Lo so che mi farò dei nemici. In senso buono, ovviamente. Lo so che molti di voi mi contesteranno. Però, scusate l'ardire, dopo aver letto su Globalist la notizia, non posso fare a meno di farvelo presente.
Cos'è Globalist?, direte voi. E' un giornale online, se non vado errato, come ce ne sono molti, oggi, purtroppo per chi lavora nella carta stampata. Ma, è la vita bellezza! Il mondo cambia e noi, poveri mortali, volere o non volere, siamo costretti a cambiare. I più accorti lo fanno prima degli altri. Qualcuno li chiama precursori, qualcuno temerari, qualcuno...avventurieri. I nomi si sprecano, ma il fatto è che c'hanno visto prima degli altri, che subiscono e, bene che vada, si accodano.
Globalist, allora. www.globalist.it. Per esteso: Globalist syndication. Una serie di allusioni (glob=blog; syndication un neologismo, coniato per indicare un'agenzia d'informazione indipendente), che incuriosisce e che obbliga, quasi, a indagare.
"Tante teste - si legge sul blog - scelgono di mettere insieme risorse e idee per costruire un progetto. Per rispondere alla necessità di voltare pagina, al vento che sta cambiando portandosi via cartacce e vecchi sistemi di potere anche nell'informazione. In questo percorso di innovazione e cambiamento, Globalist syndication opera nella costruzione di un modello informativo aperto e realmente partecipativo, al contrario del sistema chiuso dei media tradizionali. Un'agorà nella quale condividere informazioni, far crescere una news factory partecipativa che sappia realizzare un'informazione docg, controllata e garantita fin dalle fonti."
E ancora: "Globalist è una syndication indipendente - recita il Manifesto di adesione - che riunisce giornalisti, blogger, scrittori, siti, associazioni e cittadini attivi sulla rete che vogliono fare informazione e promuovere il dibattito politico e sociale.
Globalist è impegnata a difendere e a promuovere la libertà della rete, la sua autonomia e neutralità e ha tra i suoi obiettivi quello di partecipare all'innovazione dell'informazione e del giornalismo. La nostra linea guida è l'indipendenza editoriale e la trasparenza degli obiettivi. Globalist si impegna a promuovere una informazione autorevole e di qualità. Tutti gli aderenti a Globalist syndication, sotto la supervisione dei garanti della qualità dell'informazione, si impegnano a verificare con cura la fondatezza e la fonte delle notizie, a indicarne la provenienza, fatti salvi limitati casi di tutela del segreto professionale sulle fonti confidenziali. La politica di trasparenza di Globalist ha come fine ultimo quello di fornire ai lettori tutti gli strumenti utili per esercitare un controllo critico sui materiali pubblicati. Nel pieno rispetto del pluralismo delle idee e del diritto-dovere di critica e di denuncia, Globalist si impegna a non pubblicare contenuti chiaramente diffamatori, xenofobi, razzisti, antisemiti o che incitino alla violenza e all'odio."
Come premessa, mi pare, ci si dovrebbe essere. Tanto più se, scorrendo nei click, si fa una prima verifica delle firme che vi aderiscono. Sicuramente di tutto rispetto. Di provenienza e di cultura eterogenee - e questa è una garanzia - come Nuccio Fava, Flavio Fusi, Giulietto Chiesa, Marc Innaro, Xavier Jacobelli, Paolo Longo, Gigi Moncalvo, Mario Morcellini, Ernesto Bassignano, Giovanna Botteri, Stefano Marcelli. Fior di giornalisti, fior di intellettuali.
Insomma, va tutto bene. Ma la notizia?
La notizia la dà questo giornale e non è da poco, soprattutto se si tiene conto di come la propone. "Diavolo e acqua santa insieme", la titola. E questo è già un programma. Perchè allude a un connubio che in questi ultimi mesi ha fatto versare fiumi di inchiostro (informatico, soprattutto) e commenti i più disparati, anche critici, nel mondo della caccia. Si, perchè il diavolo saremmo noi cacciatori, secondo il commentatore di Globalist, e l'acqua santa gli ambientalisti. O meglio, quegli ambientalisti, non meno temerari di quei cacciatori, che insieme hanno messo le gambe a "progetti congiunti a tutela dell'ambiente".
L'avrete capito, si parla dell'accordo fra Legambiente e la soprannominata "triade", Federcaccia, Arcicaccia, Anuu, accordo riproposto al recente Game fair di Grosseto e sostenuto dal CNCN (Comitato nazionale Caccia e Natura che fa capo ai produttori di fucili e cartucce da caccia), accordo che vede protagonista anche l'ISPRA, spesso criticata anche da cotali associazioni venatorie per certe posizioni ritenute (in buona parte a ragione) integraliste, perchè troppo astrattamente conservazioniste.
