Della caccia continuo a pensare come ho sempre pensato fin dal primo giorno che ho accompagnato mio cugino.
Avevo dieci anni e curavo gli uccelli da richiamo. Il fatto che da tempo non cacci più non ha affatto alterato il mio giudizio.
Per i primi 97% della sua esistenza l’uomo è sopravvissuto grazie alla caccia e per questa ragione deve continuare ad avere importanza anche oggi, naturalmente con una regolazione appropriata.
Ma sopratutto perché il partito dei cacciatori è cento volte maggiore di quello degli ambientalisti. Far prevalere loro sarebbe un controsenso.
Purtroppo l’anticaccia è diventata una moda sfruttata dai politici e dalla gente in carriera. Politici che inorridiscono all’idea che si spari a un uccellino e poi impallinano il loro stesso presidente del consiglio.
lo sono stato fortunato, ho avuto compagni di caccia fantastici coi quali ci frequentavamo abitualmente sempre e avevamo altri interessi in comune.
La caccia era ogni volta come una rimpatriata per stare assieme e, ovviamente, per sfotterci alla fine. Certe padelle sono diventate leggendarie e sono assurte ad avvenimenti letterari.
Sono i non cacciatori o gli anticaccia che alimentano i luoghi comuni. Ovviamente non ci sono solo santi.
Come in tutte le categorie, esistono percentuali di...diciamo stronzi. lo mi reputo un privilegiato. Di stronzi ne ho incontrati pochi e non venivano a caccia con me.
La caccia è poi un indotto importante che coinvolge tantissime persone. Basterebbe smettere di criminalizzarla e sfruttarla nella maniera migliore.
La distruzione di una siepe mette più a rischio alcune specie che un milione di cacciatori. Questo andrebbe spiegato a chi pensa che tutte le specie, a cominciare dai dinosauri, siano state estinte dai cacciatori.
Non caccio più da trent’anni, ma il mio amore per la caccia è quello di sempre. Alcuni colleghi mi rinfacciano di non essere diventato un cacciatore pentito e io rispondo che un cacciatore pentito (Ce ne sono, non quanto i fumatori pentiti, ma ce ne sono) non è mai stato un cacciatore vero.
Tra i miei ricordi più belli, molti sono proprio legati alla caccia. A tredici anni andavo a tortore e allodole col mio fllobert Diana e a sedici ho sparato la mia prima fucilata; a una lepre e l’ho spadellata. Ero in Libia, dove ho svolto l'80 percento della mia attività venatoria.
Di amici cacciatori ne ho avuti tanti, ma quello che mi piace ricordare è mio padre. Cacciatore da sempre, figlio e nipote e pronipote di cacciatori. A caccia con lui ho ricordi splendidi.
Tornato anziano in Italia con la nostalgia delle battute libiche, usciva la domenica col suo fucile e magari tornava col radicchio perché non se la sentiva di sparare a qualcosa che pesasse meno di una quaglia.
Giuliano Rossetti
P.S. Il mio più grande rimpianto è non aver mai avuto occasione di sparare a una beccaccia.
Ricordo che una mattina, nei pressi di Buonconvento, ne sono passate due sulla testa di un paio di cacciatori appostati a cento metri da me. Non si sono accorti di niente e io non li ho avvisati. Ma anche vederla volare, una beccaccia ti fa godere.
Giuliano Rossetti Amico di BigHunter
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