Si parla da tempo dalle nostre parti di revisione della legge sui parchi, dell'emergenza ungulati e altre specie selvatiche, di necessità di un migliore controllo delle popolazioni animali e di un recupero degli equilibri fra le diverse specie di fauna selvatica.
Tanto per non andare troppo lontano, ecco cosa succede in Francia. Dove, attraverso schede tecniche frutto della collaborazione de l'Ufficio Nazionale per la caccia e fauna selvatica (ONCFS) e della Federazione Nazionale dei Cacciatori, sono state evidenziate le peculiarità dei diversi istituti di protezione in relazione alla caccia.
Vediamoli brevemente insieme, attingendo direttamente alla fonte (ONCFS).
In primo luogo, per evitare ogni discussione, l'ONCFS assicura che le disposizioni comunitarie declinate nella legislazione francese non escludono rigorosamente l'esercizio della caccia in aree protette, al contrario. Nel conciliare la pratica dei vari attori che operano per il mantenimento della biodiversità, la maggior parte dei sistemi giuridici delle aree protette non vieta la caccia, ma la inquadra applicando condizioni diverse.
La direttiva "Habitat" ha portato alla creazione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione denominata Natura 2000, che si sovrappone alle zone di protezione speciale degli uccelli ''). Queste linee guida non impongono agli Stati membri aree chiuse alla caccia; esse possono legalmente essere regolamentate dal diritto nazionale. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha recentemente condannato la Francia per aver adottato una legge dove si diceva che la caccia regolamentata non costituisce attività di disturbo. Ma l'applicazione della sentenza non porta a vietare la caccia e altre attività collegate nelle areee di Natura 2000. Al contrario, il regolamento prevede già che la dichiarazione degli obiettivi deve proporre misure di ogni tipo, funzionali a uno sviluppo sostenibile del sito, cosa compatibile con le attività dei cacciatori.
Parchi nazionali
In queste aree protette, l'amministrazione "può riferirsi a un particolare regime e, se necessario, vietare la caccia e la pesca parco ..").
Il divieto copre la maggior parte dei parchi nazionali, con la notevole eccezione del Parco Nazionale delle Cévennes per il quale il regolamento stabilisce un regime speciale, che potrebbe essere interessante vedere esteso ad altri parchi.
Le riserve naturali
Nazionali o regionali, il Codice Ambientale sottolinea che l'atto di costituzione "può riferirsi a un particolare regolamentazione o, se del caso, vietare" qualsiasi azione, tra cui la caccia e la pesca, che possa mettere in pericolo la riserva naturale. Nel caso in cui l'atto di classificazione non prevede norme specifiche riguardanti l'esercizio della caccia, sono i prefetti che adottano i provvedimenti. Ove sussiste il divieto di caccia, è chiaro che dovrebbero comunque essere previste operazioni di controllo per preservare l'equilibrio biologico, attraverso eventuali attiività di prelievo di tipo venatorio, molto più efficaci che un divieto totale. In effetti, questa opzione può aiutare ad organizzare attività di caccia in modo che siano compatibili con i requisiti di protezione, regolando le popolazioni delle specie che possono alterare gli obiettivi della riserva. In quasi la metà degli atti di classificazione delle riserve nazionali la caccia è esplicitamente o implicitamente vietata. Nell'altra metà atti di costituzione di riserve l'esercizio della caccia è autorizzato o regolato da una varietà di condizioni determinate da situazioni specifiche.
I biotopi
Dal momento che lo status di specie protetta ai sensi dell'articolo L. 411-1 del Codice dell'ambiente richiede, il prefetto può emettere un ordinanza di protezione del suo habitat. Questa disposizione può essere ritenuta necessaria in funzione delle esigenze biologiche delle specie interessate, e riguardare le attività come il campeggio, il trekking, lo sci, la caccia, la circolazione di veicoli a motore ... Le misure di protezione possono essere adottate per un tempo determinato o meno, a seconda delle circostanze locali (protezione solo durante i periodi di vulnerabilità).
Le riserve di caccia e fauna selvatica
La caccia è in linea di principio del tutto proibita. Tuttavia, il Codice ambientale prevede la possibilità di eseguire in quelle riserve "esecuzione di di piani di gestione della caccia, quando è necessario per mantenere gli quilibri biologici e agro-forestali -cinégétici. Le condizioni di attuazione dei singoli piani devono essere compatibili con la tutela del patrimonio faunistico. approvate ogni anno, a seconda dei casi, in relazione al piano di caccia. Ciò può portare a una riduzione del divieto di caccia nelle riserve, che è positivo nel momento in cui, in adesione allo spirito della norma, che prevede la regolamentazione delle popolazioni in eccesso, che influenzano l'equilibrio agro-silvo-venatorio.
Le violazioni
Nei parchi nazionali, per il mancato rispetto delle disposizioni relative alla pratica della caccia, sono previste sanzioni, monetizzabili, fino a un massimo di 1500 Euro. Allo stesso modo, la detenzione e/o l'uso di mezzi o sostanze non non autorizzati.
Così nelle riserve naturali e nelle Riserve di caccia e di tutela per la fauna selvatica. Mentre nei biotopi, la sanzione si riduce a un massimo di 750 Euro.
Certe aggravanti per atti commessi nelle riserve naturali, nei parchi nazionali e nelle riserve naturali, comportano fino a un anno di detenzione e un esborso di 15.000 Euro, fatte salve le ulteriori sanzioni come il ritiro della licenza di caccia.
Come si vede, in Francia si conferma anche per quanto riguarda la tutela del patrimonio faunistico e ambientale un diverso atteggiamento nei confronti della caccia e dei cacciatori. Sia considerando questa attività compatibile e complementare nell'azione di tutela, sia valutando in maniera assolutamente più ragionevole l'azione sanzionatoria.
Potrà servire ai nostri legislatori? Speriamo.
Piero Andreani