Un approccio serio ai temi della gestione che pure la 157 e le leggi regionali di recepimento hanno messo al centro, deve porsi alcuni interrogativi sul perché si faccia ancora oggi tanta fatica a procedere lungo quella strada, come peraltro evidenzia il singolare gioco al rialzo che ha caratterizzato e continua a trapelare da buona parte del dibattito sulle modifiche.
Chiedete ai veneti, gran propugnatori di liberalizzazioni, se in casa loro, sono state prodotte normative di accoglienza capaci di bilanciare le loro richieste in uscita..
Serve la crescita e la maturazione di un costume da accompagnare al disegno di un modello operativo; ma se si vuole evitare di rimanere inchiodati alle petizioni di principio, bisogna capire quali “vizi” capitali debbono essere rimossi.
La scienza. La consapevolezza del ruolo che scienza e tecnica debbono svolgere nel determinare gli orientamenti che presiedono al prelievo è una battaglia ancora da vincere. In Toscana, ad esempio, come ha mostrato anche la recente Conferenza sulla caccia, l'adozione di ricerche finalizzate ha messo a disposizione di chi è chiamato a scegliere una messe di dati ed informazioni forse ancora insufficiente, ma decisamente superiore al passato. Quello che interessa è che tutto questo indica una strada corretta, anche se non deve poi indurre a delegare ai tecnici le scelte di merito.
Insomma, è giusto chiedere risposte e sostegno alla scienza, ma non pensando di delegare ad essa scelte che spettano invece alla politica. La scienza inoltre, al di là di analisi e ricerche di grande scala per le quali ha bisogno comunque di dati e rilevazioni sul campo talvolta anche di dettaglio, il suo aiuto alla elaborazione e conduzione di equilibrate politiche gestionali può darlo solo se messa in condizione di relazionarsi con le situazioni reali e, per esse, con i soggetti, istituzionali e non, cui sono affidate responsabilità di programmazione e gestione. La scienza intesa come la bocca di un oracolo da interpellare aspettandosi risposte valide per tutti ed in ogni circostanza, credo sia una concezione invisa per primi agli scienziati. E' un principio generale che vale sino al livello più basso, fino al ruolo che si intende affidare ai tecnici negli ATC; la politica deve porre le domande che servono per dirimere questioni e problemi sul tappeto ed è in questo processo che si collocano i contributi della tecnica e della scienza.
Le risorse. In questo quadro la questione risorse è decisiva e costituisce anche una delle più importanti cartine di tornasole per la verifica della volontà politica sul settore.
La caccia è gestione ambientale, faunistica, venatoria con ricadute sulla realtà territoriale, sociale, produttiva; tale gestione è la traduzione operativa della programmazione e pianificazione definite dalle Istituzioni elettive che decidono le politiche del territorio; la competenza delle politiche del territorio è delle Regioni, e se vi sono incertezze nell’attribuzione, vanno risolte positivamente in tal senso.
Diamo per acquisito, anche se non sempre abbastanza sottolineato e perseguito, l’obiettivo di recuperare le tasse di concessione governativa sulla caccia: alla fine del 2000 infatti venne approvata in finanziaria una specifica misura dedicata alla tassa di concessione governativa per il porto d’armi ad uso caccia, che stabiliva di ristornare subito quote di questo cespite d’entrata, fmo a giungere, a regime nel 2005, a destinare alle Regioni il 50% delle somme riscosse.
Gli ultimi soldi riscossi, in Toscana, ma il problema ha dimensioni nazionali, portano la data del 2003: si tratta di 698.000 euro circa, dopodiché più niente.
Ma i ragionamenti attorno a questo tema debbono vederci andare più a fondo.
Per capitoli, degni ciascuno di occasioni di lavoro ed approfondimento.
L’ottimizzazione dell’uso delle risorse disponibili, integrando le attività di gestione dentro i piani di sviluppo, rurali e quant’altro. La Conferenza regionale sulla caccia ha destato in Toscana (e non solo) molte attese. Il Consiglio Regionale ha prodotto una buona legge frutto di convergenze bipartisan, cosa non secondaria, considerati i tempi che corrono.
ATC piccoli o grandi, quale mobilità e come, quanto pagare? Che il gatto sia nero o bianco, poco importa, basta che acchiappi i topi. Se l’obiettivo è una migliore gestione, certo sarà importante capire come reperire le risorse, come spenderle meglio spostando sugli interventi per il territorio il grosso del bilancio. Partirei da qui per capire se il modello emiliano ha qualcosa da insegnare a quello toscano o viceversa.
