Prendo spunto da un'affernazione della nota veterinaria Giulia Corsini, esperta di cani e gatti, per trattare una questione sicuramente non facile.
"È vero - si spinge a dire la Corsini, prendendo una chiara posizione - quello che dice il Papa, che le persone preferiscono sempre di più avere animali da compagnia rispetto ad avere bambini. È perchè spesso e volentieri le persone sottostimano le necessità degli animali. Una buona percentuale di persone non si informa adeguatamente prima di prendere animali. Si veda il boom che hanno delle razze malate come quelle con la faccia schiacciata (brachicefalici, sia cani che gatti). La gente li acquista perchè somigliano più a bambini. Poi rimane stupita che gli interventi veterinari per fare respirare questi animali hanno un costo".
"Gli animali - precisa la Corsini- sono spesso a casa, soli, stressati e in sovrappeso. Certe volte la gente prende un coniglio invece che due, non sapendo che il coniglio è un animale sociale. E poi quelli che tengono gli animali soli, chiusi in casa (e magari dicono che gli zoo fanno schifo, quando potrebbero imparare qualcosa sugli arricchimenti ambientali). Tengono gli animali senza alcun tipo di stimolo, e non sanno riconoscere stereotipie e problemi comportamentali. Vari animali non sono adeguatamente socializzati e sono un rischio per persone ed altri animali. Molti animali vengono acquistati dall'estero, contribuendo alla diffusione di malattie infettive. Molti animali vengono acquistati da allevatori improvvisati senza alcun tipo di certificazione, che riproducono tra di loro genitori e figli e tengono gli animali in condizioni deplorevoli".
Indubbiamente, c'è del vero in quanto dice la nota professionista. Ma sta a noi - buoni amici degli animali - cercare di contestualizzare. Prendiamo il cane, per esempio, vero compagno di caccia, che molti di noi considerano un componente della famiglia. Con la costituzione del Kennel Club e poi dell'ENCI, ormai più di un secolo fa, si fissarono le razze e si distinsero in gruppi, oggi dieci, con la prevalenza - fino a pochi decenni fa, in termini di iscrizioni al Libro Origini - riservata a cani da caccia e cani da lavoro. Le razze da compagnia (ed altre, oggi ad esse assimilabili) erano privilegio di ceti urbani, per lo più abbienti, di solito consapevoli delle diverse caratteristiche di ogni razza. In parallelo, esisteva l'universo dei cani non di razza, frutto di incroci a volte voluti ma spesso casuali, considerati alla stregua delle diverse categorie, in relazione al ruolo che ognuno aveva inteso assegnargli.
Col boom economico, l'abbandono delle campagne e di tante attività agresti, pastorizia compresa, l'inurbamento e la crescita demografica, mentre il randagismo diventava una piaga, le razze da "difesa" e da compagnia sono esplose, creando fennomeni che si fa fatica a non considerare "di moda", o consumistici. Anche se solitudine, alienazione, superficialità e indifferenza divennero una connotazione tipica della nuova società, creando nuovi bisogni di affetto, a cui è stato facile dare risposta accasando spesso in spazi angusti un cane, un gatto, un canarino. Ma anche un geco, un topo, un coniglio, un pesciolino o un...pitone. Con la conseguenza che si sono sviluppati enormi problemi e contraddizioni, soprattutto per colpa della cultura oggi dominante, quella urbana, che, mentre si dichiara amica e tutrice incondizionata degli animali, è la massima responsabile degli abbandoni in tempo di vacanze, soprattutto, e mette all'indice pratiche, culture e tradizioni, massimamente la caccia, considerate negative dalle nuove filosofie animaliste. In sostanza, per costoro, il cacciatore non è amico degli animali, con tutto quello che ne consegue.
Altra storia, quella dei canarini. Niente da obbiettare da parte di lor signori animalisti, per chi tiene in casa una gabbietta con un canterino colorato, o un pappagallo, ino o one che sia. Ma guaì ad allevare tordi, merli, allodole, fringuelli. E noi tutti sappiamo con quanto amore e dedizione vengono tenuti i nostri "richiami".
Un velo pietoso, poi, su certe recenti decisioni che vietano, in prospettiva, allevamenti di animali da pelliccia. Oggi tocca ai visoni, ma su questo andazzo, vi siete chiesti cosa potrebbe succedere se i soliti lor signori prendessero di mira prima le lepri, poi i conigli, i fagiani, eccetera eccetera? Si fa presto a fare il "salto di specie" e arrivare alla salsiccia vegana di cinghiale, o di capriolo. E ovviamente non la finirebbero lì.
Ho esagerato, lo so. La faccenda è molto più complicata e ognuno di noi è legittimo che abbia le sue teorie. La scienza, che a mio parere non è mai esatta, c'è chi la tira da una parte e chi la tira dall'altra, per cui fa fede fino a un certo punto. Spesso si fa "convincere" dalla cultura dominante, che indirizza verso lidi di comodo.
A chi dobbiamo dare retta?
Mah!
Federico Martino