È una calda estate, questa, nella quale il bilancio delle vittime della violenza famigliare è drammatico. Omicidi in famiglia o per questioni affettive avvengono con ogni genere di arma, però poi ogni ipotesi di soluzione cerca di intervenire sempre sugli effetti e non sulle cause. In pratica, limitando la legittima detenzione di armi e comprimendo la passione di cacciatori e tiratori, senza analizzare né risolvere le cause profonde del disagio che stanno alla base degli atti di sangue.
«Il Senato discuta subito il ddl sul porto d'armi. Quante altre giovani donne, mogli o fidanzate, ancora devono morire? Quanti vicini di casa devono perdere la vita per squallide liti o quanti semplici passanti occasionali devono subire momenti di follia altrui per convincerci che l'attuale normativa così non va?».
Con questi terribili e condivisibili, ma troppo suggestivi, interrogativi la senatrice del partito democratico, Marilena Adamo, prima firmataria del ddl di revisione sulla normativa delle armi, pone continuamente all'attenzione di tutti l'urgenza di rivedere la normativa su concessione e rinnovo del Porto d'armi.
Ci aveva provato già nella precedente legislatura. La battagliera signora è vicina ai Comitati dei parenti delle vittime dei casi di cronaca di Milano e Aci Castello del 2003. Comprensibile la sete di giustizia di questi genitori e figli che non potranno riavere i loro cari, e che hanno scelto di combattere la detenzione di armi, purtroppo non certo di esigere che quanti sono deputati ai controlli facciano il loro dovere e applichino meglio leggi che già ora sono restrittive. La senatrice sembra avere un'altra idea in mente. E l’ha dichiarato a suo tempo: «La speranza è che la discussione sulla nuova legge sia occasione per una grande campagna contro la diffusione delle armi che certe politiche sicuritarie incoraggiano, aumentando il tasso di aggressività diffusa e mettendo in pericolo la vita di troppi innocenti».
Davvero non capiamo a quali politiche sicuritarie si riferisca, ma certo le paure della Adamo non sono suffragate da sufficienti elementi reali e i casi di cronaca, pur drammatici, per fortuna in Italia non sono così frequenti. Ma la senatrice milanese (nata a Novara) è molto “sensibile”, oppure ha trovato occasione per farsi pubblicità. Nel disegno di legge, firmato insieme ad altri colleghi tra cui i senatori Achille Serra (ex prefetto di Milano) e Mauro Del Vecchio (ex generale di corpo d’armata), vorrebbe disporre periodici controlli sulla permanenza dei requisiti psicofisici, ridurre la durata della licenza del porto d'armi per la caccia, istituire l’anagrafe informatizzata dei detentori di armi, nuove norme per la custodia anche delle armi a uso sportivo e, per finire, l’obbligo di un'assicurazione per la responsabilità civile.
Restrizioni vessatorie in termini di privacy, onerose e carenti scientificamente, senza alcuna contropartita in termini di sicurezza sociale. Emblematica, in questo senso, la previsione di obbligare tutti i possessori di armi a stipulare un’assicurazione (con tanto di numeri di matricola sulla polizza…), ignorando evidentemente che nessuna assicurazione sborserà mai un euro per compensare danni derivanti da un atto doloso (quali sono i crimini violenti commessi con l’uso di armi). E, poi, la previsione di una commissione di tre medici che non conoscono il paziente non risulta poter fornire valutazioni di routine migliori rispetto ai due medici attualmente coinvolti di cui almeno uno, il medico di base, conosce il paziente. Addirittura, la senatrice vorrebbe che le armi sportive siano detenute nei poligoni di tiro, cosa illegittima, ridicola e irrealizzabile.
Diciamocelo, i politici che si attivano sull’onda dell’emotività, prendendosela sempre con noialtri ci hanno un po’ stancato. Noie, burocrazia, a volte vere e proprie malversazioni. Vale proprio la pena ricordare che proprio nel 2003 l’allora ministro dell’interno Giuseppe Pisanu, dopo l’ondata emotiva dei casi di Milano e Aci Castello, con una revisione straordinaria della visita medica, non aveva potuto fare a meno di ammettere la “sostanziale affidabilità” dei detentori di armi perché meno dello 0,5 per cento delle licenze valide erano state ritirate.
Massimo Vallini