La "cultura" anticaccia sembra aver preso il sopravvento sulle questioni di merito nel mondo ambientalista. Se qui da noi l'ostilità verso la caccia si basa su stereotipi, pregiudizi e pressapochismo, lo dobbiamo anche all'importanza che viene data a personaggi del calibro di Mario Tozzi, che da noto anticaccia prima che da uomo di scienza, interviene puntualmente sull'argomento sfruttando la propria influenza mediatica.
Dire che la caccia è “un'attività tanto odiosa quanto inutile e dannosa” è una dimostrazione lapalissiana delle posizioni su cui si basano le “idee” dell'ambiental - animalismo italiano, che fuori da ogni ragionevolezza ritiene con arroganza di dover sopraffare una lecita attività perchè non condivisa. Come ricorda giustamente Libera Caccia, la spudoratezza nel definire i cacciatori degli “anziani signori insoddisfatti della propria vita”, dimostra la mala fede di Tozzi, che fa finta di non sapere (o forse davvero non sa) che la categoria dei cacciatori è ben più eterogenea e comprende uomini di scienza, artisti, scrittori, chirurghi, musicisti, giornalisti, così come artigiani, elettricisti, carpentieri, impiegati, operai, anziani, giovani e giovanissimi. Uomini e donne di ogni estrazione sociale ed età, tutti accomunati da una passione che ha ispirato da sempre l'arte, la poesia, la letteratura, la musica ed è patrimonio irrununciabile delle nostre tradizioni.
In quella serie di esternazioni, l'ex conduttore di Gaia, riporta a galla gli argomenti che hanno più scaldato i toni delle polemiche contro il disegno Orsi in tutti questi mesi, sottolineando per esempio quanto sia assurdo concedere la caccia a 16 anni. Al di là del fatto che Tozzi preso com'è a combattere la caccia non sa o forse non vuole accettare l'idea che tale proposta non faccia più parte del testo al Senato, può mai essere così assurda una disposizione applicata con successo in altri paesi europei e possibile grazie ad una direttiva comunitaria che disciplina il diritto delle armi?
L'ostilità di Tozzi assume colorazioni talmente accese da far chiaramente pensare ad un problema di tipo personale. Così come spiegato da un suo stesso commento in merito ad un proprio articolo pubblicato dalla rivista di Coop qualche mese fa, questo odio per l'attività venatoria è riconducibile alla sua scelta di non mangiare carne (Ndr occorre qui ricordare che Coop consumatori ha dovuto fare un passo indietro, chiedendo scusa ai suoi lettori per aver pubblicato una posizione così estremista che ha offeso alcuni lettori ). E' chiaro che estendere una scelta, lecita quanto vogliamo, ma pur sempre personale, fino all'offesa e all'oltraggio di coloro che hanno altrettanto autonomamente scelto di condurre la propria vita su altri valori, è una manifestazione lampante di un'arroganza mentale profonda.
Vogliamo sperare che il geologo Tozzi avrà modo un giorno di rendersi conto di tutto questo, magari, tra una picconata e l'altra, lui che di grotte e caverne dovrebbe capirne, osservando da vicino le testimonianze rupestri dei nostri antenati, che hanno dato vita alle prime forme dell'arte attraverso la necessità di lasciare un segno di sé da tramandare alle future generazioni, ed hanno reso immortali le proprie scene di caccia, imprimendole sulla pietra che ancora oggi ci ricorda chi siamo e da dove veniamo.
I vari anticaccia sono purtroppo lo specchio dell'ambientalismo italiano. Mentre nella maggior parte dei paesi europei i movimenti verdi danno una spinta costruttiva ai propri governi e contribuiscono ad instaurare una fervente critica sui temi del risparmio energetico (tanto sentiti dall'opinione quanto dalle diverse sensibilità politiche), in Italia, Paese a grande tradizione rurale, tutto questo è secondario. Qui da noi la coscienza verde tace sui grandi temi come energia, qualità dell'aria, gestione dell'acqua, deforestazione, urbanizzazione selvaggia, inquinamento industriale. Poche foglie si sono mosse anche davanti a scandali di enorme portata come quello della cattiva gestione dei rifiuti di Napoli.
In compenso quando si parla di caccia, una lecita attività praticata da 700 mila persone autorizzate dalla legge non prima di acquisire determinate conoscenze faunistiche (che la maggior parte degli ambientalisti si sogna) e tecniche, si elevano cori di disappunto generalizzati e infamanti. Del resto, come sappiamo, erigere l'attività venatoria al ruolo di antagonista principale rispetto ai buoni sentimenti verso animali e natura, è di per sé un facile terreno per accalappiare consensi (ed esborsi), linfa vitale dell'associazionismo verde perchè permette ad esso di proliferare ed espandere la propria area di influenza attraverso aree protette e oasi varie. Non è un caso che dai tempi del referendum caccia sì caccia no, i movimenti ecologisti e animalisti siano spuntati come funghi.
Ma un ruolo determinante nella sfera d'influenza di tali movimenti lo svolgono gli organi di informazione. Del resto, c'è da porsi qualche domanda se trasmissioni di approfondimento varie, parlando di animali e natura interpellano sempre gli stessi soggetti.
Solo per fare un esempio, crediamo che sia un caso che ad una trasmissione di Raitre (animali&animali) quasi quotidianamente si senta l'opinione del presidente di Lav Gianluca Felicetti (noto anticaccia) in fatto di fauna selvatica? O se i telegiornali nazionali affrontano il dramma dell'invasione dei cinghiali tra una curiosità e l'altra, facendo passare il fatto per una innocua stranezza e dimenticano di accennare la rilevanza del problema sotto il profilo scientifico e ambientale? Proprio sui cinghiali, vera emergenza per l'agricoltura di questo paese, negli ultimi mesi ne abbiamo sentite di tutti i colori: li abbiamo visti accarezzati, battezzati, catturati ma poi liberati e addirittura adottati da ministri! Il tutto mentre la riforma alla 157 muoveva i suoi primi passi in Parlamento osteggiata da alcuni di questi stessi ministri oltre che da movimenti, partiti dell'opposizione e frange interne alla maggioranza, che si è vista costretta a ricucire le proprie alleanze dribblando i pericoli di perdere i propri consensi. Abbiamo visto poi uno dopo l'altro i ricorsi al Tar delle associazioni ambientaliste, indignate a prescindere, prima sui piani di contenimento, poi sulla caccia di selezione, poi ancora per i calendari venatori, le deroghe e le aperture anticipate. Abbiamo visto tutte le associazioni animaliste, ambientaliste affrontare la riforma della caccia a colpi di falsità, - fedelmente riportati dalle agenzie stampa come verità - e strumentalizzazioni “di pancia”, mai nel merito dei veri contenuti della proposta di legge di Orsi. Come gli interventi strampalati del Sig. Tozzi, dei quali, onestamente anche il mondo ambientalista dovrebbe fare a meno, guadagnadone in credibilità.
Visto che ha avuto il coraggio di gettare fango sull'arte venatoria, chiediamo al Sig. Tozzi di dimostrarne altrettanto chiedendo scusa alla famiglia di uno dei ragazzi morti in questi giorni in Afghanistan, appassionato cacciatore e onesto cittadino prima che soldato prestato alla missione di pace in cui ha perso la vita.