L'intervento è andato bene, ma il paziente è morto. Questa è la grottesca dichiarazione presa a modello per confermare che chi ha il bisturi in mano pretende di avere sempre ragione.
Fa pensare a certi nostri governanti che si sono autoassegnati incarichi cruciali per il benessere del nostro patrimonio faunistico e ambientale, supportati da organismi che pretendono la patente di istituzioni scientifiche, ma che spesso smarronano più di Merigo, quell'improbabile ciclomunito falso-sobrio che ha fatto la fortuna di Giorgio Panariello.
Provo a spiegare.
E' dimostrato, carte alla mano, pressochè vangelo per certi "scienziati" che continuano imperterriti a mettere i bastoni fra le ruote ai cacciatori per partito preso, che alcune specie per le quali si teme la diminuzione grave o addirittura la scomparsa, dipendono da una serie di fattori che anche eliminando la caccia continuerebbero ad agire negativamente sulle suddette specie senza il benchè minimo sollievo. E questo è un dato di fatto. Tanto verificabile da parte anche di quei Merigo che albergano in quelle associazioni ambientaliste, animaliste o anticaccia italiane, spesso chiamate a furor di popolo a gestire progetti "scientifici", ufficiali, ministeriali. Li vogliamo enumerare, questi fattori?Presto fatto!
Si chiamano inquinamento dell'aria, delle acque, delle terre. Perdita di suoli, infrastrutture, urbanizzazione selvaggia. Veleni nella falda, pesticidi, eccetera eccetera eccetera.
Altra verità scientifica, tanto lapalissiana che messier de la Palisse si potrebbe stupire per non averci pensato lui medesimo: in Italia, anche a causa di una legislazione vecchia, occhiuta quanto distorta, ormai la caccia la si può praticare si e no al massimo su poco più del 50-60% del territorio utile. Con la postilla che, oggi, a distanza di 25 anni da quella legge da taluni e a ragione considerata punitiva, i cacciatori si sono ridotti di oltre la metà abbondante. Che significa - e lo vediamo calcando prati, boschi e paludi - che la selvaggina subisce minori attenzioni nelle aree cacciabili, e ha modo di salvaguardare se stessa dall'attività di caccia aqquartierandosi nell'abbondante zona franca.
Detto tutto questo, signori scienziati e signori ambientalisti, signori della politica ambientale, perbenisti da salotto e comunicatori del politically correct a un tanto al chilo, non vi vergognate a scassare le scatole ai cacciatori? Non vi sorge il dubbio di fare gli interessi di qualcun altro, continuando a tartassare la caccia?
Quando vi convincerete che in tutti questi anni avete perso tempo? Che non vi siete occupati e non avete combattuto quelli che sono le vere cause di devastazione dell'ambiente, del patrimonio faunistico italiano e sovranazionale? E che, in turpe compenso, avete fatto in modo di attribuire responsabilità gravi, primarie a un piccolo, insignificante problema, la dove lo fosse, come quello della caccia, di fronte all'enorme sconquasso conseguente a ben altri "affari"?
La riprova? Andatevi a rileggere (sicuramente le conoscete) le "messe in mora" attivate dalla UE nei confronti del nostro paese, in materia ambientale, e fate i conti di quanto pantalone, cacciatori compresi, paga per queste vostre, vostre!, distrazioni.
Eccole: sono 63 le procedure di infrazione a carico dell'Italia.E la grande maggioranza dei casi (56, poco meno del 90%) riguardano violazioni del diritto dell'Unione Europea, 7 invece i casi di mancato recepimento di direttive.
Il settore più interessato, l' ambiente, con 14 infrazioni. Per i rifiuti campani paghiamo 120mila euro al giorno, per le discariche abusive 42 milioni di euro ogni sei mesi, e tra poco per le acque reflue dovremo sborsare altri 350mila euro al giorno, tutti soldi che vanno in fumo. Lo scrive, un'anno fa, Lorenzo Consoli (eunews), che aggiunge: l’Italia ha già pagato rispettivamente 86,12 e 162,4 milioni di euro, comprensivi delle due multe forfettarie di 20 milioni di euro per i rifiuti in Campania e di 40 milioni di euro per le discariche abusive. Complessivamente 248 milioni di euro, sentenzia businessinsider, il 18 agosto 2017. E sono in arrivo sanzioni anche per smog, xylella fastidiosa, radiazioni ionizzanti, combustibile nucleare esaurito, ossidi di azoto, polveri sottili, (ancora eunews). Un grande impegno, per il ministro Costa, e un superlavoro per il suo superstipendiato assistente dai facili numeri, sicuramente indaffarato a smistare le proteste dei tanti concittadini che sicuramente non sono soddisfatti di come vanno le cose. Altro che caccia!
Soluzioni? Anche semplici.
La prima, la più importante, per ristabilire un po' di obiettività, togliere dall'ISPRA (quella vera) per ricondurla al Ministero delle Politiche Agricole quella superfetazione anomala conseguente al lascito ex INFS (Istituto Nazionale Fauna Selvatica), un tempo glorioso Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia, condotto con criterio e competenza dai Chigi, dai Toschi, dai Leporati, dagli Spagnesi, poi caduta nelle mani di un ambientalismo di maniera, che ha cominciato a perseguire utopie da wilderness, ignorando che le nostre contrade erano "paese" prima ancora che nazione, campagne prima che brughiere, boschi e selve prima che foreste. E, ricondotta nell'alveo delle origini, riprendere il solco che per decenni aveva fornito strumenti operativi per un'attività, quella del prelievo venatorio (ma chiamiamolo caccia, senza parafrasi!) ordinato, funzionale, organico e produttivo com'era considerato un tempo. Non c'è bisogno di tanti trattati prodotti da nomi altisonanti. Basta rispolverare e riadattare le monumentali monografie dello Sheibler, peraltro riproposte con soluzioni anche in altri contesti d'oltralpe, fino su in terre britanniche e vichinghe. Sarebbe una vera e propria rivoluzione: fornire pareri tecnici, non politici, alle regioni, agli ATC, su loro richiesta, affrontando problemi veri, e lasciando perdere certe elucubrazioni come quelle che promanano da un mondo che ormai ha preso possesso della stanza dei bottoni, vedi incursioni LIpu e WWF, dedita a imporre una caccia alla tedesca, caricando il tutto di esagerazioni burocratiche, che impediscono anche la più ovvia delle soluzioni. Ad esempio, per ridurre - vogliamo dire alla norcinara?, ben più efficace e produttiva di quella emergenziale - l'enorme impatto degli ungulati, applicare le deroghe, peraltro adottate senza problemi in tutto il resto dell'Europa, comunitaria e non. L'ultima perla, che sta facendo imbestialire anche i nostri appassionati lodolari, è quella che mentre da noi si limita a cinquanta il carniere annuale di allodole, in altri paesi dell'Europa a 27 (oggi ancora a 28, salvo Brexit) questo obiettivo viene raggiunto, da chi può, magari "in deroga", in meno di mezza mattinata di caccia: ripetibile ad libitum (di portafoglio).
E così è!
Vito Rubini