Il popolo Italiano è chiamato a fare altri sacrifici, ma alla fine ne uscirà vincitore. Alla fine riusciremo a risollevarci; cosi dichiarano gli esperti del settore. I tempi della ripresa però sono incerti, gli esperti non hanno le capacità divinatorie dei Maya.
Ci sono però delle certezze, che non trovano al momento una coniugazione al futuro, ma solo al presente: vediamo fabbriche chiudere i battenti, padri di famiglia in lacrime perché non sanno come fare per arrivare a fine mese, vediamo pensionati rovistare tra gli scarti dei mercati o dei supermercati per raccattare qualcosa di buono da mettere in tavola, vediamo aumentare quotidianamente il prezzo del carburante, della luce, del gas e di tutte quelle materie prime indispensabili alla sopravvivenza. E in tutto questo vedere (la vista grazie al cielo fino a questo momento non è stata tassata), ecco come per incanto apparire (la notizia è di qualche settimana fa) sul blog dell’ex comico Beppe Grillo una raccolta di firme per stabilire se si può rifare o no un referendum sulla caccia.
Ora, mettendo da parte le “banalità” ovvero i costi di un referendum e quanto questi gioverebbero alle ormai più che vuote casse dello Stato, la domanda che mi viene spontaneo porre è: perché?
Perché secondo Grillo e i grillini ( mi verrebbe da dire grilletti,ma non credo che il temine sarebbe da loro apprezzato visto il contesto venatorio) limitare ulteriormente la caccia o abolirla completamente sarebbe utile alla risoluzione di tutti i problemi dell’Italia?
Forse per Grillo questa è la soluzione migliore, ma chi glielo va a dire a tutte quelle persone che oggi, anche grazie alla caccia, riescono a portare a casa uno stipendio: fabbriche di armi e munizioni, abbigliamento e accessori, allevamenti di selvatici e cinofili, aziende faunistiche,agriturismi venatori.. etc.
Creare quindi nuovi disoccupati è cosa buona e giusta?
A proposito di turismo venatorio, ricordo che dopo il disastroso quinquennio di guerra che devastò la Jugoslavia, il pacchetto di azioni studiato dai governi di allora per iniziare il lento cammino della ripresa, prevedeva anche l’incremento del turismo venatorio, con apposite soluzioni impostate in modo da soddisfare tutte le richieste dei cacciatori.
Sono passati quasi venti anni da allora e non mi pare che le specie cacciabili in quei paesi sono finite tra quelle in via d’estinzione.
Vi prego di non travisare il semplice riportare di una notizia come un velato suggerimento, né tantomeno di vedere in me un accanito esterofilo; amo l’Italia e soprattutto amo cacciare in Italia.
Quello che voglio dire, è che trovo paradossale il fatto che in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando, qualcuno pensi di sprecare soldi in un referendum sul quale gli italiani si sono già espressi (anche sul sondaggio di Grillo si sono espressi e sappiamo tutti chi ha vinto) e allo stesso tempo ignori che l’abolizione della caccia contribuirebbe ad aumentare il tasso di disoccupazione.
L’idea del turismo venatorio in Italia non credo sia contemplata, basti pensare a chi amministrava il turismo fino a pochi mesi fa, ma se proprio si vogliono snobbare i soldi che qualche scriteriato cacciatore estero verrebbe a spendere da noi, almeno che si abbia la buona coscienza di non sputare sui soldi che i cacciatori italiani fanno girare in quei quattro mesi di attività venatoria.
E non bisogna essere degli economisti per fare il calcolo, basti pensare che siamo in 750000 e che la spesa media procapite (tra tasse, ATC, cartucce.. etc.) si aggira come minimo sui 1000 euro; se è vero che 2+2 fa ancora 4, allora che si tirino le somme!
O forse è un bene che questi soldi vadano spesi altrove? Perché anche la pazienza ha un limite, perché va bene la crisi, va bene fare sacrifici, ma quando la nostra intelligenza, di uomini prima e di cacciatori poi, deve essere offesa facendo passare l’ignoranza e l’abuso dei mezzi d’informazione come democrazia, allora vuol dire che il fondo è stato toccato.
In bocca al lupo a tutti.
Vincenzo Mazzone