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Editoriale

La caccia come antidoto alla catastrofe climatica


lunedì 2 novembre 2009
    
Caccia allevamentoRidurre l'impatto della presenza umana sulla terra e ottimizzare i consumi delle risorse a disposizione, almeno a parole, sembra essere l'imperativo vincente del nuovo millennio. Concetti chiave come “sostenibilità” e “green economy” sono entrati ormai a far parte della nostra quotidianità e vengono utilizzati per definire tutta una serie di strategie e politiche lungimiranti che tengano conto della “finitezza” delle fonti a nostra disposizione.

Il titolo di una notizia di qualche giorno fa (vedi BigHunter) di grande impatto comunicativo “un cane in un anno inquina più di un Suv”, ha portato a galla una grande verità finora pressochè ignorata dal mondo animalista, dimostrata e dimostrabile grazie ad un complicato sistema di riferimenti e coefficienti che oggi permettono di misurare l'impatto sulla terra di qualsiasi cosa animata e inanimata e confrontare i risultati tra di loro, calcolatrice alla mano: gli animali domestici inquinano quanto, se non di più, dei veicoli sulle nostre strade.
 
Secondo questi calcoli, che quantificano la quantità di terreno necessaria per produrre le energie consumate, un cane utilizza l'equivalente di 0,84 ettari all'anno, un gatto 0,15 (pari al consumo di una grande utilitaria), due criceti 0,028 ettari (un televisore al plasma), e addirittura un pesce rosso consumerebbe quanto due telefoni cellulari. Senza nulla togliere ai nostri fedeli compagni a quattro zampe (ironicamente gli autori dello studio – due architetti britannici Robert e Brenda Vale, specializzati in pratiche di vita sostenibile - suggeriscono di mangiarsi i propri cani per ovviare all'inconveniente), la ricerca in realtà ci aiuta a focalizzare che ci sono altri fattori di inquinamento altrettanto incisivi ma comunemente ignorati.

Nel mondo gli animali domestici sono milioni e milioni.  Solo in Italia, secondo l'Eurispes che ha rielaborato i dati (2006) del Ministero della Salute, abbiamo 6 milioni di cani e quasi altrettanti gatti di proprietà, a cui vanno aggiunti i randagi:  441 mila esemplari nei canili e 2,5 milioni di gatti sparsi per la penisola. Se ogni cane di media taglia in un anno consuma 164 kg di carne e 95 kg di cereali, immaginiamoci quanti altri animali d'allevamento devono essere mantenuti per la sua (e per la nostra) alimentazione.

Non ci si pensa molto ma uno dei fattori più nefasti per il clima è proprio l'allevamento intensivo. La crescente domanda di carne, uova e formaggi (sono sempre di più i Paesi in via di sviluppo che cambiano i propri consumi alimentari) porta ogni anno a sottrarre migliaia di ettari di terreno alla natura, tanto che già circa la metà delle terre fertili del pianeta è oggi adibita a pascoli e alla coltivazione di cereali e foraggi destinati al nutrimento dei capi di bestiame. Se si pensa che ad un vitello occorrono 13 kg di mangime per aumentare di un kg e che ogni bovino adulto consuma almeno 200 litri di acqua al giorno, si ha un'idea marginale dell'impatto che l'allevamento di bestiame ha sulla terra. A questo bisogna aggiungere che le deiezioni degli animali allevati sono tra le principali cause, se non la prima, del degrado del suolo e delle risorse idriche e che i gas nocivi prodotti dagli intestini di bovini, suini, ovini e quant'altro arrivano a costituire il 51 per cento delle emissioni totali di gas tossici nell'atmosfera (prima causa dei cambiamenti climatici).

A dispetto degli interessi economici enormi che gravitano attorno a questo sistema di cose, non si può non vedere che un mondo basato su una sproporzione così grande tra risorse a disposizione e risorse effettivamente consumate (e sprecate), rischia di implodere su se stesso e di trascinarci tutti a fondo in poche decine di anni, così come paventato da climatologi e scienziati di tutto il mondo.

E la caccia che ruolo può avere in tutto questo?

Semplicemente può rivendicare il proprio ruolo e imporsi come valida integrazione in un sistema da riposizionare. Al di là dei toni allarmanti delle associazioni animaliste (che hanno finora dimostrato di non poter  essere ragionevoli in fatto di gestione della fauna, che sia selvatica o domestica) la stragrande maggioranza di selvatici nelle aree non antropizzate finisce i suoi giorni per cause naturali e non  incontra mai le cosiddette “doppiette assassine”.

