Partiamo dall'art. 9 della nostra Costituzione: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Torna in auge, anche in questi giorni, per la malcelata velleità di riconfermare da parte di certo ambientalismo anche e ormai pentastellato, ma non solo, il primato della tutela dell'ambiente rispetto a certe intromissioni dell'uomo a danno delle bellezze del creato. Fraintendendo sempre più spesso la legittima e sacrosanta azione di contrasto nei confronti di chi inquina e distrugge l'ambiente preesistente, alzando la voce per opporsi ad attività pressochè irrilevanti come la caccia, per nascondere le troppe distrazioni di chi ci ha governato e continua a governarci verso macroscopiche realtà ormai palesemente catalogate come criminali e criminogene per la salute dell'uomo e della stessa sopravvivenza della vita della nostra specie sulla terra. Paladini di questo genere di miopia si sono insediati da tempo in quello che ci si ostina ancora a chiamare Ministero dell'Ambiente. Dove, tetragoni a qualsiasi denuncia e sanzione economica della UE, si va avanti a contrastare quei poveri untorelli che si ostinano a voler mantenere in vita certe tradizioni che per secoli hanno contribuito anche a dare un valore estetico al PAESAGGIO. Sostenendo anche la necessità di arricchire di fiorilegi legislativi un tema che certamente non ne ha bisogno.
Termine, Paesaggio, che nel corso di questi settant'anni ha acquisito consistenza "ambientalista" grazie ad autorevoli pareri di eminenti costituzionalisti. Predieri, per esempio, che ci offre la definizione "forma del Paese", cioè "creata dall’azione cosciente e sistematica della comunità umana che vi è insediata, in modo intensivo o estensivo, nella città o nella campagna, che agisce sul suolo, che produce segni nella sua cultura». Rafforzata, da una parte da: "ogni preesistenza naturale, l’intero territorio, la flora e la fauna", e dall’altra da: «ogni intervento umano che operi nel divenire del paesaggio qualunque possa essere l’area in cui viene svolto». Concetti confermati di recente anche da un'altro insigne costituzionalista, Michele Ainis, che li inquadra come "Forma perennemente iscritta nell'azione umana e modellata dalla storia".
Niente di nuovo, comunque, se risalendo nel tempo, e nella storia (la nostra), arriviamo alle sorgenti del termine greco, OIKOS, che insieme al significato primario, ecologia, ne racchiude altri, non meno importanti, come "gestione della casa, della città, dello Stato", come dire: famiglia, società, cultura. Insomma, quell'ambiente vissuto (e goduto) dall'uomo, tradotto in epoca recente nel neologismo ECOLOGIA, ovvero l'"economia della natura", che appunto proprio perchè coniugata nel contemporaneo non può prescindere dall'animale uomo, che con gli altri animali e le piante da che mondo è mondo interagisce. Soprattutto - insisto - nel "vecchio mondo", dove la "civiltà", fatta di ecologia ed economia, attraverso lenti cambiamenti, nel tempo ha modellato il paesaggio, che pertanto assurge a valore primario, nel suo connubio - indissolubile - fra natura e cultura.
E tuttavia, nonostante la nostra Costituzione ne contemplasse il massimo della tutela, nel 2001 la modifica del Titolo V (Costituzione: LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI) ha introdotto direttamente il termine AMBIENTE, con il paragrafo S) del comma due dell'art. 117, che attribuisce allo Stato l'esclusiva competenza di "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali". Sancendo con questo assieme di valori (l'ambiente, l'ecosistema e i beni culturali, in altre parole il Paesaggio) l'indissolubilità del concetto natura-cultura. Per chi non avesse ancora capito: quell'ambiente là, di cui si discute nei salotti, non può che stare collegato all'uomo. Poichè la natura selvaggia nel mondo di oggi è impossibile ripristinarla. Si può solo tutelare l'armonia dell'esistente. Finchè ce ne resta.
Cosa significa dunque "migliorare l'ambiente" nell'accezione nel frattempo maturata in conseguenza del profondo dibattito contemporaneo?: Tornare alla natura primordiale, cioè a prima della presenza sulla terra dell'uomo, o più coerentemente ritornare ai santi vecchi, cioè a quel paesaggio che, soprattutto nel nostro paese, è (o era?) rappresentato dalla bellezza dei nostri orizzonti, punteggiati di campanili, di chiese, di variegati skyline? Sono convinto che se chiedessimo ai nostri concittadini cosa ritengono essenziale per la nostra vita, non avrebbero dubbi nel rappresentare, magari inconsapevolmente, quell'immagine sublime che tutti possono ancora ammirare nella Sala della Pace del Palazzo Pubblico di Siena, l'affresco dipinto da Ambrogio Lorenzetti che va sotto il nome "Allegoria del Buon Governo", che fissa il legame fra città (oikos) e campagna (oikos) ed economia (oikos). Cosa sempre più difficile, oggi, nella condizione di "temporalità", ovvero di precarietà, come la definiva Calvino, soprattutto se proliferano anche alle nostre latitudini soggetti che frequentano i salotti col maialino al guinzaglio (a quando un cinghialotto?) e si continua a produrre leggi alimentando il CAOS (il contrario di OIKOS), dando corpo alla profezia di Tacito che già duemila anni fa sentenziava: troppe leggi equivalgono a nessuna legge.
Riusciranno i nostri governanti a resistere alla tentazione di complicarci la vita con altre norme, ancor più dannose prima che inutili?
Alessandro Magri