In attesa che il Parlamento produca un testo di riforma della legge sulla caccia 157/92, dopo una serie nutrita di incontri e di discussioni approfondite, durante le quali tutte le componenti interessate hanno avuto ampie possibilità di dare il proprio contributo, la Toscana si avvia a varare una nuova legge regionale sulla caccia che, pur nei limiti angusti dell’ormai superato dispositivo nazionale, attraverso una più efficace pianificazione, una reale integrazione nella gestione della fauna, un collegamento più stretto fra i vari strumenti di governo del territorio, si prefigge di trovare soluzione ai vari e complessi problemi di una realtà faunistica e territoriale che nel corso degli anni ha subito profondi cambiamenti e modifiche.
Negli ultimi decenni il numero dei cacciatori toscani è notevolmente diminuito e una ormai superata impostazione della questione faunistica e ambientale ha portato a forti squilibri nel rapporto fauna-territorio. La conseguenza più evidente è stato il grave impatto delle popolazioni di ungulati, cinghiali ma non solo, sulle colture di qualità, vanto dell’agricoltura toscana. La causa principale, lo testimoniano autorevoli istituti scientifici, è da ricercare prima di tutto nell’errata impostazione dei divieti. In altre parole, se la gestione della fauna selvatica non tiene conto di tutto il territorio agroforestale, parchi e aree protette comprese, non sarà mai possibile tenere sotto controllo in maniera equilibrata le popolazioni di animali selvatici. Giusta pertanto la decisione sugli ungulati, e su tutte le altre specie opportuniste, che dovranno essere riportate a presenze e consistenze più ragionevoli, su tutto il territorio, anche nelle aree protette, nel momento in cui costituiscono un danno palese all’ambiente e all’agricoltura. Usufruendo quando serve dell’aiuto dei cacciatori, che sono competenti, organizzati e soprattutto non comportano costi per il contribuente, anzi contribuiscono, con le loro attività di presidio e i loro soldi versati allo Stato (licenza di caccia) alla Regione (tesserino regionale) e agli ATC, a mantenere integro l’ambiente.
Insieme a una gestione più armonica degli ungulati e di altre specie che arrecano danno all’agricoltura è inoltre importante che si sia posto mano a una revisione concreta delle norme in fatto di mobilità e di possibilità di accesso agli ATC, abolendo fra l’altro la teleprenotazione. In questi anni, i dati statistici hanno chiaramente dimostrato quanto poco incida il cosiddetto nomadismo sulle abitudini venatorie dei nostri cacciatori.
Dispiace invece che il Governo abbia di recente impugnato la legge regionale appena adottata in merito alla cattura di uccelli da richiamo, facendo fra l’altro ingiuste distinzioni fra regioni. Stride al proposito l’inspiegabile e reiterato divieto della “caccia” allo storno, conseguente ad uno strumentale utilizzo di dati da parte degli organismi scientifici preposti. E’ sotto gli occhi di tutti che questa specie (come del resto altre specie di passeriformi) non soffre di alcunché, se non di una pervicace deriva animalista che insiste nel considerare la caccia come un’attività eticamente non più proponibile. Mentre basterebbe dare seguito più semplicemente alla Guida interpretativa prodotta di recente dalla Unione Europea (condivisa anche dall’organismo sopranazionale che rappresenta le organizzazioni conservazioniste, l’UICN) per trovare soluzione alle più incancrenite diatribe in fatto di prelievi di fauna migratoria.
E’ tempo a mio avviso che, sull’esempio della Toscana, anche le forze più responsabili della politica accedano a un approccio meglio meditato della questione faunistica nazionale e considerino la caccia come uno degli elementi cardine della conservazione e dello sviluppo del territorio.
Valutando positivamente anche l’aspetto economico, che pur nella riduzione dei praticanti è fonte di cospicue risorse. Senza contare che attraverso la tassa nazionale sulla licenza di caccia, ristornandola come prevede la legge per il 50% alle Regioni, si dovrebbero finanziare essenziali attività di tutela ambientale, non certo nell’interesse specifico dei cacciatori, ma a vantaggio della comunità nel suo insieme.
Marco Remaschi
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