Non è una gran scoperta, in effetti. Ma, visti i tempi che corrono e i presupposti su cui si basano le posizioni dell'attuale (ancora per poco?) Ministro dell'Ambiente, forse ribadire l'ovvio non è una cattiva idea. Ovvero: niente è più lontano dalla protezione ambientale dall'idea che sta alla base dell'animalismo secondo cui uccidere un animale è riprovevole, sempre e comunque. Se la ratio che guida la gestione della natura è quella della protezione e della tutela della biodiversità, intesa nel suo complesso, allora non si può pensare che ogni vita abbia lo stesso peso.
L’approccio compassionevole alla conservazione degli animali è stato oggetto di uno studio dell’Indian Institute of Science, che ha avuto visibilità in Europa grazie alla BBC. Gli scienziati evidenziano come questo approccio faccia parte di una visione molto occidentale, appartenente a certi privilegiati e a un’opinione pubblica urbana che ha ormai perso il contatto con la natura selvaggia. “L’idea che non si possa uccidere nessun animale è “fatalmente viziata” come concetto di conservazione. Le misure di conservazione dovrebbero concentrarsi su specie o habitat piuttosto che su singoli animali, le specie invasive spesso richiedono l’abbattimento di massa di una specie per proteggere una specie in via di estinzione” si legge nelle conclusioni dello studio.
La cosiddetta “conservazione compassionevole” non è solo un atteggiamento astratto, ma argomento di discussione in voga tra biologi, a quanto pare. Nel 2018 è infatti uscito un documento di alcuni studiosi con questo titolo che delineava il quadro della conservazione compassionevole da applicare attraverso quattro principi chiave: “Non fare del male; Gli individui contano; Inclusività; Coesistenza pacifica”.
Tutto molto bello per carità, ma senza dubbio viziato da una concezione più etica che scientifica, e per questo molto distante dalla realtà. Una realtà che deve fare i conti con le specie invasive anzitutto, responsabili di danni incalcolabili, non tanto alle attività umane, quanto a quel poco di natura che è rimasta sul nostro continente e sul nostro pianeta. La scomparsa di specie autoctone, con tutte le ovvie ripercussioni a catena su tutta la fauna e flora di un certo habitat, non sono cose di poco conto, o rimediabili in poco tempo.
Questa visione compassionevole è anche un tantino razzista. Se solitamente sulla necessità di uccidere ratti troppo numerosi non si discute (anche se anche qui l'Italia ha fatto eccezione, vi ricordate le proteste animaliste in occasione del progetto di tutela dell'albatro sull'Isola di Montecristo?), la cosa cambia quando oggetto del disequilibrio sono specie più carine come scoiattoli, tassi, volpi o perfino gatti (tra i primi responsabili delle predazioni di uccelli e piccoli mammiferi, pare).
Senza addentrarci nei dettagli delle opportune gestioni faunistiche e per l'eradicazione delle specie invasive, ci basta questa premessa per portare a galla le enormi contraddizioni di chi, con la scusa dell'ambiente, cerca di imporre quello che è poco più di un credo etico–filosofico, elevandolo ad approccio scientifico-gestionale. Essere ambientalisti, al giorno d'oggi più che mai, vuol dire assumersi responsabilità lungimiranti. E se i nostri politicanti e amministratori smettessero di parlare alla pancia delle persone, sulle quali purtroppo fanno presa slogan e hastag d'effetto, e si facessero carico delle vere urgenze ambientali, forse finalmente avremmo anche un cittadino più informato e consapevole.
Anche se ce ne vorrebbe di strada per far capire ai nostri concittadini metropolitani che centinaia di migliaia di cacciatori, con la loro attività ludica e al contempo gestionale, mitigano gli effetti disastrosi di quel lassismo compassionevole che ormai la fa da padrone. Cinghiali, volpi, cornacchie, già ora fuori controllo, senza un minimo di gestione finirebbero col distruggere quel poco di biodiversità che i veleni di automobili, condizionatori, industria e agricoltura non hanno ancora spazzato via. E' molto più facile, di fronte a un problema faunistico (come è per esempio l'eccessiva confidenza di un orso), fare spallucce e schierarsi con gli animali, azzerando ogni discussione possibile.
Cinzia Funcis