Va a merito, grande merito, di Valter Trocchi e Daniel Tramontana - ottimi consulenti scientifici di Federcaccia - aver sollevato una questione che riguarda non solo la caccia, ma la tutela del patrimonio faunistico - in questo caso la migratoria - l'onorabilità dei cacciatori e, secondo me, il buon nome dell'Italia. I due esperti, infatti, recentemente, sull'organo federale lamentano le anomalie italiane a proposito del Piano di azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici, commissionato dal Ministero dell'Ambiente a Ispra, in risposta a un Eupilot (5283/13/Envi) pervenuto al Governo italiano "non si sa bene - scrivono loro - a seguito di quali statistiche fornite a Bruxelles sul fenomeno".
"Dispiace - dicono - che gli estensori del Piano non abbiano distinto tra il contesto cinegetico e le responsabilità di singoli cittadini (spesso estranei all’ambiente venatorio, oltretutto), e dispiace ancor di più che questa cecità non consenta di vedere le possibili sinergie con il mondo venatorio e le necessarie collaborazioni".
Orbene, lo scorso anno fu istruita una procedura di consultazioni su una bozza preliminare da presentare alla Conferenza Stato-Regioni, a cui anche le AAVV fornirono un primo riscontro, denunciando in sostanza un vizio di partenza, che suonava come malevolo nei confronti della caccia e dei cacciatori italiani. Vizio che è rimasto, purtroppo, anche nella stesura finale, proponendo un equivoco di fondo in quanto in soldoni non distingueva e non distingue la responsabilità soprattutto penale - che è individuale, lo sa anche il gatto - rispetto a comportamenti legittimi che fino a prova contraria la legge, la costituzione e la prassi devono mantenere distinti. Anzi, secondo i principi nostro vivere civile, tutelare e proteggere.
Gli estensori, invece, tecnici ma evidentemente poco consapevoli dei ruoli di competenza garantiti dalla costituzione e dai codici, hanno dato sfogo a quelle che un tempo si chiamavano deduzioni apodittiche, ovvero assunti non dimostrati, che nella fattispecie potrebbero essere intese in questi termini: un bracconiere aveva la licenza di caccia, quindi era cacciatore, ergo il cacciatore è bracconiere. Buttando a mare oltre duemila anni di istituzioni del diritto, la civiltà di un popolo, le regole di una nazione, i principi delle democrazie occidentali.*
Entrando nel merito, fino a prova contraria, i reati che tutti vogliono scongiurare, i cacciatori per primi, sono ben individuati dalla legge vigente, l'attività definita come bracconaggio ha ampi e rigorosi riferimenti nella 157/92. Sulla base della quale, è più facile che sconti pene rigorose chi si appropria di un piviere piuttosto che un delinquente incallito. La cronaca ce ne dà ampie testimonianze ogni giorno, purtroppo. Certi accanimenti, fomentati dalla solita "Striscia la notizia", assomigliano più a una caccia alle streghe che a un impegno nel contrasto di comportamenti illeciti, che alla prova statistica sono poco più poco meno che modeste eccezioni. Soprattutto se si raffrontano agli illeciti ambientali, sotto gli occhi di tutti, nei confronti dei quali spesso gli organi di controllo e la politica si girano dall'altra parte. Quando addirittura non alzano l'asticella. Si dirà: siamo, noi cacciatori, l'anello più debole della catena; accendono i riflettori su di noi per "abbuiare" il resto, che è ben più grave. Così è, purtroppo, ma non vuol dire che non ci si debba adoperare per ristabilire almeno un minimo di verità, a sostegno di una categoria che, come giustamente ricordano i due esperti, non può essere accostata alle sostenute devianze, che la caccia stessa con le sue campagne di sensibilizzazione e anche col suo corpo di volontari contribuisce a ridurre a dimensioni di poco significato.
E volendo argomentare, dovremmo con forza ricordare soprattutto a certi inflessibili fustigatori alcune cose. Per esempio, che il primo e più importante strumento di tutela è l'ambiente. Se un essere vivente, un uccello in questo caso, non dispone di un ambiente adatto a... vivere, appunto, ovvero mangiare dormire, muoversi, relazionare con i consimili, è ovvio che non può starci, tantomeno starci bene. E qui casca il primo asino, visto che gli organi preposti, che hanno la responsabilità di sovrintendere a questo bene primario (l'ambiente adatto) non lo fanno. O quantomeno non lo fanno per quello che servirebbe, altrimenti non saremmo, noi umani anche e soprattutto, nelle condizioni in cui siamo. Per le criticità, basta fare un click per verificare a quanto ammontano (e perchè) le multe comunitarie per infrazioni ambientali.
Il secondo asino casca quando si va a confutare il reato. Che non dipende, o comunque non ne è la causa preponderante, dalla tradizione, dal fatto che ieri certe pratiche erano legittime, oggi non più. No, per una semplice legge dell'economia, dipende dall'abbondanza (o in altri - rari - casi dalla...rarità), e quindi dal valore economico intrinseco. Per quello che riguarda l'abbondanza, il trenta per cento e anche più della superficie agricola e forestale interdetta all'attività venatoria (in alcune aree del paese anche di più), garantisce per qualsisasi prelievo che possa essere consumato all'esterno. Per le rarità, collegate ai vertici della piramide ecologica , molto dipende dalla domanda, che proviene spesso da centrali di malaffare che poco hanno a da spartire con le nostre tradizioni. E nel momento in cui si richiama la coincidenza del culmine del fenomeno illecito con i periodi di caccia aperta, si fa finta di non sapere che i migratori in quel periodo passano, e non in altri e che l'attività stessa di caccia (ben percepibile, visto che lo schioppo fa bum!) è una buona copertura anche per chi si dà da fare in altro modo.
Insomma, l'accostamento improprio denunciato dai due ricercatori secondo me non solo è improduttivo, ma è volutamente studiato e approntato per distrarre legislatori, nazionali e comunitari, opinion leader (certa stampa e i media in genere) e "popolino" ignaro, e dare corpo a un disegno di disinformazione di massa, che ha ben altri e corposi fini. Purtoppo.
Sembrerebbe che questo pericolo il ministro Galletti l'abbia finalmente subodorato (la vicenda lupo sembra accreditarlo, anche se per la solita campagna ben orchestrata se ne riparlerà quando scoppierà una vera tragedia, dio mai non voglia), i nostri rappresentanti a Bruxelles pure (ottima l'iniziativa Briano/Face di questi giorni). E i nostri vertici di categoria, pur nella palese e persistente crisi di dissidenza, dovrebbere finalmente capire che stando insieme e combattendo sul fronte della difesa (e dell'educazione) ambientale si possono ottenere migliori risultati anche per le legitrtime rivendicazioni "sindacali".
Fabio Paris
* Tanto per riportare la questione sulla superficie terrestre (certa gente pensa di vivere sulla luna): il 99% delle infrazioni stradali è comminata a soggetti con la patente. Ma nessuno si scandalizza. Sa che c'è una legge e chi la infrange viene punito. E' tanto difficile da capire?