DOVE VA LA CACCIA. INCHIESTA BIGHUNTER.IT
"Io nasco con una grande passione per la caccia con il cane da ferma: starne e coturnici innanzitutto ma anche quaglie e beccacce, senza disdegnare, di tanto in tanto, qualche acquatico - dichiara subito Paolo Sparvoli, presidente della ANLC - Poi, prosegue, venendo a mancare starne e coturnici nei nostri territori ho praticato la caccia alla lepre. Infine è arrivato il cinghiale e insieme ad altri amici ho costituito la prima squadra da cinghiale nella quale il mio ruolo principale era quello di canaio. Oggi mi considero – orgogliosamente – un cacciatore generalista e appena posso, e a seconda delle stagioni e dei luoghi, pratico qualsiasi forma di caccia. Se però dovessi sceglierne solo due, direi cinghiale e migratoria."
"Credo di essere un cacciatore un po’ fuori dallo schema classico - ecco come si definisce - che fa registrare una sempre maggiore specializzazione in una o massimo due forme di caccia con l’abbandono delle altre. In effetti, posso dire di aver compiuto un percorso inverso: dalla caccia pressoché esclusiva al cinghiale in braccata, oggi sempre più spesso pratico altre forme di caccia, specie alla migratoria e agli acquatici. Credo che questo mio percorso apparentemente insolito dipenda in gran parte proprio dalla grande attenzione che la Libera Caccia ha sempre prestato ad ogni tipologia di caccia, senza nutrire alcuna preferenza nei confronti di una pratica venatoria particolare. Dai cinghialai ai migratoristi; dai puristi della caccia con il cane da ferma o da seguita su lepre ai capannisti; dai cacciatori di montagna a quelli di palude, tutti hanno la stessa identica dignità e meritano lo stesso rispetto. E ogni pratica venatoria va conosciuta e difesa perché non esistono cacce di serie A, da apprezzare, e cacce di serie B da guardare con sufficienza e da condannare."
E della caccia di oggi, cosa dice? "Il cambiamento più evidente- tiene a precisare - è legato proprio alla diversa visione e considerazione delle varie forme di caccia, non solo da parte della società ma anche fra gli stessi cacciatori. Per tutta una serie di motivi, sembra che l’opinione pubblica sia più bendisposta nei confronti di chi pratica forme molto specialistiche di caccia – penso alla cosiddetta selezione, per esempio – piuttosto che nei confronti dei migratoristi, che vengono ingiustamente accusati di ogni nefandezza e di uccidere quelli che vengono comunemente descritti come i piccoli uccellini, senza fare troppe distinzioni fra palombacci, allodole, tordi o storni."
"L’ambiente è cambiato in tutto e in peggio - conferma; come tutti sappiamo, purtroppo, la grande urbanizzazione, l’abbandono delle campagne più disagiate e meno produttive e la scelta di praticare coltivazioni intensive ed estensive ha provocato profondi mutamenti negli equilibri naturali - per questo, "l’aumento smisurato di alcune specie di fauna selvatica, l’uso massiccio e sconsiderato di fitofarmaci, erbicidi e pesticidi, lo sfruttamento delle risorse idriche, la criminale e (apparentemente) incontrastata gestione dei rifiuti e la stessa devastazione prodotta dagli incendi, sono i sintomi più evidenti di questo che io definisco malessere ambientale. Una patologia che viene spesso attribuita alla caccia che invece – e qui sta il paradosso – deve essere considerata parte integrante di una cura in grado di ristabilire i giusti equilibri naturali."
Tutto questo ha portato a una ostilità così violenta che è in grado di annientare anche le passioni più forti. "La caccia non si sta trasformando - accusa - La stanno trasformando! Dopo il fallimento degli innumerevoli tentativi referendari, la strategia ora è cambiata e al posto degli attacchi frontali, assistiamo ad uno stillicidio incessante di restrizioni, spesso del tutto immotivate dal punto di vista scientifico, che stanno rendendo sempre più complesso e difficile diventare o restare cacciatori. Tutti i recenti cambiamenti (riduzione dei tempi e delle specie cacciabili, ricerca di specializzazioni venatorie sempre più estreme ecc.) sono il risultato di questa strategia anticaccia studiata a tavolino e messa in pratica da politici, magistrati e funzionari amministrativi che sono sempre più attenti e sensibili nei confronti delle istanze animaliste e che considerano i cacciatori come criminali da eliminare".
Forse anche per questo, molti sono estremamente scettici e prevedono scenari apocalittici. "Io non posso dire di vedere un futuro roseo - prosegue - ma continuo ad essere moderatamente ottimista perché ritengo che l’attività venatoria sia non solo sostenibile socialmente e scientificamente ma costituisca addirittura una componente indispensabile per gestire in maniera intelligente l’habitat naturale. In tutta Europa i cacciatori sono parte integrante di un progetto scientifico (e politico) che mira alla vera salvaguardia di tutto ambiente: boschi; corsi d’acqua; agricoltura; zootecnia; foreste, economia rurale. In Italia, invece, tutto è incentrato su un animalismo integralista che finisce per perdere di vista l’intera realtà ambientale. Ma prima o poi qualcuno si accorgerà che questo fanatismo miope non porta da nessuna parte e provoca squilibri mostruosi e deleteri".
"La caccia non è perfetta - conclude - e i cacciatori lo sono ancora meno. Ma questo avviene in ogni settore della vita civile dove esistono vette di eccellenza e abissi di abiezione e di degrado. E proprio come avviene in tutti i settori, nessuno escluso, la prima pulizia va fatta dall’interno. Le mele marce vanno isolate in modo che non possano contaminare quelle buone ma questa operazione di pulizia deve essere fatta in maniera intelligente e non sparando a casaccio nel mucchio. Nel corso degli ultimi 20 o 30 anni il cacciatore si è evoluto e da solitario e individualista è diventato (anche grazie alla caccia in braccata e in battuta al cinghiale) sempre più gregario, più maturo e più consapevole. Se si tolgono per un attimo i paraocchi animalisti ci si accorge che le varie associazioni, anche a carattere locale, sono diventate particolarmente sensibili alle problematiche ambientali. La loro completa conoscenza del territorio li rende perfetti collaboratori delle forze dell’ordine e della protezione civile e, sempre più spesso, sono proprio i cacciatori a realizzare interventi di pulizia e di bonifica ambientale oltre che di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi. Queste operazioni di carattere sociale, peraltro sempre più numerose, si stanno aggiungendo alla normale attività di gestione faunistica come i censimenti e i foraggiamenti invernali. Continuare a considerare i cacciatori come dei cittadini inferiori e nocivi è non solo moralmente riprovevole ma anche socialmente scorretto e assolutamente pericoloso per una vera e complessiva tutela ambientale."
La redazione Accedi su WeHunter per parlare della tua caccia preferita
|