Dal Laboratorio, all'INFS, all'ISPRA
Le origini
Le origini dell'INFS, oggi ISPRA, risalgono al 1933 quando una convenzione, tra il Ministero dell'agricoltura e delle foreste e la Regia Università di Bologna, diede vita ad un distaccato settore dell'Istituto di Zoologia in attuazione di una norma prevista dal Testo unico per la fauna e la caccia del 1931.
Approvato un nuovo Testo Unico nel 1939, la struttura bolognese prende il nome di Laboratorio di Zoologia applicata alla Caccia, quale organo di consulenza scientifica e tecnica del Ministero dell'agricoltura e foreste, sempre guidato dal suo fondatore Alessandro Ghigi, grande ricercatore e scienziato in zoologia, sino all'anno 1959. Il Laboratorio, con legge del 1967, fu costituito in persona giuridica pubblica e sottoposto alla vigilanza del Ministero. Negli anni successivi con il riordinamento degli enti pubblici e la nuova legge sulla fauna e caccia, la n. 968/1977, cambiò la denominazione in Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina e nel 1978 si trasferì in una vasta tenuta agricola in comune di Ozzano dell'Emilia, precedentemente acquistata sotto la direzione del prof. Augusto Toschi, ove opera tuttora.
Con l'avvento della legge 157/92 assume la denominazione di Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica-INFS e la vigilanza passa dal Ministero dell’agricoltura alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ma, soprattutto, vengono meglio definiti il ruolo e i compiti dell'istituto che opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province e la pianta organica passa da 44 a 123 persone con tre primi ricercatori nelle persone di Ettore Randi, Ferdinando Spina e Silvano Toso che poi ne diverrà il direttore. Nel 1995 risultano in servizio 34 dipendenti poi divenuti 45 con 11 assunzioni sempre insufficienti a dar vita alle cinque sezioni decentrate previste dalla legge, ma in compenso poi alcune regioni istituiscono autonomamente gli Osservatori faunistici regionali.
Dopo il Ministro "verde" dell'ambiente Ronchi dal 1996 al 2000, anni passati come sempre nella scarsità dei finanziamenti e nelle solite diatribe tra gli opposti estremismi dei cacciatori e degli animalisti, transitano altri due ministri Bordon del centro-sinistra e Matteoli del centro destra, per arrivare nel 2006 a Pecorario Scanio: ecco subito il colpo di mano dell'estremismo ambientalista; infatti, nella legge finanziaria per il 2007, la 296/2006 viene inserito un comma, il 471, che recita " All'articolo 7, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le parole: "e' sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri" sono sostituite dalle seguenti: "e' sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare".
Il Ministro visita l’INFS e promette la ripresa dei necessari finanziamenti, ma la promessa non è mantenuta e la ridotta funzionalità del Consiglio d'amministrazione, per la mancata sostituzione dei componenti dimissionari, unitamente alla drammatica situazione finanziaria portano il direttore Toso all'unica scelta possibile: le clamorose dimissioni date nell'ottobre del 2007.
Cambia il governo e all'inizio di maggio subentra nel ministero la Prestigiacomo del centro-destra e arriva il D.L. 5 giugno 2008, poi convertito in legge: stabilisce la nascita dell'ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ove confluiranno, a seguito del D.M. n. 123/2010, l'APAT-Agenzia per la protezione dell’Ambiente, l'INFS-Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e l'ICRAM-Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare.
Da chi è governato il nuovo Ente?
-Da un Consiglio d’amministrazione formato dal Presidente e da quattro consiglieri tutti di nomina ministeriale,
-coadiuvato da un Consiglio scientifico presieduto dal Presidente dell’Ente e composto da sei componenti sempre di nomina ministeriale escluso il sesto eletto dai dipendenti.
Come è organizzato?
Lo Statuto, approvato dal Ministero dell’ambiente con decreto del 27 novembre 2013, prevede le strutture organizzative di primo livello:
-Direttore generale, di nomina del CdA
-Dipartimento per la valutazione, i controlli e la sostenibilità ambientale
-Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia
-Dipartimento per il monitoraggio e la tutele dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità.