La fauna che vive nei nostri boschi è un patrimonio alimentare immenso e poco valorizzato, il cui prelievo, anche grazie alla regolamentazione nazionale e comunitaria è oggi assolutamente eco-compatibile. Razionalizzare e rendere compatibile con l'idea di un diverso consumo delle risorse, rimettere in circolo queste “energie” altrimenti perdute, magari portandole sulle tavole dei cittadini, farebbe sicuramente bene alla caccia, all'economia, all'ambiente ed anche alla nostra salute.

In soldoni, tutto ciò potrebbe contribuire anche ad imporre in modo più incisivo sui tavoli istituzionali il tema della salvaguardia degli ambienti naturali e a rivedere l'assurda imposizione del rispetto di percentuali predefinite di aree non aperte al prelievo venatorio, che sono solo un costo per lo Stato, così come a riportare in auge la vita di campagna e le tradizioni ad essa legate, ridimensionando il rapporto con gli esseri viventi in contrapposizione con una distorta idea di progresso, tutta plastica e cemento.
 
Una volta la carne era un lusso e mangiarla era una festa. Non a caso ad essa veniva dato un posto di pregio sulle nostre tavole al pranzo della domenica. La consapevolezza di ciò che si ha nel piatto, delle energie che sono servite per comporre le succulenti aggregazioni di proteine e sali minerali di una bistecca,  il rispetto della vita che si trasforma in nutrimento, sono valori che la tradizione venatoria porta con sé da sempre e che oggi si cerca di recuperare a fatica, trovando la ferma opposizione di chi non fa altro che mistificare la funzione regolatrice della pratica venatoria, la quale applica per prima il principio di sostenibilità.

In ognuno di noi a poco a poco comincia a farsi strada la consapevolezza di ciò che consumiamo e produciamo in termini di scarti e sostanze nocive e di quanto questo costi all'ambiente e paradossalmente a noi stessi. I primi catastrofici effetti di ciò che può fare l'indifferenza dell'Homo Sapiens sono davanti ai nostri occhi, forse è arrivato il momento di fare tutti una seria riflessione e orientare i nostri consumi verso “alimenti” più compatibili con la nostra esistenza e con quella delle generazioni future. La caccia può dare un concreto contibuto.

Cinzia Funcis

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16 commenti finora...

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Marianna, ti sei persa per strada l'escremento del post precedente.

da contro viva_la_patata 04/12/2009 16.41

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Marianna sei grande, non curarti della risposta di Nato cacciatore... in fin dei conti lui, per l'appunto, è nato cacciatore e non può fare a meno di sparare... proiettili o CAZZATE

da viva_la_patata 03/12/2009 19.39

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

No! non piace a tutti mangiare quelle porcherie che forse tu, ingurgiti spesso, chi è abituato alla buona cucina, non sa nemmeno cosa sia un McDonald. Quando cammini per le strade, metti una benda per non vedere? forse gli escrementi di tutti i randagi li raccogli, per proteggerli dall'accusa di inquinatori dell'ambiente, brava!

da Nato cacciatore 26/11/2009 14.38

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Visto che noi esseri umani siamo piu' di sei miliardi e i cani invece che sono sull'intero planisfero di numero molto molto inferiore e considerando il fatto che mangiamo carne (al mc donald piace a tutti andarci,no?) e cereali come i nostri cani,non e' cosi' difficile capire CHI inquina di piu' sulla faccia della terra,per non parlare poi delle industrie e dei fumi tossici che emettono,delle petroliere che si inabissano nei mari e dell'uso spropositato che si fa dei veicoli a motore nelle nostre citta',a discapito delle passeggiate a piedi e delle biciclette(chissa' perche' se no negli anni passati c'erano le cosiddette domeniche a piedi).Be' tutte queste cose non le fanno i cani,siamo noi che le facciamo e naturalmente gli unici inquinatori del pianeta siamo noi.