E’ dunque ora di cambiare. E' necessario che il confronto si svolga sui fatti e non sugli slogan; quando si dice che si vuole andare a caccia come in Europa, ad esempio, si trascura il dettaglio che nella maggior parte degli altri Paesi l’accesso ai fondi costa e non poco. Aggiungiamo al quadro i blog che rigurgitano di prese di posizione e richieste di luna nel pozzo, difficilmente riconducibili ad un percorso virtuoso fondato sulla gestione e vedrete che si torna al punto di partenza. Il commediografo latino Plauto diceva che “l’uomo è un lupo per l’uomo” (homo homini lupus) e rischia di comportarsi da lupo anche con la natura, fino a spogliarla ed esaurirne il capitale.
E’ decisamente l’ora di cambiare marcia e pensare ed affrontare il futuro usando al meglio tutti gli strumenti. Non solo per la caccia, ovviamente.
Si diceva che, in questi ultimi tempi, tiene banco sui blog, sui siti e nelle pagine di qualche testata di settore, la ricorrente richiesta di mettere al passo la caccia del nostro Belpaese con quella Europea.
Non sempre chi alza la voce per reclamare l’omologazione del sistema italiano a quello delle altre nazioni parla con sufficiente cognizione di causa.
Non è questa la sede per un esame di dettaglio dei diversi modelli, ma una considerazione di fondo la dobbiamo fare; c’è, nella maggior parte dei modelli evocati, un dato che afferisce al differente status della fauna: in Italia, patrimonio indisponibile dello Stato, è data in concessione secondo precise modalità; altrove appartiene ai proprietari dei fondi o, in altri casi, è res nullius.
In termini più semplici: un cervo od un capriolo, od un cinghiale (altri esempi sono meno eclatanti ma pur sempre significativi), in Europa possono costare migliaia di euro; al contrario, qualche centinaio di euro, equivalenti al costo della tassa di concessione governativa, tassa regionale e iscrizione ad un Atc, in Italia.
Modelli diversi, con tempi, specie ed ampiezza di carnieri in calendario differenti, in cui la tasca ed il portafoglio svolgono, in molti dei casi a cui ci si vorrebbe omologare, il ruolo centrale.
Qual è e quale dovrebbe essere il nostro modello di riferimento?
Nessuna idea deve essere criminalizzata a priori, ma il dibattito deve partire da presupposti di grande chiarezza, se lo si vuole produttivo e capace di traghettare la caccia nel terzo millennio..
A fronte dei compiti enormi che ricadranno sui cacciatori, occorre rimodellare l’Associazione, meglio, l’associazionismo magari tornando agli anni 50/60 quando l’associazione, allora unica, si dedicava anima e corpo alla,gestione: zone di ripopolamento e cattura, una per ogni campanile, catture e immissioni, controllo dei predatori... Tutte cose che erano nel nostro DNA prima che subentrasse la concorrenza sfrenata tra associazioni venatorie e prendesse campo la politica con il trasferimento dei compiti alle Province (ATC).
Abbiamo perso queste buone abitudini ed è sbocciata la rivendicazione sindacale anche al nostro interno tra specifiche forme di caccia. Non voglio apparire superficiali perché molte e ben altre sono le ragioni concorrenti.
Però gradualmente sono cresciute le difficoltà di convivenza dei cacciatori con il Paese, molto più che nel resto d’Europa.
Vedo non sufficientemente appoggiata, sorretta, spinta da tutta l’associazionismo l’azione delle nostre delegazioni negli ATC; comunque appare più un rapporto di delega che non di comune elaborazione tra gruppo dirigente delle associazioni e dei nostri rappresentanti in quelle strutture. La burocrazia ha preso la mano e occupato il posto della concertazione. Certe volte appare come una anonima presa di distanza dal lavoro degli ATC, più preoccupati da eventuali conseguenze critiche che incidano sul tesseramento. Si potrebbe discutere e dissertare a lungo sul deficit di democraticità di una siffatta posizione.
Occorre invertire questa tendenza, sapendo che alla lunga la capacità di porsi in un ruolo propositivo pagherà; non pagherà per certo il persistere generale di questo comportamento che, salvo lodevoli eccezioni, è sin troppo diffuso.
Campi di lavoro prioritari sono:
- funzionamento ZRC. Solo lepri e fagiani, obbligatorie le catture.
- rispetto della legge per la gestione delle AFV e ATV. ‘
- uniformità economica e normativa per la caccia di selezione. Controlli e censimenti obbligatori.
- regolamentazione caccia al cinghiale rigidamente tesa a mantenere equilibrio, biodiversità e contenimento danni.
- ZRC —ZRV: è necessario affrontare il tema della localizzazione e delle modalità per tenere fuori le specie antagoniste.
Ci riusciremo?
Romeo Romei