Sono vecchissime fotocopie appena leggibili; due pagine di un notiziario o rivista venatoria forse con più di quarant'anni. L'unico dato rimasto chiaro, oltre al titolo, è il nome dell'autore, Dino Durante Jr., con il quale mi scuso per essermi approfittato di alcuni passaggi da dedicare ai tanti appassionati di questa caccia.
Il riferimento è a quelle vecchiette che quando si va a caccia la mattina presto ed è ancora scuro, si incontrano mentre stanno andando a Messa.
Sono le cosiddette vecchiette d'assalto, perché tentano con ogni mezzo, lecito o illecito, di assaltare il regno dei cieli.
Camminano piano, a coppie, in mezzo alla strada, tutte vestite di nero, e l'automobilista non le vede finché non è a qualche metro. Allora non resta che attaccarsi ai freni e l'amico, dal sedile posteriore, ti arriva tutto intero e insieme al cane sul cruscotto, tra guaiti e capocciate.
E loro, le vecchiette, fingono di non accorgersi di niente. Hanno cercato in tutti i modi di andare direttamente in paradiso e gli è andata male.
Ritenteranno.
Anche la mia nonna era una vecchietta d'assalto, ma dei reparti speciali guastatori, sempre in prima fila quando si trattava di guadagnarsi il regno dei cieli con azioni meritorie.
Come tutte le vecchiette d'assalto anche lei era zoofila e dato che apparteneva, appunto, ai reparti speciali, di soppiatto mi liberava uccelli da richiamo e scaricava le cartucce.
Solo la presenza di mio padre ha evitato un nonnicidio. Poi, pensando che in fondo era mia nonna, alla quale mi legavano vincoli di sangue, decisi di sopportare e, anzi, arrivai al punto di portare a casa degli uccelli vivi affinché lei, liberandoli, acquistasse merito in vista dell'assalto finale.
Un giorno però, forse istigato direttamente da Satana, misi in gabbia un irascibile frosone: un uccello, oso dire, nefando. Con gli occhi freddi e inflessibili di uno che ha già ucciso la moglie e due figli e, con il coltello in mano, sta pensando a dove si sia cacciato il terzo.
La mattina dopo la nonna, credendo che io non fossi in casa, si avvicinò felice alla gabbia. Adesso vengo io – disse al frosone – povero cocco di mamma, che ti ha fatto quel lazzarone di Dino, eh! E che ne diresti se io ti aprissi?
Il frosone, naturalmente, non rispose. Oltretutto le domande erano formali e non presumevano una risposta esauriente. Solamente guardò la nonna con irascibile sospetto, e quando lei aprì la gabbia dicendo – ma guarda come si carino – Zac! le si attaccò a un dito e cominciò a lavorare di becco con determinazione.
– Porco, vigliacco. Giuda cane! - Urlò la vecchietta, sbattendo il frosone per terra. E lo prese pure a calci, dando prova di un'insospettabile forma atletica.
Da quella volta la nonna non accumulò meriti per l'assalto finale, ma in compenso lasciò quieti i richiami. Anzi, li guardava con palese antipatia.
In autunno, ad allodole sull'altipiano di Asiago. I nostri tre capanni erano in fila, ad una cinquantina di metri uno dall'altro, con gli zimbelli portati davanti.
Verso le otto, al posto delle allodole, iniziò il passo delle vecchiette. Le diaboliche, invece di camminare per la strada della chiesa, tagliavano per il campo, passando tra il capanno e gli zimbelli. In un momento vedo avanzare due che si dirigono decisamente sulle allodole. Cerco di avvertire urlando – Attente agli zimbelli, accidenti! - ma loro continuano ad avanzare con una luce eroica negli occhi, inciampano sugli spaghi e una di loro si siede su una allodola riducendola in polpetta. Era lo zimbello più vispo.
Dopodichè si alzano tutte arzille, ridacchiano e avanzano verso gli zimbelli di mio fratello Romano e malgrado gli urli di avvertimento, vanno a finire in mezzo ai suoi zimbelli, inciampano, cadono rovinosamente e si siedono su un'altra allodola.
Si avviano poi verso il capanno dell'ing. Zambelli, che però le minaccia col fucile. Dopo avergli dato del villanzone, le due spariscono, ma sta per entrare in azione un commando. Una vecchietta isolata è sugli zimbelli, finge di aver paura e parte caracollando per le terre, portandosi dietro gli spaghi attorcigliati alle caviglie. Districarla fu un lavoro lungo e difficile. Addirittura mio fratello, in un attimo di sconforto, era deciso a chiamare i pompieri.
È indescrivibile quanto e cosa dovemmo subire ad opera delle vecchiette. Basti dire che uno dei nostri, il dott. Fioretti, uomo mite di natura e vincitore di ben tredici gare di catechismo quando era giovane, minacciò azioni drastiche antivecchiette, e dovemmo faticare non poco perché non ponesse in atto il suo pur onesto e lodabile proposito.
È per quanto esposto che io faccio voti affinché il Governo obblighi le vecchiette ad andare a Messa il pomeriggio. O addirittura le abolisca per legge.
Nota personale. Da tutto quello che ho “rubato” si capisce quanto e come siano cambiate le cose. È inevitabile. Ma in compenso conosco personaggi, per certi versi un po' strani come i miei amici, che nella stagione delle allodole fanno centinaia di chilometri, e spesso a vuoto. È comunque un buon segno.