Mi perdonerà Francesco Merlo, prestigioso inviato di La Repubblica, se riporterò integralmente il suo elzevirino apparso all'indomani del Capodanno, nel quale espone al ludibrio di un popolo le miserevoli condizioni della nostra capitale. Eccolo, intanto, come premessa di un commento che sarà d'obbligo fare, per rimarcare ancora una volta la vibrata indignazione di chi assiste al degrado di una classe politica non certo all'altezza dei fasti della città eterna e tantomeno di un paese che soffre da troppo tempo.
"Uomini e animali - scrive Franceso Merlo - si scontrano nella Roma degradata: cinghiali, maiali e lupi nelle periferie; in centro i gabbiani, ghiotti di rifiuti, piccioni e gatti minacciano i bambini. Sempre gli animali inascoltati, segnalano flagelli: il topo morto sul pianerottolo anticipava la peste (Camus); i cani di Bucarest mostrarono il collasso del comunismo. Di cosa è presagio la turba di uccelli (liberi) uccisi a Roma dalla festa degli uomini (in cattività)?".
L'episodio a cui ci si riferisce è noto a tutti. I botti (proibiti) dell'ultimo dell'anno hanno fatto strage di quegli storni che da anni insozzano la città, con l'antico beneplacito del guro dell'ambientalismo italiano (ricordate "Clandestini in citta", uscito nel 1975?). Ma non è una novità, e lo stesso Merlo non fa altro che sancire l'occupazione manu militari della città eterna da parte di stuoli di animali selvatici, frutto di un modo di pensare ormai prevalente che stravolge concetti di gestione plurimillenari. E lo fa su un quotidiano, riferimento di un'intellighenzia metropolitana, dove fino a poco tempo fa scriveva di ecologismo (animalismo) tale Margherita D'Amico, attivista nei salotti più che sul campo, a supporto di una filosofia estranea al buon senso. Quei salotti dove la fa ancora da padrona un'altra animalista, la senatrice Cirinnà, osannata regina dei canili e dei gattili dell'Urbe, neo autocandidata a sindaco, nota anche lei alle cronache di questi giorni, perchè irreparabilmente a sostegno di quell'Insinna che vorrebbe passare alla "Ghigliottina" centinaia di migliaia di onesti (e incensurati) cittadini che praticano un attività, la caccia, nel rispetto di regole fra le più rigorose d'Europa.
Di fronte a tale grancassa, da ormai cinque anni piove pertanto sul bagnato, giacchè i romani, quelli veraci, frustrati da tanta stratificata incompetenza, hanno fatto l'errore di metter in mano questo gioiello dell'umanità a politicanti improvvisati come i Cinquestelle, che più inadeguati non si può, responsabili ormai del bello e cattivo tempo anche nel paese. Dando la stura a pensieri e azioni a volte turpi, le più volte dannosi per un legame sempre più precario, instabile, fra città e campagna, fra amore per gli animali e gestione faunistica, fra rispetto per la vita e culto del "toy pet", cioè dell'animale "giocattolo".
Proprio in questo periodo di pandemia, assistiamo alle manifestazioni più assurde, fra no-vax e scie chimiche, cavalli di battaglia di inveterati terrapiattisti. E mentre muoiono decine di migliaia di anziani si dà voce a quattro screanzati che protestano perchè il servizio faunistico libera i giardini della capitale da un branco di cinghiali, nel rispetto delle leggi di pubblica sicurezza e di tutela del benessere degli animali. Si stanziano decine di milioni per sostenere associazioni pseudoambientaliste, che ormai non riescono più a convincere nemmeno i fan (cazzisti) dell'ambientalismo nostrano, ammorbati come siamo da veleni di varia...natura, stravolgimenti climatici, pratiche agricole e industriali ormai palesemente dannose per la salute nostra e del pianeta. Ultima perla - dicono - in dirittura d'arrivo del Milleproroghe 2021, sfornata in Zona Cesarini dietro la spinta di manine ambientaliste, un emendamento notturno - fortunatamente bloccato - che avrebbe consentito la perdita di altre migliaia di ettari di SAF (Superficie Agro-Forestale) a vantaggio delle multinazionali del fotovoltaico. Dice: ma il fotovoltaico è "pulito". Si, forse. Ma almeno quei pannelli metteteli sui tetti dei capannoni e non stendeteli su prati e campi del nostro Belpaese.
Il commento: la ragionevolezza, sembra, non è più alla portata dei nostri governanti. La deriva pseudoambientalista rischia di sputtanare anche quel residuo credito (più di duecento miliardi, mica bruscolini) che la BCE e la UE ci ha provvidenzialmente concesso. Il paese avrebbe bisogno di un cambiamento drastico delle politiche del territorio. Più prevenzione, meno emergenze; progetti di sviluppo coerenti con le indicazioni che ormai conoscono anche i sassi. In altre parole, signori della stanza dei bottoni, forze dinamiche che state alla guida dell'economia del paese, categorie del lavoro e dell'impresa: lasciate stare la caccia, abbozzatela con questi succhiasangue del buonismo animalista, favorite una gestione integrata dei nostri territori, per tornare a un sano rapporto con le cose semplici e meravigliose del bel tempo andato. Soprattutto oggi che con la tecnologia, la scienza, il buonsenso perduto, saremmo in grado di ridurre fatica e miseria, catastrofi e disperazione.
In tutto questo, la caccia rappresenta ancora un elemento significativamente positivo. Sta a costoro capirlo, sta a noi, cacciatori, fare in modo che lo capiscano.
Paolo Firmani