Nel 2018 in Perù, durante uno scavo archeologico, emerse una tomba di un importante cacciatore vissuto più o meno 9 mila anni fa sull’altopiano delle Ande. A testimoniarlo la grande quantità di strumenti per la caccia rinvenuti: un fornito corredo di punte di lancia e utensili per lavorare carni e pelli. Indiscusso che si trattasse di un personaggio importante, un grande cacciatore, un capo. Stranamente però le ossa ritrovate erano più sottili e leggere. Si scoprì, con grande sorpresa e con una punta di sconcerto, che il cacciatore era in realtà una cacciatrice. Le analisi dei resti confermarono che doveva trattarsi di una giovane, morta tra i 17 e i 19 anni. La scoperta ha aperto un grande dibattito, che ha rimesso in discussione ciò che finora pensavamo sulla divisione del lavoro in era preistorica.
Ne sono seguiti approfonditi studi, che hanno fatto emergere altre donne trovate nelle medesime condizioni di sepoltura. Analizzando i rapporti su altri scavi condotti in America del sud, su 107 sepolture, sono emerse altre 10 donne (contro 16 uomini) sepolte con i loro strumenti di caccia. Il che dimostrerebbe che le donne all’epoca rappresentavano circa il 30-50% dei cacciatori di grossa selvaggina e che dunque la partecipazione da parte delle donne a battute di caccia di animali di grossa taglia non era certo qualcosa di eccezionale, ma, al contrario, che esse potevano essere grandi cacciatrici e riconosciute come tali, esattamente come i colleghi uomini.
Una scoperta importante, perché rimette in discussione ciò che sapevamo finora della vita di quei tempi, non poi così primitivi quindi come credevamo. Crolla l’atavica convinzione che la donna fosse relegata alle attività di raccolta e cura della prole e fa capolino una nuova consapevolezza. Forse i ruoli di genere che diamo scontati anche oggi, non sono poi così ancestrali, e, forse, nemmeno naturali. Le prove dell’esistenza di donne cacciatrici per altro ci sono già da tempo, ma sembra siano state ignorate o mal catalogate. Analizzando diversi altri dati raccolti in passato, i ricercatori si sono accorti che il pregiudizio culturale ha falsato anche il modo in cui sono stati analizzati e raccolti i campioni. Almeno questo emerge dal dibattito in corso tra gli archeologi, che sul tema stanno pubblicando diversi studi scientifici comparativi.
Del resto di donne cacciatrici se ne contano a iosa anche oggi. Sempre di più grazie all’avvento di internet e dei social, che qualche merito sociale lo hanno veramente, per fortuna. Grazie al potere della condivisione e dell’emulazione, oggi le donne cacciatrici si mostrano in tutta la loro fierezza, smantellando a colpi di piccone ogni tabù e portando avanti la bandiera di una caccia nobile, educata e rispettosa della natura. Le Diane moderne sono spesso anche studentesse, mamme e lavoratrici. Trovano il tempo di fare tutto, perché al pari dei loro amici e mariti, hanno una forte passione che le guida in quello che è uno stile di vita ben radicato grazie ad un contatto mai perso con gli elementi naturali. Il loro ruolo è cruciale perché, anche se non sono più sicuramente solo loro ad occuparsi della crescita e dell’educazione dei figli (e meno male!), è da sempre la madre a lasciare segni più profondi nella psiche di ogni individuo su ciò che rappresentiamo nel mondo e ciò che il mondo che ci circonda significa per noi. Questi bimbi fortunati hanno la possibilità di orientarsi in un sistema di valori antico come il mondo, che sicuramente formerà personalità salde e consapevoli, all’occorrenza capaci di procurarsi un piatto di buona carne di qualità. Il che non è male con i tempi che corrono...
Cinzia Funcis