Un piccolo passo, non c'è dubbio, così lo definisce il suo presidente, quello che ha portato la Fondazione UNA a far parte della UICN, Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, il "più grande network globale di soggetti autorevoli sul tema della conservazione della biodiversità". Ovverosia una delle principali autorità mondiali in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, che riunisce più di 1.200 organizzazioni affiliate, delle quali 200 governative e 900 non governative, coinvolge più di 17.000 scienziati ed esperti volontari, impegnati in 6 Commissioni, provenienti da circa 170 paesi nel mondo. Con sede in Svizzera, la UICN conta più di 1.400 dipendenti in 45 uffici e centinaia di partner pubblici, ONG e aziende, in tutto il mondo. Costituisce un forum neutrale per i governi, le ONG, gli scienziati, le imprese e le comunità locali nel trovare soluzioni pratiche alle sfide dello sviluppo e della conservazione. Gestisce e promuove migliaia di progetti sul campo e attività in tutto il mondo. E' osservatore Permanente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Insomma, non è cosa da poco farne parte per UNA, un organismo che insieme a centri di ricerca universitari annovera CNCN (Comitato nazionale Conservazione Caccia) e associazioni venatorie. E sicuramente si registreranno diversi mal di pancia, visto che del Comitato Italiano fanno parte fra gli altri anche WWF Italia e LIPU, fino ad oggi unici depositari della verità in fatto di conservazione del patrimonio naturale, habitat e fauna selvatica compresi.
L'UICN fra le sue prerogative ha anche quella di gestire la lista rossa delle specie a rischio, cioè l'inventario più completo al mondo dello stato di conservazione globale delle specie animali e vegetali, a cui le organizzazioni internazionali e nazionali fanno riferimento per definire disposizioni legislative in materia. Non è cosa da poco presenziare e dire la propria in consessi di tal genere e il fatto che questo sia stato da qui in avanti reso possibile significa che anche a questi livelli ci si sta rendendo conto che l'attività venatoria ha delle cose da dire utili alla causa.
Già le iniziative in corso patrocinate da UNA dimostrano capacità e lungimiranza. Una fra tutte il progetto "Selvatici e buoni", che nel momento in cui in Europa si sta per dare sostanza alla filosofia "Farm to Fork", dalla campagna alla tavola nel rispetto del cibo "buono e giusto" e della biodiversità, come minimo porterà a una riduzione degli impatti agricoli, industriali e umani nei confronti dell'ambiente, favorendo così il ripristino di migliori condizioni alla presenza di fauna selvatica.
E' troppo tempo che i cacciatori assistono inascoltati al "drammatico declino di molte specie di selvaggina", subendo peraltro ingiuste restrizioni per responsabilità che sono sempre più chiaramente da attribuire ad altri fattori. Una voce come quella di UNA ai tavoli dove si decide del benessere del pianeta e di tutti noi, cacciatori compresi, è un fatto che va sicuramente accolto con soddisfazione.
Sandro Corigliano