Verrebbe da dire che come al solito la montagna del Governo, sotto l'ispirazione del trio Costa-Mamomone Capria-Pecoraro Scanio, ha partorito il banale e allampanato topolino. Il tanto sospirato Green New Deal varato tempo fa col Documento programmatico di bilancio, tradotto poi nella Legge di Bilancio al vaglio adesso del Parlameno (impallinata da 4550 emendamenti, oggi ridotti a 700), infatti, sta scontentando tutti, anche le cancellerie verdi. La 'plastic tax' non convince nessuno, tanto che si è sgonfiata, gli aggravi su carbone, petrolio e altre fonti fossili utilizzate per la produzione di energia vanno a gravare su un comparto che già soffre da circa un secolo di mal d'accise, per cui restano i benefici sul gasolio per l'autotrasporto, mentre per la sostenibilità sono stati stanziati poche centinaia di milioni.
«Le misure ad oggi ipotizzate nella Legge di Bilancio non sono in alcun modo sufficienti a generare una spinta decisa verso quel ‘Green New Deal’ nelle intenzioni del Governo - aveva tuonato a suo tempo Chicco Testa, storico fondatore di Lega Ambiente - sono solo una sommatoria di piccole misure completamente marginali. Anche l’uso della leva fiscale appare più indirizzato alla ricerca di nuove entrate che a criteri di effettiva efficacia. Nessuna misura è, inoltre, prevista per l’obiettivo di un netto miglioramento degli indici di performance dell’economia circolare, che rappresentano invece uno dei punti qualificanti degli indirizzi europei».
Insomma, più tasse sulle minuzie, ma di ambiente "ripulito" solo un'ombra. E per la tassa sulla plastica, secondo la Fise Ambiente, non è questa la soluzione, ma il perseverare sul consolidamento dell'economia circolare, dove l'Italia - secondo un documento prodotto da Symbola (Ermete Realacci, altro mammasantissima di Lega Ambiente) e Coldiretti - è prima in Europa. Anche se, come denunciano autorevoli personaggi del settore, se si va di questo passo, nel 2050 nei nostri mari ci sarà più plastica che pesci.
Poi i soliti ambientalisti salottieri de noantri cadono dal pero nell'accorgersi che i verdi spopolano in tutta Europa mentre da noi girano da sempre intorno allo zerovirgola. Per forza!, viene da dire. Cosa si devono aspettare se mentre continuano a tartassare i cacciatori, con la complicità dei 5Stelle bloccano qualsiasi iniziativa in parlamento per contrastare l'incontrollato avanzare delle specie opportuniste (ungulati, ma non solo) pur di non riconoscere che la caccia può offrire una collaborazione indispensabile? E quali risultati ci dobbiamo aspettare quando le scarse forze dell'ordine (ex forestali) invece di perseguire i veri inquinatori danno retta a quell'incongruo personaggio che si sbraccia su "Striscia la notizia", mentre si continua a far finta che sia "naturale" la scomparsa dalle tasche del contribuente di centinaia di milioni di Euro per sanzioni comminate dalla amata/odiata Europa, a fronte di gravi reati ambientali?
Insomma, nella situazione corrente, molti osservatori condividono l'idea che anche questo Green New Deal sia poco più che una barzelletta. E le ilari performance del nostro ineffabile ministro, che insiste a frequentare quel tritacarne di "Un giorno da pecora" (Radio1), non aiutano di certo, anche se ogni tanto sventola fogli di carta per dimostrare che ha a cuore l'ambiente.
Tutto questo, a ulteriore disdoro delle nostre politiche ambientali, sottacendo le drammatiche vicende di queste settimane, da Venezia a Matera alla disastrata Liguria,, che non lasciano indenni nemmeno l'Emilia, la Toscana, il Lazio, la Campania, ci porta a concludere col ricordare ai nostri governanti la quotidiana e annosa tragica situazione ambientale che continua a mietere vittime su vittime. Secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente, in Italia muoiono prematuramente più di ottantamila persone all'anno per esposizione a particolato sottile (60mila per PM2, 21mila per NO2, 3mila per Ozono). Ci sarà qualcuno che, superando certi filtri animalisti (la funzione del passacarte in questi casi è determinante), l'ha fatto sapere al ministro dell'ambiente?
Fortunatamente, dulcis in fundo, senza tralasciare le miserie di quest'operetta da due soldi, vien da gioire anche quest'anno per l'abbondante presenza di tordi nei nostri oliveti e di beccacce al bosco e nei diffusi anfratti della nostra macchia mediterranea. A conferma che la caccia niente influisce sulla presenza dei contingenti migratori, se si evidenzia come su tale prelibata delizia ci sia stata particolare attenzione fin dai tempi di Marziale (inter aves turdus), e ancor'oggi l'insuperabile Artusi continua a ricordare quanto la selvaggina - e soprattutto i tordi - sia importante per la tavola, visto che nel suo supermanuale "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" la pone al primo posto assoluto per "forza di nutrizione" e bontà per il palato.
Viva il tordo e la beccaccia, quindi. Senza dimenticare il colombaccio, sempre più abbondante anche lui, e abbasso le mistificazioni dei nostri animalisti da salotto.
Federico Romita