Tra i tantissimi problemi di cui il neo Ministro all'Ambiente, insediatosi da nemmeno un mese, si deve occupare, c'è anche la questione bracconaggio. Ed è infatti anche su questo tema che si è espresso pochi giorni fa, commentando il quadro ben poco rassicurante uscito dal Rapporto Ecomafie di Legambiente. I reati di bracconaggio sono cresciuti, pare. Probabilmente perché è cresciuta la vigilanza, data una maggiore attenzione su alcune aree critiche.
Peccato che, forse mal consigliato, Costa ha preso una cantonata dichiarando che occorre trasformare i reati contro la biodiversità in delitti da affidare al codice penale, sempre e comunque. Pessimo tempismo, visto che proprio negli ultimi giorni – notizia che apprendiamo da fonti autorevoli – il Ministero della Giustizia pare aver messo una bella pietra tombale su questa ipotesi, tanto osannata dalle associazioni animaliste (Lipu e Wwf in testa), quanto palesemente irragionevole.
Da un punto di vista tecnico, come si è ampiamente argomentato in un recente editoriale di questa testata, la legge sarebbe inapplicabile, anzitutto perché verrebbe meno il principio imprescindibile della proporzionalità della pena. Il Ministero della Giustizia, dunque, non poteva che cassare una scelta del tutto politica e vessatoria, ordita nei confronti di una categoria di persone (i cacciatori), l'unica tirata ingiustamente in ballo per un problema (i reati contro la fauna selvatica) che coinvolge un ben più ampio ventaglio di persone (trafficanti compresi), che con la caccia c'entrano come i cavoli a merenda.
Ogni ruolo di grande responsabilità richiede un periodo di rodaggio. Anche il Ministro Costa, che ci sembra un po' smarrito, si schiarirà le idee sulle priorità del suo mandato. Prima lo scherzo (magari!) della lettera – a firma del Direttore Generale Giarratano – che sulla tortora dice due cose sorprendentemente opposte, costringendo associazioni venatorie e Regioni a giri di walzer per sottolineare l'ovvio, poi l'annuncio di impugnativa della legge su orsi e lupi di Trento, nonostante la mancata discussione in sede di Consiglio dei Ministri, dove, sembra, ci sono anche opinioni diverse, almeno da parte di chi è più vicino ai terrritori, dove anche l'economia, oltre che la percezione di sicurezza, comincia a dare allarmanti segnali. Infine questa sparata sui delitti venatori, già praticamente stralciata dalle previste modifiche di legge. La 157/92 – è questa la motivazione del succitato Ministero di Grazia e Giustizia – contiene già disposizioni adeguate per prevenire e combattere il fenomeno del bracconaggio. E non c'è nulla da aggiungere o da modificare.
Costa, ex Generale della Forestale, è un uomo delle istituzioni, che ha già dimostrato di sapere il fatto suo nel perseguire importanti traffici mafiosi sull'annoso problema delle discariche abusive e delle mancate bonifiche. Che è poi il problema principe del nostro martoriato territorio, dove da decenni si inquina impunemente, mettendo a repentaglio la nostra e la vita dei nostri figli. Il Ministro farebbe un gran servizio alla biodiversità se continuasse su questa strada, portando a termine ciò che ha promesso di fare. Quanti luoghi ameni sono stati sottratti alla biodiversità animale da questi disastri? Questo è il vero bracconaggio. Basterebbe calcolare il potenziale di capienza del territorio di fauna selvatica interessato da questo degrado per capire i danni causati dal mancato controllo dello Stato in termini di biodiversità. Nel caso fosse troppo impegnato a produrre un piano di protezione per le tortore del nord Europa (che noi non vediamo neanche col lanternino), il Ministro potrebbe sempre farsi aiutare dal capo della sua segreteria, Mamone Capria–Lipu, che l'anno scorso ha espresso il massimo della sua competenza contando ad uno ad uno tutti gli esseri viventi "bracconati" (40 milioni!) dai piromani della scorsa estate. Anche un cervo volante, che diamine!, è una creatura senziente, e quindi passibile di azioni, seppur indirette, di bracconaggio.
Questi sono i bracconieri veri, gli incendiari, gli speculatori edilizi, gli industriali dell'agricoltura e i chimici, coloro che sversano veleni nei fiumi e nei laghi. In un termine che racchiude tutto, ben noto anche al ministro che si fa vanto di contrastarli: gli ecomafiosi. Spesso indistinguibili (non sono solamente quelli con la coppola), ma spesso frequentano salotti, stanze del potere, banche e circoli dell'alta finanza. E non i cacciatori, che il rapporto Minambiente, tanto per dare corpo al problema, evidenzia ancora con dati del 2007, mentre a undici anni di distanza le nostre schiere sono ormai ridotte di almeno un terzo ancora (e basterebbe che un organo dello stato avesse pensato di accedere ai dati di un'altro organo dello Stato per averne di molto più aggiornati: dalla Politiche Agricole avrebbe potuto acquisire l'aggiornamento numerico dichiarato dalle associazioni riconosciute; dal MinInterno avrebbe potuto recuperare il numero, aggiornato, delle licenze di porto di fucile per uso di caccia; dalle Regioni il numero dei tesserini venatori della scorsa stagione. Insomma, se si vuole rendere oggettivo il problema di cose da fare gliene possiamo suggerire tante. Qualcuno ci vuole dare una mano?
Cinzia Funcis |