Quella che una volta era la patria di santi, poeti e di tante altre straordinarie personalità, oggi è una piccola nazione di trasformisti e di riciclati che (per ironia della sorte o peggio) non riesce a trasformare e riciclare in maniera civile i milioni e milioni di tonnellate di rifiuti che produce.
Un paese deturpato dagli incendi e martoriato da frane, alluvioni e terremoti; un paese ad alta velocità e di grandi opere promesse, ma colmo di piccole quotidianità che non funzionano, come l'ambulatorio o il trenino dei pendolari. Un paese dove un serafico ministro dell'Ambiente trova il tempo e la passione per lanciarsi in una personalissima crociata contro la caccia ma -chissà perché- non riesce a trovare il coraggio e la determinazione per dare un taglio drastico alle buste di plastica che, a forza di rinvii, hanno prodotto e continuano a produrre scempi ambientali e stragi di fauna marina. Un paese devastato dal tumore maligno di corrotti e corruttori (lo ha detto la Corte dei Conti) nascosti nelle pieghe di tante amministrazioni, e di politici voltagabbana buoni per tutte le stagioni. Di cacciatori pentiti che diventano ambientalisti e poi parlamentari, e perfino di ecologisti antinuclearisti che invertono la rotta trasformandosi in Mujaheddin dell'uranio arricchito.
Un paese nel quale, con una facilità talvolta sospetta, si può cambiare idea su tutto, ma non sulla caccia che può solo essere eradicata come si fa con una mala pianta puzzolente e velenosa.
La lista dei pentiti, dei trasformisti e dei riciclati è così lunga da scoraggiare qualsiasi tentativo di metterla sulla carta, ma c'è un esempio così eclatante che vale la pena di essere esaminato con un minimo di attenzione.
Il miracolo dei miracoli risponde al nome di Enrico Testa, detto Chicco, un bergamasco con una storia sicuramente singolare che lo ha visto schierato, in epoche diverse, sia contro che in favore dell'energia nucleare. Ma per comprendere meglio questa mirabile evoluzione, bisogna ripercorrerla tutta la storia del navigato ambientalista che, nella Milano da bere degli anni settanta e ottanta, studiava con profitto da filosofo ma anche da contestatore professionista. All'interno di quella straordinaria fucina nata dall'Arci con il nome di Lega per l'ambiente (la futura Legambiente, madre prolifica di tanti politici di fama) il bel giovane si perfezionò rapidamente, mettendosi in mostra per il fervore barricadiero messo al servizio di un ambientalismo sempre più intransigente, massimalista, anticaccia e soprattutto antinucleare. Proprio in quegli anni, infatti, nei confronti dell'energia atomica, cominciava a montare un'ostilità feroce, cavalcata a briglie sciolte dalla neonata associazione ambientalista che, nel frattempo, continuava ad alimentare nella pubblica opinione (e da allora non ha mai più smesso) la fobia della caccia e dei cacciatori.
Nel corso del decennio, le due avversioni sfociarono nella stagione dei referendum con scontri sociali laceranti che, manco a dirlo, videro fra i principali condottieri proprio Chicco Testa, l'appassionato ambientalista duro e puro, che si divideva instancabile tra dibattiti contro la caccia e convegni contro le centrali sataniche, giocando pesantemente il jolly emotivo di Chernobyl e dipingendo il nucleare come l'inizio dell'apocalisse.
Come sia andata a finire quella stagione lo sanno tutti, ma non tutti sanno che oggi, l'indomito paladino di un ambiente senza centrali atomiche e senza cacciatori è diventato un uomo completamente diverso. Almeno per quello che riguarda l'uranio.
Infatti, l'appassionato guerriero, abbandonata la contestazione urbana dei turbolenti anni ottanta, comincia a coltivare amicizie importanti, fra le quali -così dicono le cronache e il web- una certa Stefania Prestigiacomo. Agli inizi dell'ultimo decennio del secolo, un grande amico come Rutelli, ormai diventato un ex Verde ma con la fascia di Sindaco di Roma, lo gratifica con l'autorevole incarico di presidente dell'Acea, l'azienda romana dell'energia. Passano un paio di anni di proficuo apprendistato e, all'indomani della vittoria dell'Ulivo alle elezioni del 1996, Chicco Testa fa il grande salto di qualità mettendosi al comando di Enel, per un modico compenso annuo iniziale che, si dice, fosse di circa 400 milioni del vecchio conio. E su quella poltrona inizia la fase più rapida della trasformazione dell'antico presidente e segretario di Legambiente il quale, mentre arrotonda le entrate sedendo in molti e potenti Consigli di Amministrazione, si converte come Paolo di Tarso sulla via di Damasco. Solo che quella che gli grida “Perché mi perseguiti?” non è la voce del Signore, ma quella dell'uranio.
Così l'infallibile guru ambientalista che trent'anni fa lanciava anatemi contro Montalto di Castro, è diventato un altro guru (sempre ambientalista e sempre infallibile, per carità) che però predica l’ineluttabile esigenza di ripensare il nucleare come l'unica via saggia da percorrere.
Un vero miracolo? Si, ma non completo, perché il Testa, nonostante le sue radicali mutazioni, è rimasto l'irriducibile anticaccia di prima. Se possibile, ancora più anticaccia di prima.
Come si vede, nel Paese più bello del mondo e più strano del mondo, non c'è niente su cui non si possa cambiare opinione: i convincimenti politici, le passioni, i mestieri. Tutto si può ridiscutere, anche le centrali nucleari e gli OGM, ma guai a “ripensare” la caccia. Anche se i cacciatori sono ridotti ad un terzo, e il nostro territorio è ricco di biodiversità e di fauna selvatica, la caccia era e resta il peggiore di tutti i mali per coloro che così la vogliono ancora vedere. Tant'è, che un Ministro come l'On. Prestigiacomo riesce a stupirsi (e a rammaricarsi) del fatto che un cacciatore come il Senatore Franco Orsi sia membro della Commissione ambiente, ma non trova proprio nulla di strano in un ambientalista con la missione dell'energia atomica.
Evidentemente, in Italia si può davvero fare di tutto. Di tutto e di più. Tranne che essere cacciatori.