Stiamo in bilico. noi cacciatori. costantemente in bilico tra la difesa e l'attacco, il leggere il giornale per vedere se il panorama è cambiato, se qualche politico ci fa l'ennesima guerra, se qualcosa è stato tolto, tagliato, malamente riportato, e la soddisfazione per il tempo favorevole, il passo abbastanza ricco, i cani che lavorano bene.
In bilico tra uno striscione che ci minaccia di morte, ci augura il cancro, e il racconto di un padre, di un nonno che guarda indietro, a un passato appena diventato tale come una giornata giunta al termine, o a un passato lontano che non conosceva strade, fabbriche, "guardie volontarie".
In bilico tra la rabbia e le romanticherie.
Spesso mi chiedono: "perchè vai a caccia?" Altrettanto spesso dò risposte diverse, forse anche a seconda di chi me lo chiede, stralci di verità che fanno parte di un'unica grande certezza: la passione. In ogni sua forma.
E' vero che vado a caccia perchè ho respirato quest'arte da mio padre, e prima da mio nonno, ma non è meno vero che credo nella bontà del cacciatore, non è meno vero che con l'essere cacciatore manifesto il mio essere ambientalista, non è meno vero che con l'insegnare ai ragazzi che vogliono diventare cacciatori so che li sto aiutando a darsi una possibilità di essere persone per bene, dediti ad una sdisciplina che li porterà ad essere in piedi alle cinque di mattina senza farsi del male sulla strada; non è meno vero che l'abbattimento non è la soddisfazione unica del cacciatore, ma che l'alba della soddisfazione è quando prende un cucciolo tra le braccia e quando inizia a dirgli "porta" lanciandogli una pallina.
Sembrano le solite storie.
Sono le solite storie in effetti.
Da che mondo è mondo: la caccia è nata con l'uomo. E siccome anch'io vivo in bilico e mentre scrivo indulgo verso immagini romantiche, credo sia nata con la famiglia, con il concetto del "tornare a casa".
Mi contestano che allora si cacciava per mangiare. Per fortuna non ce n'è più bisogno, è vero, perchè oggi abbiamo di che mangiare tramezzini e quattro salti in padella, anche se ad un tavolo preparato per uno...In effetti non si caccia per sopravvivere grazie a Dio, ma si caccia perchè si è rimasti uomini, perchè ci sono ancora persone che riconoscono la differenza tra il rispetto e il culto degli animali, perchè ci sono uomini e donne legati a tradizioni che nulla tolgono al patrimonio faunistico ambientale, perchè lo conoscono, lo gestiscono, lo preservano.
Uomini e donne informati, colti, combattivi, che sono pronti a metterci la faccia, che non inneggiano alla violenza con un passamontagna sul volto, che alle manifestazioni non bucano neanche la ruota di una bicicletta abbandonata. Uomini e donne con l'animo solitario del cacciatore che sanno stare tra le gente, e sappiamo quanto non sempre sia vero il contrario.
Ci contestano, gli anticaccia. La guerra la fanno a prescindere. Perchè i cacciatori "vogliono ammazzare le nutrie, i cinghiali, le volpi, le cornacchie". Una volta una ragazza, agguerrita promotrice di un'associazione ambientalista, mi ha attaccata con saccenza perchè "volete far fuori tutte le volpi e le cornacchie". Le ho chiesto se sapesse quale danno arrecasse all'equilibrio tra le specie un sovrannumero di questi animali. Con sua grande soddisfazione ha pensato di illuminarmi: "se voi lasciaste stare le volpi, quelle andrebbero a mangiare i nidi delle cornacchie e farebbero l'equilibrio da sole". mi rammarica sapere di non dover spiegare oltre, e il mio rammarico deriva dal fatto che so che chi leggerà queste mie parole conosce perfettamente ciò di cui parlo. Se lo dovessi spiegare significherebbe che tra i lettori potrebbero esserci anche profani, gente lontana dall'ambiente venatorio, o addirittura qualche anticaccia.
Ma questo non avviene: noi cacciatori parliamo tra noi. Giornali, radio, tv, politica parlano di noi a tutto il resto della compagnia. Adoperandosi per farlo sempre male.