DOVE VA LA CACCIA. INCHIESTA DI BIGHUNTER.IT
Marco Ciarafoni, classe 1960, per diversi anni impegnato nell'associazionismo venatorio fino a ricoprire l'incarico di segretario generale dell'Unavi, da un po' di tempo s'è indirizzato verso altri impegni, un po' più politici, visto che questa, la politica, insieme alla caccia, è stata da sempre la sua vera passione.
A caccia va ancora, quando sfugge ai tentacoli della capitale e si rifugia fra le selve dell'Amiata, insieme ai suoi bracchi e spinoni (italiani). Caccia nell'ATC Grosseto Sud, predilige la beccaccia, ma non disdegna neanche qualche uscita alla migratoria minuta da appostamento temporaneo.Preferenze conservate fin dalla prima licenza di caccia, dato che considera molto vincolante il rapporto con il cane e le emozioni che riesce a trasmettere durante l'azione di caccia.
Ma nel frattempo, a suo avviso, è cambiato moltissimo il rapporto fra cacciatori e territorio. "Il buon lavoro - dice - che svolgono i cacciatori nella gestione del territorio in una parte (ancora non maggioritaria) delle nostre campagne non è valorizzato come dovrebbe, anche per difetto dello stesso associazionismo venatorio che concentra i suoi sforzi su aspetti tecnici ed autoreferenziali piuttosto che sviluppare una grande azione culturale e sociale per affermare il ruolo strategico della caccia nella conservazione dell'ambiente e della fauna. Dall'altra parte è cresciuta nella società una diffusa sensibilità ambientalista (di per sé un fatto positivo) che è stata lasciata all'egemonia di culture fondamentaliste e di parte. Al Paese - afferam convinto - serve invece equilibrio e concretezza e probabilmente anche istituzioni che sappiano governare nell'interesse collettivo, lontano da massimalismi e nostalgie".
E prosegue: "L'ambiente naturale che frequento ordinariamente è mutato decisamente. Sono aumentati gli incolti e l'insediamento di manufatti. Il tema del consumo del suolo è la grande questione che dovrebbe essere approntata anche con norme rigorose e che aiutino a tutelare quel grande patrimonio di biodiversità di cui è ricco il Paese. Emerge anche una diversificazione faunistica che vede gli ungulati in grande espansione".
Ma, allora, la caccia dove sta andando la caccia, si sta ancora trasformando? "La caccia viaggia nell'incertezza - risponde - . Non c'è una visione e manca il giusto coraggio da parte di chi dovrebbe avere la responsabilità di averlo. La riduzione del numero dei cacciatori ha reso ancor più corporative le associazioni dei cacciatori. Si preferisce difendere l'orticello (che può essere anche comprensibile), piuttosto che disegnare una nuova strategia che punti a qualificare la caccia, lontano da derive consumiste od anche populiste. La caccia moderna deve mantenere inalterata la passione individuale e l'ancoraggio alle sue radici storiche e culturali, ma occorre darle un profilo che riesca ad entrare in sintonia con la società. Per farlo serve consapevolezza della funzione gestionale e produttiva".
E quindi? "Quindi, possiamo avere delle prospettive se il mondo venatorio cambia passo. La premessa è nella ricerca fattiva di una più stretta ed organica unità tra le diverse organizzazioni. Ipocrisie e tatticismi non servono più. Serve definire il progetto e costruire la casa comune dei cacciatori italiani. Non si tratta di annullare le storie e le sensibilità ma di metterle a disposizione del progetto da realizzare. È un processo che va alimentato e non osteggiato. Oggi troppe casacche e troppe stanze chiuse. Aprire le finestre e far entrare aria nuova investendo sui tanti giovani che nonostante tutto hanno fatto la scelta venatoria. Questi giovani sono colti, professionali e sanno comunicare in maniera diversa. Non si tratta di rottamare nessuno ma di accompagnare il passaggio. Mi pare che l'esperienza della CCT in Toscana vada incontro a queste esigenze. Semmai mi meraviglio delle polemiche che si sono innescate. Si è prodotto un casus belli che non ha ragione di esistere".
"Il secondo aspetto - prosegue - è quello di avere rapporti più stabili con gli agricoltori e gli altri fruitori del territorio. Troppe volte questa necessità è stata evocata e alla fine mai realizzata. Per le imprese agricole una buona gestione del territorio assume un valore economico. Oggi l'agricoltura ha scelto con forza la strada della qualità e della multifunzionalità. Queste caratteristiche sono assolutamente compatibili con l'idea di una caccia popolare e sostenibile nel prelievo. Il compito di realizzare questa intesa spetta agli Atc, motore fondamentale di una fattiva gestione del territorio anche con risvolti produttivi. In quella sede si possono anche superare con le organizzazioni ambientaliste (non mosse da ostile pregiudizio) difficoltà di rapporti mettendo in campo comuni obiettivi".
Ma ci sarà qualche problema? "Insieme ai difetti organizzativi e all'assenza di visione, mancano l'innovazione e la forza di assumere la ricerca scientifica quale riferimento costante. Con qualche punto di forza, anche. Quelli di sempre e che il maestro Mario Rigoni Stern ha saputo racchiudere in una sublime rappresentazione. La caccia è libertà, sole, spazi, tempeste. Chi la vive lo sa bene. Il rammarico è non averlo saputo raccontare a coloro che cacciatori non sono".
"Oggi - conclude - dopo tanti anni di impegno nell'associazionismo venatorio, posso definirmi un libero pensatore che cerca di guardare alle questioni venatorie con maggiore capacità critica rispetto a ieri. Il distacco aiuta pure ad essere meno coinvolti idealmente. Se c'è una cosa che ancora vorrei fare è dare una mano, in autonomia e senza legami dirigenziali, a chi ancora crede che la caccia non è destinata a navigare solo verso l'oblio. Ci sono donne e uomini che stanno tentando di fare questo e, con la giusta discrezione, non posso che essere dalla loro parte. Anche se per questo ho dovuto fare delle scelte dolorose che però ho ritenuto necessarie e non rinviabili".
Accedi su WeHunter per parlare della tua caccia preferita