La ciliegina sulla torta ce l'ha messa l'ineffabile Fulco Pratesi, intervenendo con un funambolico saggio della sua saggezza l'altro giorno sul Corrierone. Intendiamoci, certe ciliegine e certe torte è bene che se le mangino quelli come il Pratesi e i suoi eterni accoliti del WWF della Lipu della LAV e della LAC. Anche i romani, per esempio, di certi dolciumi non ne vogliono assolutamente sapere.
Checchè ne dicano questi soloni. Se non l'avete capito, di storni e di cacca a Roma (ma non solo) vogliamo parlare. Perché il serafico guru ambientalista, che fra una ricerca e l'altra sul lago di Burano, faceva o almeno autorizzava qualche puntatina alla sede del Parco d'Abruzzo (a New York), quando ne era il presidente, ha voluto scagliare l'ennesima lancia (repetita iuvant, anche negli anni trascorsi ha proposto la stessa litania) a difesa degli "stornelli" in città e delle pratiche (lucrose) adottate per... dissuaderli dal sostare sugli alberi dei viali e inzaccherare le sottostanti automobili, i marciapiedi, il fondo stradale.
Va da sé la difesa d'ufficio dei responsabili della vita degli storni romani, che da anni appunto lucrano - con la compiacenza di sindaci e consiglieri (noto l'impegno della amica dei gatti Cirinnà che si era distinta anche nella gestione dei canili) - sul “santo guano”, gestendo le operazioni di dissuasione con i noti “gridi d'allarme”. (Ma si usano e si consigliano anche i “botti”, cannoncini, che in altri contesti si vorrebbero proibire per non spaventare cani e gatti salottieri, ormai defelinizzati e decaninizzati da questa intellighenzia animalista che si sta sublimando nella raccolta dell'8 per mille, giunta - per la LAV di tale Felicetti - a cifre stratosferiche).
Si, perché il Pratesi anche lui sta dalla parte di tale Francesca Manzia, responsabile del Centro Recupero Fauna Selvatica della Lipu di Roma, che attribuisce l'emergenza guano al ritardo dell'erogazione dei fondi per la tradizionale campagna di deguanizzazione. Di chi la colpa? Ovviamente di "Mafia Capitale".
Non ci dicono, né l'uno né l'altro, però, dove vanno gli storni quando vengono "allontanati" da un quartiere. Anche perché, come tutti i romani sanno, se spostati con successo da una zona, si rifugiano in un'altra. Stavolta erano soprattutto sul Lungotevere del centro. Un paio d'anni fa erano nel quartiere Prati, e la Lipu emanava gli stessi j'accuse, anche se Mafia Capitale era ancora sotto traccia. Oggi, gli stessi danno anche la colpa ai lampioni che fanno da attrattivi calorici. C'è da aspettarsi una campagna contro i lampioni in città (al grido di "Oscuriamo la città, salviamo gli storni") o qualche altra amenità partorita da altrettante menti eccelse, che da decenni trovano sostentamento nelle pieghe di bilancio delle amministrazioni pubbliche o addirittura nei "ri...storni" contabili degli stessi.
Ma non è finita qui, perché il Fulco nazionale, imperterrito, a pervicace difesa delle loro sciagurate campagne ornitofile (chi non ricorda il suo capolavoro "Clandestini in città"?), continua a menarcela con un'altra leggenda. Gli storni, scrive, uccelli insettivori che a causa del riscaldamento globale si stanno meridionalizzando, ma che nello stesso tempo sono nella Lista Rossa (uccelli in via di estinzione) tanto che la UE ne vieta la caccia (ma alla UE - aggiunge il sottoscritto - la dritta per renderlo non cacciabile gliel'hanno data gli stessi cosiddetti ornitologi della Lipu e dell'Ispra, che oggi finalmente, anche sulla grande stampa, qualcuno comincia a chiamare non più ambientalisti, ma animalisti), tanto che arriva a scrivere: questi uccelli "sono insettivori, efficaci nemici della terribile mosca olearia, predandone le crisalidi interrate nei campi". Così scrive. Incredibile! Sul Corriere della Sera che lo pubblica! Verrebbe da chiederci e da chiedergli: dov'erano l'anno scorso gli storni, quando il nostro preziosissimo patrimonio olivicolo nazionale ha subito ben otto attacchi da parte della mosca, facendo registrare (anche -80% della produzione media) la peggiore annata olearia di tutti i tempi? Colpa di Mafia Capitale?
La verità, noi lo sappiamo bene, i cacciatori lo sanno, la verità è un'altra. Su questo perverso animalismo da salotto si sono innestate da tempo logiche lucrative, sulle quali campano infiniti stormi di "volatili opportunisti", a volte anche avvoltoi e sciacalli, che sulle ingenuità di un'opinione pubblica ignara si stanno ingrassando da generazioni.
E' dal tempo di Pecoraro Scanio, purtroppo emulato da tutti i ministri dell'ambiente a lui succeduti, che si mena il can per l'aia sullo storno, con lettere di richiesta alla UE (prima inviate e poi annullate) per il reinserimento della specie nella lista dei cacciabili. Una manfrina ignobile che purtroppo non è la sola, che da una parte mira a rinforzare i supporti finanziari alle categorie animaliste, e dall'altra è funzionale a un sistema che fa di tutto per distrarre l'attenzione dai veri, reali disastri ambientali di cui il nostro paese da generazioni sta soffrendo. E finché ci sono storni può continuare la grande scorpacciata. Anche il guano aiuta!
Vito Rubini
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