Del progetto sapete tutto, e Globalist lo riassume, in quanto teso a "valorizzare la fauna selvatica come risorsa". Commentando - e qui sta il bello, la novità, giacchè proposta da cotanta tribuna - che "Il ruolo dei cacciatori può essere di grande aiuto nella tutela della biodiversità, poiché sono gli unici in grado di monitorare costantemente le specie selvatiche presenti sul nostro territorio, requisito indispensabile per una governance efficace dell'ecosistema." E chiosando che lo stesso responsabile Fauna e Biodiversità di Legambiente, Antonino Morabito, "ha detto che bisogna affrontare i problemi in uno spirito di gruppo territoriale nel quale le diversità si uniscono. La comunità rappresenta l'insieme delle esperienze utile a costruire e non ad alzare muri". Rafforzando poi il concetto con le parole di Piero Genovesi, responsabile del servizio di consulenza ISPRA, il quale ha confermato che per esempio "sugli ungulati, grazie al concorso dei cacciatori che fanno la maggior parte dei censimenti, abbiamo una fotografia più accurata di altri Paesi europei".
In Italia - recita ancora l'articolo di Globalist - "negli ultimi decenni molte specie selvatiche sono aumentate grazie ad aree protette, alla regolamentazione della caccia, all'abbandono di un'agricoltura estesa alle aree collinari e montane. Ma, oggi, c'è il rischio opposto, perché la sovrappopolazione mette a rischio l'economia. Tra il 2005 e il 2009 si sono registrati danni all'agricoltura per oltre 35 milioni di euro, senza parlare degli incidenti stradali."
Per cui: "L'agricoltura fa bene alla caccia" perché - è la conclusione di Stefano Masini di Coldiretti, uno dei più autorevoli Maître à penser sulla scena della tutela dinamica del territorio - "le diversità fanno la forza di questo sistema. La caccia è fatta di territori e tradizioni e - ha aggiunto - se ambientalisti e cacciatori non lavorano insieme difficilmente nei palazzi di Roma verrà risolto il problema". Parole sostanzialmente confermate proprio da chi è nei "palazzi di Roma". Luca Sani, presidente Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, che non ha esitato a sottolineare che "se si trovano sintesi unitarie su questi argomenti all'interno della società civile poi per la politica è più facile prendere decisioni".
Tutto questo lo si legge su Globalist, che chiude con un postulato tutt'altro che scontato in certi ambienti dell'intellighenzia nostrana: "Per quanto la legge sulla caccia sia ormai datata - scrive - il comune sentire, la sensibilità verso l'ecosistema e l'equilibrio ambientale fanno parte delle più moderne basi culturali condivise della vita di ciascuno di noi. La stessa Commissione europea, certamente scevra da animalismi esasperati, riconosce alla caccia un'attività funzionale al mantenimento dell'equilibrio faunistico. Insomma, cacciatori e ambientalisti, più che diavolo e acqua santa, potrebbero rimettere la chiesa al centro del villaggio. O la natura al centro della storia."
Se a voi sembra poco, a me - scusate - da semplice lettore appassionato di caccia, appare quasi come una rivoluzione copernicana. Perchè, finalmente anche chi, senza un minimo di riflessione si schierava dall'altra parte, comincia a riconoscere che la caccia è un fenomeno importante, i cacciatori possono essere determinanti anche nella società dell'hipad/hiphone, la nostra cultura è portatrice di valori che hanno forti radici nelle nostre tradizioni rurali, nella storia, nella scienza (siamo dententori di dati e ricerche sulla fauna più noi che tutte le accademie e gli istituti scientifici messi insieme!), nella società. Conta più, per esempio, la forza aggregante e solidale delle nostre squadre di cinghialai, delle nostre sezioni cacciatori, che qualsiasi altra organizzazione del volontariato. E, ciliegina sulla torta, tutto quello che facciamo lo facciamo gratuitamente, anzi, molto spesso, oltre ad alimentare, con le tasse che paghiamo, fondi per finanziare iniziative ambientaliste (che finiscono spesso a proporsi con la targa di qualche sedicente associazione ambientalista), ci mettiamo altri soldi di tasca nostra.
E allora, ben vengano, dico io, progetti del genere, ben vengano sposalizi fra il diavolo e l'acquasanta, basta che finalmente si riconosca che il diavolo non è poi un diavolo, e l'acquasanta è nella migliore delle ipotesi...acquafresca. Quando è davvero fresca. Ma questa è un'altra storia. Tutta da scrivere. E, lasciatemi sperare, se tanto mi da tanto, ci potrebbe essere già qualcuno, più autorevole di me, ovviamente, e più ascoltato (magari Globalist in prima persona), che la sta per scrivere.
Alberto Morini
P.S.: E chi ha più filo da tessere*, lo faccia. Questa è la strada.
*Dove "tessere" è un verbo, non un "asicurazione" della poltrona.