da Marianna 23/11/2009 9.20

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

noi cacciatori ogni anno per una staggione venatoria ridicola paghiamo moltissimi soldi e lo stato l'incassa volentieri ma nessuno modifica le leggi in vigore,noi cacciatori amiamo e proteggiamo la natura piu' di tanti ambientalisti e animalisti.io penso che con delle leggi piu' precise la caccia potrebbe durare di piu'(che è giusto che sia cosi)anche perche'la caccia è come la pesca ma a chi distrugge il mare non gli dicono niente e dura tutto l'anno tranne pochi giorni di fermo. allora dico cacciatori italiani uniamoci per i nostri diritti perche' ai nostri politici come gli piacciono i nostri voti e i nostri soldi ci devono anche aiutare

da fabrizio 10/11/2009 12.52

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

"Cinzietta, non sparare cazzate, vabbè che probabilmente sei una cacciatrice e quindi non puoi fare a meno di sparare..." Letto questo tuo contributo alla discussione mi viene spontaneo di chiederti caro "Mangiamo Patate" la tua capacità di confronto è a pasta gialla o bianca? Per una volta, una volta sola, riesci a confrontarti con idee diverse dalle tue, invece di usare le solite stupiddaggini?

da Vittorio 04/11/2009 10.27

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Pur essendo completamente d'accordo con il tuo nick, non comprendo perché una cosa debba essere solo bianca o solo nera. Le varie tonalità di mezzo costituiscono quel giusto equilibrio che regola, pensa un po’, l’intero universo. Ho sempre sostenuto che la miglior dieta per l’uomo sia quella che comprende nel suo insieme le diverse varietà di cibi in grado di fornire il giusto apporto energetico. Slow Food sostiene proprio questo perché oltre alla valorizzazione dei cibi sani (tutti) e tradizionali, coltivati od allevati secondo antichi metodi, concilia una cosa che è fondamentale per l’uomo...il piacere di nutrirsi, in modo equilibrato, per il puro gusto del palato (mi scuso per la rima). La cosa più naturale che possa esistere è proprio quella di seguire ciò che il corpo sembra desiderare e che se giustamente accontentato, è in grado di restituirci il piacere della vita, ingrediente essenziale che ci lega a questa esistenza. Se diventassimo tutti cacciatori, l’uomo sulla terra sparirebbe in pochissimo tempo; più o meno durerebbe lo stesso tempo qualora l’uomo diventasse di punto in bianco vegetariano. Prova solo ad immaginarti di quale spazio coltivabile (quindi con conseguente deforestazione) ci sarebbe bisogno ed a quali quantità di pesticidi ed anticrittogamici sarebbero soggette le coltivazioni per poter accontentare tutto il mondo. L’attività venatoria, la pesca e la raccolta rientrano perfettamente in questo equilibrio perché sono in grado di fornire il cibo più naturale, sano e diretto rispetto a qualsiasi allevamento o coltivazione...e, diciamocelo chiaramente, possiamo lasciare le patate a far le patate quindi niente di più che un piacevole contorno ad una dieta che per nostra fortuna, può essere la più varia.

da massimo zaratin 04/11/2009 8.55

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Zaratin ci faccia il piacere... secondo lei se cominciassimo a pretendere di nutrire 50 milioni di persone con la caccia cosa dovreste cacciare? gli alieni? Non c'è scampo, o cambiamo dieta e mangiamo patate come dico io o si continuano ad allevare animali da macellare

da viva_la_patata 03/11/2009 21.52

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Stamattina e incominciata la discussione al senato del decreto legge sugli obblighi comunitari in cui c’è anche un emendamento per l’adeguamento del prelievo venatorio.

da valentino88 03/11/2009 11.37

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

certo, bisognerebbe fare qualcosa di più. Manca un progetto, che attraverso i complessi meandri della comunicazione proponga un diverso stile di vita, sostenuto dai cacciatori ma sicuramente utile per tutti. E così per tutti i settori che interessano la nostra società. A partiere dai consumi per giungere allo svago, all'educazione dei giovani, all'impegno civile, al benessere animale etc.

da pierino 02/11/2009 17.36

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Questo tipo di riflessioni purtroppo sono estranee alla politica venatoria italiana che pensa solo a cullare i desideri dei cacciatori. Perchè le nostre associazioni non si impegnano a portare in alto questa cosa a partire magari dall'istituzione di un Gruppo d'acquisto (con i dovuti riconoscimenti) che permetta la diffusione della selvaggina all'interno delle famiglie che vogliono consumare cibo sano? Bisogna capire che la società sta cambiando e noi rimaniamo indietro.

da Gianluca 02/11/2009 15.14

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Mi chiedo se questa notizia riguardo all'"inquinamento" dei cani domestici e non, andrà mai a finire su un TG...... non credo!.Saluti.

