Per la verità, tanto bella non si direbbe. Tranne, se vogliamo, per il fatto che tutto nasce dal desiderio di tante nostrali topolone, quelle si anche belle, che per anni, decenni, si sono rivestite della sua pelliccia, morbida, calda, elegante e a buon mercato, facendo finta che servisse per combattere il freddo.
Forse l'avete capito, non ci riferiamo alla modella del calendario BigHunter Sensuality, stiamo parlando della nutria. Il topo muschiato o castorino o rat mousquet che dir si voglia (ci perdonino gli zoologi se non la qualifichiamo sotto l'aspetto scientifico), i cui allevamenti negli anni sessanta-settanta punteggiavano l'Italia, proprio per rispondere a quella richiesta tutta femminile di farsi una pelliccia.
Poi arrivarono gli animalisti, quelli arrabbiati, violenti, e le passionarie, che prima lanciarono l'idea delle pellicce sintetiche (con lo stilista Fiorucci che ci inventò un business), poi si fecero fotografare nude per protesta (ricordate la Marina Lante della Rovere nuda e il suo slogan: questa è l'unica pelliccia che indosso, alludendo a quel batuffolo rossastro che ornava il suo monte di venere?), e infine tutti insieme appassionatamente cominciarono a dare l'assalto agli allevamenti, facendo fuggire i... “prigionieri”. Ovvero quei topacci pelosi che cominciarono a ripopolare rive e argini di fiumi e ruscelli, aree golenali, laghi, laghetti.
E fu lì che la battaglia ideologica si trasferì. Con gli agricoltori, che cominciarono a protestare per i danni sempre più ingenti che questi roditori cominciavano a provocare nei dintorni delle loro tane, e gli animalisti, che come al solito, anteponendo il motto “salviamo la natura” al principio che “la natura” in un ambiente antropizzato, ovvero modificato dall'intervento dell'uomo, va tenuta strettamente sotto controllo se non si vuole che le nostre fatiche i nostri patrimoni ambientali, il frutto delle nostre fatiche, lo stesso nostro concetto di bellezza – da noi, in Italia e in Europa, piace più pensare e godere del “paesaggio” che non della “natura selvaggia e incontaminata”, che non abbiamo più da millenni – vengano annullati per l'insipienza di pochi sciocchi esagitati.
Purtroppo i pensieri positivi, dettati dalla ragionevolezza se non dal raziocinio, fanno sempre più fatica a emergere e affermarsi nei confronti dell'opinione pubblica. Fatto sta che queste nutrie, prima che qualcuno desse ascolto ai lamenti più che giustificati dei malcapitati agricoltori, hanno avuto modo di crescere e moltiplicarsi. Tant'è che già da un decennio costituiscono una vera e propria calamità ovunque, a partire dalle floride e redditizie terre della padania.
Di provvedimenti per arginare il fenomeno, tuttavia, se ne parla solo da pochi anni, antesignana se non ricordiamo male la provincia di Mantova, che per prima ne dispose l'abbattimento chiedendo aiuto ai cacciatori. Nel frattempo però le popolazioni della topolona sono andate a incrementarsi in maniera esponenziale, tanto che ormai non sono più solo un danno per l'agricoltura ma addirittura costituisco una vera e propria minaccia per l'assetto idregeologico di tutto il nostro territorio. Ce ne siamo accorti tutti purtroppo, in questi giorni di abbondanti piogge, quando le loro tane – un vero e proprio gruviera ai margini dei nostri fiumi – hanno consentito all'acqua di infiltrarsi e travolgere ogni e qualsiasi barriera costruita per arginare lo scatenarsi dell'elemento liquido.
Beh, per tornare a noi, la morale che ci sentiamo di trarre dalla vicenda della topolona nel gruviera del nostro territorio è quella che a noi, cacciatori, era chiara fin dall'inizio ma che dobbiamo oggi più che mai trasmettere a tutti, magari attraverso il semplice passaparola. E cioè che la natura selvaggia, incontaminata, astratta, così come la intendono certi animalisti, in tempo di vacche magre soprattutto, non se la può permettere più nessuno, tantomeno noi in Italia, che dal nostro “paesaggio” riusciamo a trarre anche non poche risorse (agricoltura e prodotti di qualità, turismo rurale, culturale e d'arte), a vantaggio fra l'altro di un assetto del territorio che per mantenerlo integro e stabile la Protezione Civile – con i soldi di tutti, anche di noi cacciatori - si fa in quattro e non basta.
Ragione per cui, senza volerne particolarmente alla topolona pelosa, cerchiamo di favorirne un controllo drastico, se non una eradicazione totale dai nostri ambienti umidi, tanto più che come specie è assolutamente estranea alla fauna delle nostre latitudini. I cacciatori, anche in questo caso, possono dare una mano consistente.
Massimiliano Betti
P.S. Analoga situazione si sta verificando per il cormorano, che fa fuori milioni di euro di pesce pregiato ogni anno.