-Dipartimento del personale e degli affari generali
-Centro Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione
demandando al Consiglio d’amministrazione la definizione delle strutture di secondo livello. Nel dicembre del 2015 il Consiglio, con delibera n.37/CA, approva la definitiva organizzazione dell’Ente completandola con le strutture di secondo livello.
Il settore CRA 16 (ex INFS sotto la responsabilità di Ettore Randi con Toso che rimase sino al pensionamento e Piero Genovesi responsabile del settore Servizio consulenza) viene inserito nel Dipartimento per il monitoraggio e la tutele dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità costituito da un Servizio per la sostenibilità della pianificazione territoriale, per le aree protette e la tutela del paesaggio, della natura e dei servizi eco sistemici terrestri e da 11 Aree specifiche, delle quali solo le ultime quattro possono riferirsi all’attività dell’ex INFS e sono:
i. Area per i pareri tecnici e per le strategie di conservazione e gestione del patrimonio faunistico nazionale e per la mitigazione di danni ed impatti.
j. Area per la genetica della conservazione.
k. Area per l’epidemiologia, l’ecologia e la gestione della fauna stanziale e degli habitat
l. Area per l’avifauna migratrice
annacquando i precisi obblighi derivanti dal comma 3 dall’art. 7 della legge 157/92. Ma come è possibile che un Decreto ministeriale ed una delibera del Consiglio d’amministrazione ignorino le disposizioni di una legge tuttora in vigore?
Il personale
Prevista una pianta organica di 1.483 persone, mai completata. Nel 2016 risultano in forza, a tempo indeterminato, 13 dirigenti e 1.134 impiegati, oltre a 120 ricercatori a tempo determinato, così per un totale di 1.267 dipendenti, sempre sotto l’organico previsto.
Dirigenti delle strutture di primo livello in via di selezione e responsabili dei servizi e delle varie aree ancora da nominare.
Ma quali sono i compiti, diretti e indiretti, che l'istituto dovrebbe assolvere?
Non pochi che derivano da leggi nazionali e direttive europee:
-la legge 157/92, che al comma 3 dell'articolo 7 recita:
"3. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostitutivo o migliorativo sia delle comunità animali sia degli ambienti al fine della riqualificazione faunistica del territorio nazionale,..."
-la Direttiva 92/43/CEE, detta Habitat, che al comma 4 dell'articolo 12 recita:
"4. Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell'allegato IV, lettera a). In base alle informazioni raccolte, ........."
-la Direttiva 2009/147/CE, detta Uccelli, già 79/409/CEE, che al comma 4 dell'articolo 14 recita:
"4. Gli Stati membri si accertano che l’attività venatoria, compresa eventualmente la caccia col falco, quale risulta dall’applicazione delle disposizioni nazionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda la popolazione delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall’articolo 2." (Per noi rendiconto catture con la lettura dei tesserini)
-il Regolamento UE n. 1143/2014, relativo alle specie esotiche invasive, che al comma 1 dell'articolo 14 recita:
"1. Entro 18 mesi dall'adozione dell'elenco dell'Unione, gli Stati membri istituiscono un sistema di sorveglianza delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, o lo integrano nel loro sistema esistente, che raccoglie e registra i dati....."
Ora anche se alcune Regioni, nella completa carenza della vetusta legge 157/92, hanno regolamentato il monitoraggio delle presenze e delle catture di fauna selvatica, l’ISPRA con l'attuale organico (sempre inferiore a quello di legge, comunque insufficiente per dar vita alle previste sedi decentrare e senza una rete di collaboratori-informatori che copra l'intero territorio nazionale) come può assolvere i compiti elencati? In nessun modo!
Persino la famosa Banca Dati Ungulati, edita per la prima volta nell'anno 2001 e poi aggiornata solo otto anni dopo nel 2009, è sempre in attesa della terza edizione e sono trascorsi altri sette anni, mentre i dati degli Stati dell’arco alpino, Germania compresa, sono sempre resi noti l’anno successivo!