da Giovanni59 02/11/2009 14.56

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Eh no, puntare tutto sulle patate no. Poi si rischia di fare la fine dell'Irlanda dell'800: raccolto di patate andato a male, carestia e morte diffuse. Eh no, scegliti un altro vegetale su, o meglio più vegetali, magari di contorno con un bello spiedino di tordi e allodole. E che ......cavolo!

da Mangiamo tordi che è meglio 02/11/2009 14.09

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Cinzietta, non sparare cazzate, vabbè che probabilmente sei una cacciatrice e quindi non puoi fare a meno di sparare...

da mangiamo patate che è meglio 02/11/2009 13.41

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Nel farLe i miei complimenti Sig.ra Cinzia per la sua disanima eccellente, vorrei ampliare il concetto da Lei posto con lucidità e verità estreme quando, nel suo pezzo ci parla dei valori che la caccia porta con se da sempre. Oltre a quanto da Lei affermato, sui valori, sulla sostenibilità, sulla vita che si trasforma in nutrimento, attraverso la pratica venatoria. Vorrei, come dicevo, porre l'attenzione su quanto importante divenga la morte di un'animale per un cacciatore fino ogni volta, ad onorarlo cibandonese. Non c'è scelta del "pezzo magro o tenero" quello è e quello ti tieni. Ma non parlerò dei vantaggi nutrizionali che eppure esistono, vorrei solo far capire a chi di caccia ne ha sentito solo parlare, che al mattino quando esci non hai certezze, vai con la speranza dell'incontro, metti in gioco tutte le tue conoscenze e il più delle volte ritorni con il carniere vuoto. Quando accade invece, di una morte si tratta inutile girarci intorno, ma questa morte non sarà vana, avrà in se il rispetto di diventare cibo vero, conquistato con fatica. E' proprio questa fatica che il Cacciatore conosce bene e che contribuisce a dare quel senso profondo di rispetto dovuto ad una morte procurata. Se tra una vaschetta di polistirolo con dentro una bistecca ed un'altra simile ci fossero quattro o cinque chilometri magari anche impervi in un ipotetico supermarket forse avremmo tutti più rispetto di quelle carni. Il giusto peso delle cose si ha nel conquistarle, con rispetto, educazione e la sostenibilità delle proprie azioni. Quando la Caccia e non certo per demeriti propri, potrebbe intaccare una specie, sarò il primo a fermarmi, fino ad allora continuerò a dare il giusto peso alle mie prede: Le mangierò e le farò mangiare a chi ne vuole.

da Silvano B. 02/11/2009 11.11

Re:La caccia come antidoto alla catastrofe climatica

Gentilissima Cinzia Funcis: condivido in pieno il suo editoriale a partire dalla seconda parte, cioè “E la caccia che ruolo può avere in tutto questo?” perché ho sempre sostenuto che il contenimento della sovrappopolazione della selvaggina stanziale, debba essere ridotto attraverso l’abbattimento per poi immetterne poi la carne sul mercato a costi bassissimi e dare , oltre che una alternativa alimentare, anche maggiori possibilità di acquisto per le famiglie numerose e poco facoltose. E non con la cattura per poi rimettere gli animali in altre zone che presto saranno sovrappopolate! Per quanto riguarda la prima parte del Suo editoriale, mi chiedo: ma veramente si devono ridurre gli animali domestici e/o d’affezione e non ridurre la produzione di prodotti tecnologici e meccanici a favore degli animali? È verosimile che un’auto, un televisore, un cellulare sia più importante della vita di un cane di un gatto …? Ma se poi si dovesse rendere necessaria la riduzione degli animali domestici, allora perché non cominciare con la soppressione degli animali randagi che, tra l’altro, oltre che essere dannasi alla Natura, lo sono anche per l’uomo?, ma non solo: costano svariate centinaia di milioni di euro allo Stato per la costruzione ed il mantenimento di canili (spesso fatiscenti) per tenere in “prigione” animali dannosi ed irrecuperabili. Poi regolamentare la detenzioni degli animali da compagnia, con leggi adeguate e, soprattutto, da continui controlli: non basta fare leggi se poi nessuno controlla che vengano rispettate. Comunque, e concludo, la Caccia non può certamente essere un regolatore e/o deterrente degli animali da compagnia, ma solo di quelli selvatici, quindi riduzione di detenzione di animali da compagnia, ma, ripeto, soprattutto controlli assidui e severi perché tutto rientri nelle norme legislative fatte con criterio e non per animalismo stupido ed incosciente. Cordialità, Nino

da [email protected] 02/11/2009 11.03