Ne scorrerà dell'acqua sotto i ponti, o ne passeranno di nuvole nel cielo della politica italiana prima che i nostri concittadini possano vedere applicabile il tanto sbandierato referendum confermativo che in questi giorni fa sussultare stizzosamente più di un costituzionalista. Ma tant'è. Nella sciagurata congiuntura in cui sta annaspando il nostro paese, dove uno vale uno e di conseguenza un assistente socio-sanitario conta quanto il responsabile dell'Istituto Superiore di Sanità, a questo ci dovremo abituare, a meno che non cambi vento, o corso dei fiumi. Insomma, che la politica e la società civile possano rientrare in un alveo più ordinato, che dia valore alla qualità delle persone e ristabilisca delle priorità più consone ai bisogni della gente.
E mentre ci perdiamo in tante discussioni su argomenti che anche noi, da decenni ormai, abbiamo ben presenti, cioè il diritto delle minoranze, i pericoli della democrazia diretta, tanto bella in teoria quanto pericolosa in pratica, soprattutto al tempo dei social, proviamo a trovare un briciolo di tempo per riflettere su un argomento più vicino a noi nel tempo e più concreto.
Facciamo decidere la gente, si dice, rafforziamo l'autodeterminazione.. Bene. Quale soluzione migliore per renderla più consapevole e responsabile, la gente, direttamente sui territori, dove vive, se non grazie a quella bozza di normativa, già depositata in Parlamento, la cosiddetta Legge sulle autonomie, che sta passando quasi sotto silenzio, ma che prevede il decentramento dei poteri alle regioni?
L'hanno richiesta con determinazione, l'autonomia, ben tre regioni - Lombardia, Veneto, Emilia Romagna - alle quali se ne stanno affiancando almeno altre quattro o cinque, ma che se ben analizzata potrebbe essere la chiave di volta dell'intero sistema economico e sociale italiano e la soluzione di molte delle sue storture.
Così come è stata impostata, non ha bisogno nemmeno di modifiche costituzionali, prospettando quindi un iter di approvazione sicuramente più snello di quello sui referendum tanto cari ai cinquestelle.
Cosa prevede?
Vediamone in sintesi gli aspetti salienti, molto semplici, da cui si potrebbero trarre spunti interessanti anche per la caccia. Ne fa fede la premessa sottoscritta a suo tempo fra il Governatore del Veneto Zaia e la Ministra per le Regioni, Erika Stefani, dove si ricorda che l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione stabilisce che “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. A cui si potrebbe - e a nostro avviso si dovrebbe - collegare quanto precisato dalla Ministra Stefani, quando al proprosito ha sostenuto che «le materie ora concorrenti verranno considerate di competenza esclusiva della singola regione», e a queste andranno collegate anche altre materie che ora sono in capo allo Stato ma che potrebbero passare definitivamente sotto il controllo dei singoli consigli regionali."
Dunque, l'art. 1 di questo ddl, oggetto verso la prossima metà febbraio di un vertice tra il presidente Conte e i governatorii delle tre regioni, recita così:
Ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, alla Regione del.... sono riconosciute, sulla base dell’Intesa tra lo Stato e la Regione medesima, sottoscritta il ................ tra il Governo e la Regione del...., e secondo le modalità stabilite dalla presente legge, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nelle seguenti materie:
1) norme generali sull'istruzione; 2) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali; 3) organizzazione della giustizia di pace; 4) tutela della salute; 5) istruzione; 6) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; 7) governo del territorio; 8) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; 9) rapporti internazionali e con l’Unione Europea della Regione; 10) protezione civile; 11) coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; 12) commercio con l’estero; 13) tutela e sicurezza del lavoro; 14) professioni; 15) alimentazione; 16) ordinamento sportivo; 17) porti e aeroporti civili; 18) grandi reti di trasporto e di navigazione; 19) casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; 20) enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; 21) ordinamento della comunicazione; 22) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; 23) previdenza complementare e integrativa.
Dove, volendo, alle voci evidenziate in neretto, anche un cieco potrebbe intravedere aspetti e problematiche che in questi ultimi venti trent'anni hanno procurato non pochi crucci ai cacciatori e non solo a loro.
Chissà se i nostri cosiddetti stakeholders (associazioni, categorie produttive), eminenti giuristi, illuminati "rappresentanti del popolo" intenderanno applicarsi per far emergere elementi sufficienti a ridare corpo a un mondo, fino ad oggi affidato all'anonimato centrale, rimasto in balia di esagitati salottieri che hanno inteso la natura come qualcosa di imbalsamato, pseudobucolico e affaristico ma a loro avviso ..."politicamente corretto".
Una provocazione, con l'aria che tira?
Può darsi. Di sicuro ci vorrà fermezza. E determinazione. E un po' di follia. Ce ne sarà?
Francesco Tommasi