Sappiamo poco di come verrà affrontato a Bruxelles il rinnovo delle linee nazionali del Key Concept, dopo la bagarre leggermente impudica consumatasi sui tavoli del Ministero dell'Ambiente, fra rappresentanti delle Regioni, Ministero dell'Agricoltura, rappresentanze venatorie e tecnici al seguito, tutti compatti a confutare i dati e contestare nel merito i metodi poco galileiani adottati dall'eterno dirimpettaio, che è l'ISPRA, notoriamente aduso anche a negare l'evidenza (per mancanza di dati, come spesso si giustifica).
Il fatto è, come hanno insistito - inutilmente, sembra - a dimostrare i ricercatori messi al lavoro dalle regioni e dalle associazioni venatorie, che i conti non tornano. L'Ispra sostiene una cosa (sostiene, non dimostra, dicono i report delle associazioni), ma altrove, ai corrispettivi paralleli terrestri, a fianco delle nostre coste e dei nostri confini, due-tre colpi d'ala non di più, ne risulta un'altra. Tanto che le date di apertura e di chiusura della caccia sono di ben altra caratura.
Ci si ostina da tempo nel rappresentare sfraceli bio-ornitologici e ad addossarli alla caccia, chiedendo perfino di chiudere al prelievo di alcune specie (per lo storno la cosa sta per diventare ridicola se non tragica, visto che proprio in questi giorni, alla prim'acqua, a Roma la sindaca Raggi, paladina ecologista e probabilmente gattara, è costretta a chiudere il Lungotevere, causa guano), mentre tutti sanno che eventualmente le cause sono ben altre, per le quali si insiste a fare gli gnorri. Anzi, a peggiorarle. Si varano leggi che consentono di allargare le maglie allo sversamento di sostanze inquinanti (Decreto Genova), si cambiano i virtuali "cartelli indicatori" della Terra dei Fuochi (a sud come a nord), riproponendoli con la scritta "Terra dei CUORI", pensando così di convincere il popolo inerme, e sempre più stanco di chiacchiere, di aver risolto il problema.
Si sbertucciano i cacciatori, anche con fake news, additandoli - insensibili e crudeli - al pubblico ludibrio della nazione, mentre anche in occasione delle ultime calamità, in Calabria e Sicilia come in Veneto e in Toscana, sono stati i primi a correre e soccorrere a fianco della Protezione Civile.
Che rischi corrono allora le popolazioni di uccelli?
Le specie italiane, in particolare quelle oggetto di caccia, molto pochi. E certamente non per la caccia o per una decade in più o in meno all'apertura o alla chiusura. Si reclamano paralleli con un improbabile Flyway, che poi discende dalle banche dati di UICN & Birdlife, ma se tanto tanto si va a controllare si apprende che la sigletta che li accompagna (i nostri uccelli) è la classica LC (Least Concern, ovvero di "minima preoccupazione"). Quando, addirittura, ed è più frequente, non sono stabili o in crescita, come alcune specie oggetto di cacce molto praticate. Basta citare il Tordo, o il Colombaccio, o anche la Tortora dal collare (autorizzata in deroga, in aree sempre più vaste del paese).
Se questi organismi sovranazionali hanno delle preoccupazioni, e gravi, come cacciatori fortunatamente non ci riguardano. Ci riguardano invece come cittadini, visto che in testa alla classifica sono annoverate l'Otarda (chi l'ha vista?) e la Gallina prataiola (chi l'ha rivista?). Tutt'e due sono testimonial negativi delle cause che, ancora oggi, i facenti funzione di ministri e leader delle più blasonate consorterie ambientaliste fanno finta di non conoscere. Eppure, sono proprio questi organismi internazionali che ce lo ricordano. Vedi per esempio il Landbirds Action Plan (African Eurasian Migratory Species; fonte Flyway), che stila una bella classifica di minacce con tanto di priorità. Come la mancata conservazione di habitat a causa dell'agricoltura intensiva. La riduzione dei pascoli. La mancata o errata forestazione e riforestazione. La sciagurata gestione delle acque. L'empio utilizzo dei combustibili fossili. La disordinata gestione integrata del territorio, con la peccaminosa incuria delle aree protette. Tanto per dire, in Italia abbiamo più di un terzo di territorio interdetto alla caccia: su cui un Ministero dell'Ambiente coerente, certi suoi soloni e i tanti epigoni del nostrano ambientalismo da operetta si dovrebbero applicare per costituire, o eventualmente ricostituire, quei "paradisi per gli uccelli selvatici" che vanno scomparendo. Quasi unico baluardo i cacciatori, che per interesse proprio mantengono intatti i residui ambienti favorevoli al passaggio e alla sosta delle popolazioni migranti.
Senza contare i cambiamenti climatici, che sicuramente porteranno presto ulteriori disorientamenti per molte specie migratrici, e non solo.
Poi, a seguire, fra le minacce, c'è il "prelievo" abbinato al "commercio", riferito a un elenco (Allegato A) che tuttavia non evidenzia specie alcuna oggetto di caccia in Italia. Ma che strano!, signori della giuria che sentenziate ai tavoli. Non fate altro che prendere una cantonata dopo l'altra.
Lo stesso Action Plan propone soluzioni ambiziose, peraltro auspicabili. Riguardano l'educazione e l'informazione, da estendere a un areale enorme che va dall'Europa all'Africa, all'Asia. Decine di paesi, in parte poco inclini per ragioni storiche ed economiche alle buone pratiche ambientali, tanto che - volendo ottenere qualche risultato - si dovrà adottare il concetto per altri versi abusato dell' "aiutiamoli a casa loro". Che non sarebbe sbagliato, se utilizzassimo quelle poche nostre risorse e intelligenze, che invece sprechiamo con politiche vessatorie che non portano a niente se non a effimeri consensi a vantaggio di "ambientalisti da salotto". Per inciso, la differenza fra i successi di alcuni verdi del nord Europa rispetto ai reiterati ridicoli fallimenti dell'ambientalismo nostrano ne è la più luminosa riprova. Tanto più che oggi, certa gente - gettata la maschera - fa sfoggio di sè nelle stanze del potere. Abbiamo il presidente della Lipu al ministero dell'ambiente e la presidente del WWF Italia che occhieggia nei weekend da un prestigioso schermo televisivo, inveendo contro la caccia, magari mentre palpeggia un pesce che boccheggia. Ci sta anche la rima.
Pensa un po'?! Tutto questo, mentre il presidente del WWF britannico (figlio fra l'altro di un ex presidente mondiale dello stesso sodalizio) festeggia i suoi settant'anni andando a caccia con tutta la famiglia. Reale!
Pietro Parrini