apertura, un'altra stagione di caccia. Ce l'aspettiamo ricca di carnieri, di gioie, di momenti irripetibili a tu per tu con la magia di una passione che riserva sempre nuove emozioni. Difficili da immaginare per chi non è come noi profondamente uomo, profondamente natura.
Siamo pronti. Ci siamo preparati per tutto questo tempo di inerzia operosa. Prove di cani, mattinate di addestramento, sulle quagliette e sui fagiani, qualche puntatina al tiro, un salto dal veterinario, le fiere, tante, ovunque, le cene propiziatorie, le sagre, il volontariato nei boschi per sorvegliare e prevenire gli incendi (ricordiamo che appena apre la caccia gli incendi si riducono drasticamente, perè il nostro presidio è di per se stesso un deterrente), la preparazione dei terreni, le semine, il ripristino dei sentieri, le gare canore dei nostri canterini, i censimenti, il controllo delle specie opportuniste, l'aiuto agli agricoltori per riportare un equilibrio possibile, necessario a salvaguardare i raccolti, i corsi di aggiornamento, quelli per la sicurezza (che non è mai troppa: statisticamente, la nostra attività è fra le più sicure, in assoluto, ma ciò non ci deve distogliere da obiettivi sempre più ambiziosi), le scuole di caccia, i brevetti per le cacce speciali, i prelievi programmati, le conferenze, i dibattiti, i sempre più frequenti educational anche nelle scuole. Per dimostrare finalmente quello che siamo, non quello che certi nostri avversari vorrebbero che fossimo.
Ora, ci vogliamo concentrare sul presente. Preparare gli attrezzi, tirar fuori dall'armadio, rinnovare se necessario il vestito della festa, la nostra festa, sistemare i calzari, preparare le cartucce, misurarsi con lo schioppo. A proposito: avete visto che per la prima volta nella storia, la moda è entrata nei santuari della cultura? L'hanno fatto due griffe italiane, al Louvre è stata presentata la nuova collezione dei Ferragamo (una dinastia di cacciatori appassionati: vedi http://www.bighunter.it/Caccia/ArchivioNews/tabid/204/newsid730/9338/Default.aspx), agli Uffizi quella di Stefano Ricci (anche lui e i suoi due giovani figli, cacciatori convinti), che ha proposto in passerella sei cacciatori masai e una selezione di sahariane degne del più aristocratico dei safaristi. Sarà un caso? Probabilmente no. Sensibilità, sintesi fra cultura moderna e tradizione, amore per il bello, voglia di innovare, visione di prospettiva, coraggio, non sono doti effimere, non s'inventano dall'oggi al domani. In ogni caso, sono scelte epocali che meritano molta attenzione.
Ma in un momento così importante, così solenne, come quello della nuova stagione che già pregustiamo, un pensiero ancora di riguardo non sarebbe male riservarlo alle nostre odierne condizioni. E la parola rinnovare – che riempe le prime pagine di tutti i mezzi d'informazione del paese - rimbomba anche nelle nostre orecchie, ormai fruste, vittime per decenni della sindrome del cacciatore. (Mai sordità fu così cara).
Sì, rinnovare. Ne abbiamo bisogno. Non solo gli uomini – nuovi, giovani - ma anche le idee, le filosofie.
L'associazione UNICA (così tempo fa era stata battezzata l'araba fenice associativa che stenta a rinascere dalle ceneri dell'Unavi). Ormai sono i cacciatori che la chiedono, la reclamano, a gran voce. Ulteriori indugi ricadranno come una fatwa sulla testa di quei dirigenti che si ostineranno a porre vincoli, distinguo; scuse, in buona sostanza, per continuare a coltivare un orticello sempre più misero. Per non parlare di chi si prova a creare ancora divisioni, spaccature, ideologiche e politiche, in un mondo in cui anche i partiti più strutturati diventano, ahinoi, improvvisamente...liquidi. Anche qui, nella nostra caccia, i giovani saranno quelli che faranno la differenza. Con coraggio e umiltà. Pronti a rischiare, ma disponibili ad ascoltare. Per arricchirsi delle infinite esperienze e competenze di chi ha consumato decine di paia di stivali e scarponi, dietro a starne lepri e beccacce, forcelli e camosci, beccaccini e gallinelle. Ha atteso impaziente il cinghiale alla posta, i colombi sul palco, i tordi al capanno.