Alla fiera dell'est, un topolino mio padre comprò. Mi viene in mente questa bellissima ballata di Branduardi se penso che dopo tanti strilli per rimettere in discussione la montagna di obbrobri di questa nostra ormai vecchia 157 si sta - probabilmente alla chetichella, ma la situazione del paese, e del Parlamento e del Governo e della politica in sè, non consentono altro. Probabilmente - si sta, dicevo, per affrontare l'argomento.
Circola infatti da un po' fra gli addetti ai lavori una bozza (ufficiosa, datata?) prodotta dal Ministero dell'Agricoltura (chissà se a sua insaputa, ormai si usa così) che tratta della materia.
Da quello che si dice, non è che tratta di tutto, e soprattutto non è che tratta di molti degli argomenti che anche in queste calde giornate estive sono oggetto di discussione nei bar e nelle armerie dove si affacciano con sguardi sempre più vogliosi - l'apertura s'avvicina - coloro che la caccia hanno a cuore.
Insomma, da quello che si dice, le questioni in ballo sono poco più e poco altro se non quelle legate all'ormai indifferibile problema dei danni all'agricoltura, provocati da un'insana, si, insana, politica protezionista, scaturita da quella geniale legge sui parchi e dall'antiquata valenza ideologica delle "avanguardie" ambientaliste nostrane, spazzate via dalla scena politica dalla loro stessa insulsità. E dalla loro incapacità: dov'erano quando si perpetravano crimini come quello dell'Ilva? Ah, dimenticavo, erano davanti a Montecitorio a dimostrare a favore del fringuello; ricordate la famigerata - così la definirono - legge cartuccia?
I danni, quindi, e, udite udite, l'articolo 9 della direttiva UE, che prevede le deroghe. Eh già, perchè il problema, lo sanno anche i sassi ormai, il problema della fauna selvatica in Italia sono le deroghe. Non che non ce ne sia bisogno di dare un po' più di chiarezza alla materia, visto l'infinito contenzioso giudiziario che da qualche anno provoca alzate di scudi di gran parte dei TAR della penisola (piccola annotazione: ogni tanto ne arrestano un presidente, ma questo fa parte del gioco in un paese disgraziato come il nostro che non riesce a rigenerarsi neanche di fronte alla ripulsa generalizzata per una classe politica [e dirigente] di levatura terzomondista) e a seguito di sentenze della Corte Costituzionale che decretano tutto e il contrario di tutto. Tuttavia, ove si volesse affrontare il tema, è l'impianto stesso della legge che ormai fa acqua da tutte le parti. Gli equilibri faunistici stanno scappando di mano. I cacciatori, che un tempo insieme a sapienti pratiche agricole erano un magnifico elemento di equilibrio a costo zero, oggi sono meno della metà e condizionati da disposizioni cervellotiche e ormai in balia, i cacciatori, degli umori di frange animaliste le cui stranezze rasentano l'idiozia.
Insomma, quali potrebbero essere queste sconcertanti modifiche in discussione?
Per i danni della selvaggina, stando sempre ai si dice, oltre a puntare all'eradicazione o al contenimento delle popolazioni con l'obiettivo della densità zero per le specie non autoctone, si introduce il concetto, nuovo a occhio e croce, che il controllo della fauna selvatica - quale attività di interesse pubblico per la tutela della biodiversità e delle attività umane - non costituisce esercizio di attività venatoria, e quindi può essere effettuato sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le aree protette e le zone nelle quali è vietata l'attività venatoria, ed è disposto e organizzato dalle regioni o dagli enti gestori delle aree protette. Un bel guazzabuglio di enunciati che con la chiarezza che contraddistingue le istituzioni italiane del diritto e le leggi conseguenti non mancherà certo di dare lavoro a stuoli di giudici, soprattutto dei TAR, e di avvocati.
Le deroghe. Quelle sì che troveranno finalmente pace e chiarezza. Soprattutto se come sembra si rafforzeranno ancora i poteri dell'ISPRA e del Ministero dell'Ambiente, che entro aprile - secondo gli enunciati che circolano - dovranno ricevere la richiesta dalle regioni, esprimersi entro 40 giorni, vigilare sulle disposizioni, che a loro volta dovranno essere adottate almeno 60 giorni prima della data d'inizio dell'attività di prelievo. Prelievo, che capo per capo, becco per becco, dovrà essere annotato immediatamente subito dopo l'abbattimento. Con perentoria diffida del Presidente del Consiglio (perchè non del Ministro degli Interni e dei suoi addetti, visto la ormai congiunturale acclarata solerzia?) in caso di inadempienza riscontrata dal Ministro dell'Ambiente e successivo e altrettanto perentorio annullamento entro quindici giorni dalla diffida.
Questo quanto ci è dato sapere, a cui va aggiunta un'altra manciata di amenità, compresa quella del divieto assoluto dell'uso di pallini di piombo in tutte le zone con acqua, fiumi compresi e pertinenze entro 150 metri dalle rive più esterne, e quella dell'uso di munizioni contenenti piombo con armi a canna rigata.
Ciliegina sulla torta: per rimediare all'insulso divieto di caccia sulla neve, derogata solo per la Zona Alpi, si consente la stessa deroga per la caccia di selezione agli ungulati, caccia completamente rivisitata e finalizzata alla conservazione e alla diffusione delle specie in rapporto di compatibilità con l'ambiente (capito? Tutto, e il contrario di tutto).
Ma tanto, penso io, con tutto quello che al governo e in parlamento c'hanno da fare, ferie permettendo, chissà quando ne parleranno. E, mi chiedo: se ne parleranno, riusciranno a trovarsi d'accordo, o partoriranno il solito rinvio, come è costume di chi, non sapendo cosa fare, fa finta di avere ...altro da fare?
Vito Rubini