Non sarà certo la caccia questa volta ad essere additata della scomparsa della starna, visto che ormai è stato sottratto alla caccia quasi il 30% del territorio agricolo, a cui si possono aggiungere le aree di prossimità di paesi e città, ma anche dei tanti borghi della nostra bella Italia: una ricerca Toscana testimonia che in quella regione c'è già più del 40% di aree protette.
Si sta parlando molto del progetto LIFE Perdix e sembra che stia andando avanti con buona lena. Ne sono state gia immesse alcune migliaia nel Mezzano (terra mitica di starne fino agli anni ottanta) ma si ha anche notizia che duemila starne italiche di quel progetto sono state liberate nel parco dell'Orecchiella (l'allevamento è nel Centro Faunistico di Bieri) dai Carabinieri Forestali in collaborazione con l'ATC di Lucca.
Due aree, quelle del Mezzano e quella in Garfagnana, che sicuramente si possono prestare al riadattamento di questa specie che per secoli ha fatto sognare i cacciatori di tutta Europa, e non solo, visto che se ne trovano brigate fino in Mongolia.
La speranza è che da queste aree pilota, la "grigia" possa irradiarsi o, meglio, essere irradiata anche in altre aree del paese. La congiuntura sembra la migliore, visto che se il paese avrà modo di procedere al recupero ambientale e al ripristino, mutatis mutandi, del nostro amato paesaggio rurale ormai sconquassato da un'agricoltura esageratamente industrializzata, le condizioni si andranno a mano a mano ricostituendo. Predatori di vario genere permettendo.
La starna, leggo anche sul periodico dei Carabinieri Forestali, è un uccello legato agli ambienti agricoli che dagli anni Settanta del secolo scorso ha subìto un rapido declino in tutta Europa, con una diminuzione del numero di individui del 90%, e la nostra sottospecie è stata da tempo data praticamente per estinta. Salvo qualche capo, reperito in un allevamento della provincia di Modena, da cui è partito il progetto di recupero.
Un iniziativa della quale va riconosciuto il merito alle organizzazioni pubbliche e private che vi hanno creduto e che sarà bene tenere d'occhio anche dopo i sei anni previsti dal progetto. Non avrà un futuro radioso, infatti, se nel frattempo il nostro paese non avrà recuperato quelle condizioni ambientali utili non solo alla starna ma a tutte quelle specie selvatiche che un tempo erano la gioia dei nostri occhi di cacciatori. Per quasi un secolo ormai non si è più tenuto conto della circolarità biologica che consentiva la vita a una miriade di esseri meravigliosi che oggi - a causa dell'impoverimento grave della biodiversità - è scomparsa dalle nostre contrade, pur costituite per una discreta parte a parco. Come leggo, di nuovo, nel periodico dei Carabinieri Forestali, la principale causa della rarefazione della specie è da ricercare nei cambiamenti delle pratiche agricole che hanno portato alla distruzione delle siepi e degli argini inerbiti, oltre che nell’uso intensivo di erbicidi ed insetticidi. Ciò ha portato alla perdita degli ambienti idonei alla nidificazione e alla diminuzione della presenza di insetti, importante fonte alimentare per i pulcini. E anche, a mio parere, alla scomparsa della mezzadria o dei poderi a conduzione familiare, con la loro diversificazione colturale, la varietà di essenze vegetali, e di conseguenza di ambienti che stagione per stagione offrivano cibo e riparo alla starna e a tante altre specie di selvaggina. E di insetti, piccoli mammiferi ecc...
Ce la faremo? Io spero di sì, soprattutto se anche noi, cacciatori, non ci limiteremo solamente a protestare per l'elenco delle specie cacciabili o per le date sempre più ridotte dei calendari, ma saremo competenti osservatori della campagna, tutori delle sue bellezze e dell'integrità dei suoi antichi paesaggi, arcigni censori nel denunciare i tanti misfatti che il nostro patrimonio naturale ha dovuto sopportare a causa di un ambientalismo miope che oggi, per seguire le mode, si sta trasformando sempre di più in animalismo radical chic.
Sale in zucca e avanti!
Valter Brunori
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