E’ da poco finita e c’è chi già pianifica, progetta, sogna e si emoziona! Il primo colpo, la prima preda, il primo zirlo del primo tordo, la prima allodola, l’ultima. Chiude come ogni anno ma le emozioni ed i ricordi rimangono indelebili nelle nostre menti, pronti ad essere rivissuti anche in un banale momento in ufficio, magari osservando fuori dalla finestra una coppia di colombacci intenti a fare il nido.
Ricordo gli interminabili Sabato pomeriggio seduto ad ascoltare i racconti degli anziani, le emozioni vissute, i numeri e gli sfottò che riempivano l’aria di fine estate, il cielo terso di quel Settembre ormai inoltrato, quegli odori inconfondibili dell’erba secca e le foglie degli alberi che iniziavano il loro lento appassire per lasciar posto all’autunno. Ero un fremito, il giorno prima dell’apertura, ero tutto un fremito. Forse, lo eravamo tutti.
Sono proprio queste sensazioni a mantenere vivo quel desiderio viscerale che ogni giorno ci fa sentire parte di quel piccolo mondo ormai pressoché invisibile agli occhi degli altri.
Sì. Gli altri, sono coloro che vivono alle spalle del nostro mondo, inconsapevoli, persone che ogni giorno, lavorando riempiono gli uffici, le fabbriche, le città. Persone che progettano il weekend come chiunque altro, che fanno i conti a fine mese e che magari ogni tanto si concedono il lusso di andare in campagna. Persone ormai oppresse da tecnologia, vittime e artefici dell’urbanizzazione, ma sempre pronte a salvaguardare la natura, a puntare il dito contro chi, la natura quella vera, intrisa di bellezza e crudeltà, la conosce, la ama e come la propria moglie la protegge e la coccola.
Ho conosciuto bambini che non avevano mai visto un coniglio o una gallina, che credevano alla naturale crescita delle bistecche al supermercato, bambini completamente ignari di quel mondo bellissimo, pieno di profumi, sensazioni, emozioni. Quel mondo fantastico, non fatto di fiabe e scoiattoli parlanti, ma di racconti pieni di saggezza e verità in cui sono cresciuto, carico di gioie e dolori, di etica, di armonia, di equilibrio, di sonno e di stanchezza, di umiltà, di vigore, di amore e di morte. Sì. Di morte. Fa parte della vita diceva mio nonno, chi nasce, inevitabilmente dovrà morire. La fine migliore per un uomo è morire nel proprio letto circondato dalle persone a cui vuole bene e che gli vogliono bene. Poi, con gli occhi pieni di passione, aspirava fragorosamente dalla pipa e diceva: “Vedi nipote mio, oggi abbiamo onorato il fagiano a pranzo, lui, va onorato in tavola, perché, se sei un cacciatore e ad un certo punto decreti la morte di un’animale, dal più piccolo al più grosso, devi anche avere l’obbligo di onorare la sua morte.
Per una preda, la fine migliore è essere cacciata e mangiata.” Io ero piccolo, non capivo pienamente, mi piaceva tirare ai passeri e ai fringuelli durante le soleggiate giornate autunnali, con mio padre che mi fulminava con lo sguardo se solo mi azzardavo a guardare con occhi male intenzionati il gheppio o una donnola di passaggio.
Mi obbligava a tirare solo dopo essermi accertato di un sicuro e successivo recupero perché non bisogna tirare per far danno ma per il piacere della nonna, così poi, avrebbe fatto lo spiedo. Mi sentivo anche utile, pieno di passione e orgoglioso. Erano per mia nonna pensavo, se sto attento, li recupero tutti e sarà contenta quando vedrà il bottino!! Sai che spiedo!! Ero piccolo, ricordo.
Oggi, mi rendo conto di quello che mio padre e mio nonno volevano trasmettermi. Volevano insegnarmi a non sprecare ad essere come loro, eticamente corretto e consapevole del fatto che uccidere un fagiano o una lepre, non è qualcosa di cui vergognarsi e non vuol dire essere colui che uccide per puro e spietato divertimento. Quello è sadismo!
Questa è caccia!!
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