Abbiamo letto tutti, in questi giorni, i dati della nuova indagine del Prof. Finzi di Astra Ricerche sul rapporto fra la caccia e gli italiani. Nel marasma in cui si sta dibattendo il paese per vicende tanto serie quanto grottesche, per la caccia sembra che si aprano deboli spiragli di sereno. O quantomeno, dalla lettura di questi dati pare proprio che timidamente qualcuno stia prendendo in mano la situazione.
Riassumiamo in breve i punti cardine emersi dall'indagine.
Secondo i dati prodotti, i cacciatori italiani stanno "resistendo" alla grande. Non risultano cali vistosi, come da più parti invece si andava paventando. Di più: si consolida una fascia di ventenni-trenta/quarantenni che può garantire buone prospettive per il futuro. Un dato che fra i tanti salta agli occhi, è che comunque, a fianco della milionata di cacciatori attivi, se ne registrano ben oltre i due milioni e mezzo di ex. Un serbatoio che almeno in parte potrebbe essere riattivato, se si riuscisse a ridare un po' più di fiducia ai tanti scontenti che il fucile al chiodo l'hanno attaccato non per convinzione ma per disperazione.
E il difetto che ancora ci penalizza, anche se ridotto rispetto al passato, è che ci sono ancora molti italiani che della caccia sanno poco o niente. Non sanno che per ottenere la licenza bisogna essere incensurati, non sanno che la nostra attività è fra le più rigorosamente regolate in Europa, non sanno che è utile (io direi necessaria) per tenere sotto controllo gli equilibri fra fauna selvatica e territorio: gli ultimi irriducibili ignoranti non hanno ancora capito che i territori selvaggi in Europa sono millenni che non ci sono più. Tutto è frutto della sapiente opera dell'uomo. Sono ancora più del venti per cento quelli che della caccia - ripeto - ignorano tutto, ed è probabile che sia per questo che ancora si registrano ostili ottusità (poco più del trenta per cento, che volendo si può estendere un po' più in sù, ma non certo a quelle cifre bibliche della Brambilla e dei suoi accoliti), soprattutto nel Lazio e nel sud, in particolare in donne e in gente di scarso livello culturale. Come cambia il mondo! Prima, in campagna, era soprattutto la gente di poca istruzione (ma ricca di una saggezza secolare) che sapeva dei drammi e delle meraviglie della natura e condivideva le gioie e i dolori della caccia. Oggi, con l'inciviltà metropolitana che avanza, è tutto il contrario. E appare buffo ma non inverosimile che certe sacche di anticaccia corrispondano ad aree dove non si fa la raccolta differenziata, dove manca una minima cultura dei valori ambientali, dove di natura e di ambiente (medio-grandi aree metropolitane) se ne vede proprio poco. Anche se, è un dato che fa sperare, la componente radical-animalista risulta essere fortemente criticata da più della metà degli italiani.
Dato positivo, quello della crescita, seppur leggera per ora, della conoscenza dei nostri riti e della nostra realtà da parte di un pubblico estraneo. Insieme a un consolidamento di stima e simpatia nei nostri confronti: dicono di noi che siamo estroversi, un po' casinisti e sbruffoni nel raccontare delle nostre avventure, monomaniaci (anch'io ho conosciuto gente che non ha mollato la caccia neanche il giorno del matrimonio), amanti della natura, della vita all'aria aperta e della buona tavola. Gente positiva, insomma. Alla faccia di chi vorrebbe far credere il contrario.
Quali le prime, modeste, considerazioni personali.
La prima, formale: l'operazione fa registrare da qualche tempo un riavvicinamento fra tutte le associazioni venatorie riconosciute. Merito del CNCN che investendo ormai da anni soprattutto in ricerche come questa riesce a mettere insieme Face, Anuu, Enalcaccia, Federcaccia, LiberaCaccia e, oggi, ...Arcicaccia. Segno, se posso dire, che qualcosa si muove anche sul fronte di quel processo di unificazione o quantomeno di coordinamento che la stragrande maggioranza dei cacciatori da tempo invoca.
La seconda, non meno importante: ovvero la conferma che con una azione di comunicazione più attenta, più ordinata, più costante, complessa e articolata, si riesce a trasmettere segnali rassicuranti e positivi nei confronti di un'opinione pubblica che per troppo tempo è rimasta in balia delle frange più integraliste di quella fauna pittoresca ma sempre più pericolosa che va sotto la generica definizione di animalisti. Alimentata ad arte, oggi, per questioni di cassetta, anche da quelle componenti ecologiste che fallite storicamente cercano di salvare la pelle scadendo nella più turpe demagogia. Ma di questo, se son rose, avremo modo con piacere di argomentare prossimamente.
La terza, una piccola nota narcisistica (sono vecchio ormai, e canuto; spero mi sia concessa): la campagna promozionale di Federcaccia Toscana, ripresa con grandissimo successo quest'anno con le ironiche ma caustiche vignette di Giuliano, può essere un modo azzeccato di comunicare con un pubblico distratto. Sono le vignette di quello stesso Giuliano che il sottoscritto mise per la prima volta in pista al tempo del referendum che fece giustizia delle tante ingiustizie consumate allora ai nostri danni. Ricordate le vignette sulla copertina di Diana? Ricordate il badge con lo slogan Referendum/NoGrazie?
Teniamone di conto di questo grande Giuliano!
In bocca al lupo a tutti.
Giuliano Incerpi
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