Dove va la caccia? Inchiesta di BigHunter Il parere dei giovani: Marco Fasoli e Andrea Tanzariello
Marco Fasoli si ritiene un cacciatore generalista. Le fa un po' tutte, ma sicuramente, la caccia che pratica di più è quella da appostamento fisso alle anatre, dopo di che esce con il suo springer a risaie e canali cercando beccaccini e rallidi.
"Il rapporto tra la società e i cacciatori - dice - varia molto da regione a regione; in luoghi come il Trentino-AltoAdige la figura del cacciatore è rispettata e anche la selvaggina è onorata e rispettata, dal bosco alla tavola. Meno, in altre regioni. Dipende da come i cacciatori riescono a collegarsi con la società e a valorizzare le proprie tradizioni. Il rapporto con l'ambiente - prosegue - sembra in generale migliorato su alcuni aspetti con il riciclare, la consapevolezza di sprecare meno, le risorse rinnovabili ecc, poi c'è il mondo dell'agricoltura che nelle campagne causa i danni maggiori e in questo campo dobbiamo migliorare molto".
"Il lago di Garda, dove caccio le anatre - afferma - negli ultimi anni è cambiato molto, il canneto sta scomparendo a causa dell'inquinamento e dal cemento che deturpa le rive, il forte turismo che disturba molto la fauna. La campagna invece è ipersfruttata, tutti i contadini ormai fanno due cicli in un anno, per non parlare dei trattamenti con fitofarmaci e altri prodotti chimici".
"Per la caccia - dice - quest'anno a causa dell'aviaria in molti ATC non hanno liberato fagiani e quindi molti cacciatori sono rimasti a casa. Quella alle allodole ormai la fanno in pochi perchè i carnieri sono limitati rispetto all'impegno che serve per allevare i richiami. Poi ci sono le leggi che possono influenzare le scelte dei cacciatori, come quando hanno chiuso i roccoli o con la storia delle deroghe ai piccoli uccelli, che consentirebbero a molti di tornare a cacciare. Esistono anche le mode, come la caccia al germano: con l'uso di richiami mobili (mojo) e dei richiami a bocca, che l'hanno facilitata."
"Prevedere il futuro è difficile - conclude - dipenderà molto dalle scelte politiche. Io credo che ci sono due aspetti su cui puntare se vogliamo ottenere dei risultati: primo dal punto di vista legislativo dobbiamo puntare sull'Europa perchè è là che si decide, bypassando anche i nostri governi. Secondo valorizzare la carne di selvaggina come alimento, che può avvicinare molta gente al nostro mondo, specialmente in questa fase dove si da molta importanza alla qualità del cibo".
Per Andrea Tanzariello che va a beccacce e ad ungulati Friuli, strettamente collegato al territorio, negli ultimi anni il rapporto fra cacciatore e ambiente è meno percepito.
C'è una mancanza di visione globale della gestione in toto dell'ecosistema, dice in sostanza; la frammentazione all'interno del mondo venatorio tra le diverse forme di caccia fa si che singoli individui o piccoli gruppi gestiscano l'ambiente e la caccia quasi egoisticamente, senza rapportarsi con allevatori e agricoltori, con le ovvie conseguenze. Secondo lui, "viene sempre meno anche il rapporto con la società" a causa del legame troppo stretto con la politica".
L'ambiente evolve continuamente, e il cacciatore se ne deve rendere conto. "Il grosso errore - ritiene - è pretendere di avere la medesima selvaggina negli anni al mutarsi degli ecosistemi: tentare di modificare e mantenere efficiente un ecosistema richiede un grosso dispendio di energia, ma i risultati sono scarsi".
Comunque, per lui, l'unica soluzione sta nella gestione del territorio. "Vedo altolocati cacciatori Italiani dare dei corsi venatori all'estero, a pagamento ovviamente, formando cacciatori super specializzati", quando in realtà non vi sono nemmeno le basi, in Italia, per trasmettere concetti di gestione del territorio, agronomia, botanica, interazione faunistica. "Vedo sempre più intromettersi all'interno e nella gestione del mondo venatorio, avvocati, dei quali l'unico bisogno che abbiamo è nel caso di controversie legali o per dare interpetazioni chiarificatrici alle norme. Eppure sono li a dare lezioni con conseguenti danni: Le associazioni venatorie sono troppe!!!! Frammentano ancor di più i legami tra cacciatori, politicizzando e strumentalizzando la caccia, perchè pur di far tessere ( e tessere vuol dire entrare in politica) sono disposti a tutto, esponendoci anche negativamente".
E conclude: "Manca fortemente un approccio scientifico, e mi chiedo a questo punto: che utilità ha mantenere l'ISPRA? Come si fa a gestire in modo impeccabile la caccia senza programmi scientificamente elaborati? E per ultimo, non vedo una reale volontà di accrescere la cultura dei cacciatori". |