In compenso utilizza moltissimo tempo, delle pochissime risorse umane disponibili, per definire in modo minuziosamente dettagliato (i censimenti sono il maggior esempio) le Linee guida per la gestione degli ungulati, rendendo sempre più difficile esercitare l’affermata, irrinunciabile e conservativa caccia di selezione, provocando poi l’adozione, da parte della regione Toscana ma non solo, di un controllo-caccia quasi indiscriminato necessario per la tutela dell’agricoltura di pregio. Bel risultato!
Come uscire da questa situazione?
A mia modesta opinione ci sono due semplici modi:
il primo è quello di istituire, integrando il comma 1 dell’articolo 7 della legge 157 e conseguentemente lo statuto dell’ISPRA, uno specifico e potenziato Dipartimento fauna selvatica vertebrata, escluso i pesci inseriti in altra Area, finanziandolo adeguatamente anche con una modesta parte delle tasse, regionali e statali, versate dai cacciatori;
il secondo è quello di aggiungere un preciso articolo alla legge 157/92, per rendere obbligatoria la raccolta dei data statistici:
“Art. 7 bis Dati statistici
1. Le Regioni e le Province autonome, entro 360 giorni dall’entrata in vigore della presente legge anche in attuazione dell’articolo 7 del D.P.R. 8 settembre n.357 e successive modificazioni, degli obblighi derivanti dal regolamento UE n.1143/2014, conformemente alle modalità omogenee di rilevazione e di censimento formulate dall'ISPRA e ratificate dalla Conferenza Stato-Regioni, individueranno le specie da monitorare ed emaneranno regolamenti per la raccolta dei dati statistici relativi al:
a) monitoraggio con censimenti e stime;
b) prelievi con catture vive ed abbattimenti, questi ultimi suddivisi tra prelievo venatorio e controllo, ed alle morti accidentali;
2. Le Regioni e le Province autonome, entro 360 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, emaneranno il regolamento per la raccolta dei dati statistici relativi ai danni provocati dalla fauna selvatica:
a) alle produzioni agricole e zootecniche, suddivisi per specie faunistiche e per tipologia di danno.
b) ai danni per incidenti stradali ai veicoli circolanti e comunque alle persone.
3. I dati statistici, che devono riguardare l’intero territorio definito TASP, a norma della legge 157/92, e Aree protette, a norma della legge 394/91, sono raccolti dalle Regioni che li comunicano all’ISPRA, entro il mese di luglio di ciascun anno, per la redazione della Statistica nazionale che trasmessa al MiPAAF e al MATTM deve essere resa pubblica.
4. Per le specie alloctone ed in particolare quelle invasive il monitoraggio deve comprendere anche il territori classificati Centri abitati, cosi come definiti dall’articolo 18 della legge n.865/197.
5. Per gli adempimenti previsti dal presente articolo le Regioni entro 360 giorni dall’entrata in vigore della presente legge istituiscono gli Osservatori faunistici regionali anche quali organi di collegamento e supporto al Dipartimento fauna selvatica dell’ISPRA".
6. Il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 7 della legge n,157/1992 è abrogato.”
Vi pare così difficile? Certo che no, ma in un paese dove a distanza di 24 anni dall’approvazione della ormai vetusta legge 157, incredibilmente in parte ancora disattesa e particolarmente proprio per l’articolo 7 che istituisce l’INFS e ne determina competenze e organizzazione, potrebbe esserlo, ma la “neutralità” della proposta, gli obblighi europei e l’interesse per la conservazione, l’incremento e la salvaguardia della biodiversità dovrebbero consentire al Parlamento di superare le solite estreme contrapposizioni anche nell’interesse del mondo agricolo sottoposto, in molte aree di coltivazioni pregiate ma non solo, ad una “pressione” da tempo insostenibile.
Un’ultima considerazione che sorge spontanea: possibile che il Consiglio dell’Ente sia formato di soli nominati dal Ministro senza una minima rappresentanza dei diversi portatori d’interesse nelle politiche dell’Ente, presenti nella società civile?
Lucio Parodi
Allegati per approfondire: