Dove va la caccia? Inchiesta di BigHunter.it. Parlano i giovani. La parola a Daniele Pedranghelu
"Orgogliosamente sardo", anche se attualmente vive in Piemonte (ad Alessandria), agente di Polizia, Daniele pratica ormai da diversi anni la caccia col cane da ferma, dedicandosi in via preferenziale alla selvaggina migratoria minore cacciabile appunto col cane da ferma. Saltuariamente dedica alcune mattinate alla caccia d'appostamento alla migratoria maggiore (anatre in particolar modo, ma anche colombacci).
Curioso, singolare, l'aneddoto che racconta.
"A volte capita di incontrare donne a caccia. - dice - ma in questo caso si tratta di due agenti della LAC in divisa e distintivo in bella evidenza. Ci conosciamo già, almeno con una.
Un dialogo tranquillo
"Nulla?"
"Giornata finita quando sole tramontare..."
"Il cane ha il microchip?"
"Controlla!"
"No, lo so che non ti frego! Lo tieni in un box di un metro per uno?"
"Vieni a casa e vedi dove sta e come sta!"
Risate.
Si chiacchiera del più e del meno. Non sono esacerbate contro la caccia come credevo. Quella che non conosco racconta di aver subito minacce e più di una volta ha raccolto coppi e vetri rotti dalle fucilate ravvicinate o ha curato i suoi animali feriti.
"Purtroppo le mele marce sono ovunque. Io ho visto macchine e strutture di proprietà spaccate da animalisti!"
"Noi con quelli non ci abbiamo niente a che fare. In certi casi sono meglio i cacciatori che certi estremisti!".
Trasecolo.
Mi viene spesso da pensare che ci facciamo del male da soli e tantissime volte è fin troppo vero. La nostra è una passione antica, una passione forte e sanguigna, non sanguinaria, ma che va tenuta sotto controllo in tanti sensi. Questa nostra passione comporta privilegi e responsabilità. Occorre ormai mettere dei paletti seri: ci sono errori e cavolate nell'esercizio della nostra passione che possono costarci caro. Gli eccessi, invece, quelli vanno bocciati senza appello. Cerchiamo di viverla con serenità, con quella giusta dose di entusiasmo controllato, il giusto habitus mentale in campagna. Modi da campagna e alto profilo sempre.
Siamo certi che con un diverso comportamento non ci saremmo evitati almeno qualcuno contro?
Se in un'assolata domenica in periodo di caccia, un cacciatore ancora "in tenuta" e due dichiaratamente "anti", vegane, etc., trovano il tempo per fare una piacevole chiacchierata, perchè non trovare, almeno alla base, punti di contatto? Alla base intendo, perchè è ovvio che con un'associazione che si chiama Lega Anti Caccia, in sedi istituzionali credo sia impossibile... Intanto, per parte mia, ho segnalato il problema dell'inquinamento nella zona, utilizzata a discarica e mi hanno promesso che vigileranno.
"Poi voi gli animali li ammazzate però...".
"Ne ammazza più l'inquinamento!"
"Tutto fa..."
"Già, ma se fai il giro non vedi un'anatra, una gallinella d'acqua, una nutria. Tutte sterminate dai cacciatori?"
"No, hai ragione!"
Ora potrebbe essere che ho trovato io i soli ragionanti o forse no, chissà!
Ah, sul più bello delle argomentazioni, un maschio di fagiano si è staccato dal bordo della strada provinciale senza nessun disturbo, ci è passato sulle teste e si è rimesso in un campo di pannelli fotovoltaici.
"Ci sei rimasto male?"
"No, non sarei mai andato così vicino ad una strada. E per la prossima volta ho un animale in più da venire a cercare!"
Ovviamente soffocando improperi e blasfemie varie.
Ma non credo di essere tornato a casa col carniere vuoto...
Divertente, Daniele. Secondo lui, il rapporto con la società è profondamente mutato causa la profonda antropizzazione dell'ambiente rurale e in alcuni casi, per l'incapacità di molti cacciatori nel sostenere battaglie dialettiche con chi è contrario alla caccia. Ad esempio, dice, "per me è chiaro e naturale il perchè vado a caccia e dire che amo la natura e gli animali; ma se non sono in grado di tradurre in parole quello che provo, faccio la figura del minus habens"...
E' l'antropizzazione - afferma - "che prima ha portato ad una profonda modifica dell'ambiente che si ripercuote ovviamente anche sulla fauna. Il moltipliplicarsi delle colture intensive, il progressivo ridursi degli ambienti, la sparizione delle zone umide, l'utilizzo di prodotti chimici in agricoltura, la distruzione di boschi e siepi costituiscono ferite non facilmente rimarginabili. E queste solo per citarne alcune".
Per questo "la caccia si è già trasformata. La proliferazione di ungulati ne ha agevolato la trasformazione. E questo anche grazie ai mutamenti ambientali. E ad una certa politica che avvantaggia certi tipi di caccia e minaccia altri. E le prospettive non sono buone: la legge quadro 157/92 - Daniele è categorico - ha fallito in toto il suo mandato. Non è riuscita ad impostare un lavoro per un miglioramento ambientale che pure era previsto. Gli ATC non sono in grado di provvedere a quello che la normativa chiede loro. Occorre un profondo, radicale cambiamento nella normativa e prima ancora, nella mentalità dei cacciatori".
Per lui il principale punto critico sta nelle divisioni. "Siamo divisi tra noi, come in fazioni. Tra queste fazioni si introducono gli anti. Che invece sono uniti, eccome!".
Punti di forza?
Risposta secca: "La passione, quella vera, incoercibile; l'impatto economico che questa attività fornisce, siacome gettito allo stato, sia comelavoro e guadagno a tutto ciò che gravita attorno al settore; e poi quella che possiamo definire come consapevolezza del diritto, ovvero quella consapevolezza che occorra essere cittadini con la fedina penale linda per essere cacciatori e che deve farci andare sempre avanti a testa alta".