La ormai imminente stagione delle elezioni regionali, come era prevedibile, porta con sé un altro periodo di ulteriore turbolenza. I fatti del mondo, non solo quelli della caccia, ci dimostrano che di turbolenza ce n’è già anche troppa e, quindi, saggio sarebbe adoperarsi per ridurla, e non invece alimentarla.
La caccia, lo sappiamo bene, sta attraversando nel nostro paese un periodo di forte conflittualità. Il disagio accumulato per quasi un ventennio a causa di una legge – la 157 – che non fu mai del tutto digerita, porta oggi a sollecitare a gran voce una riforma che malgrado promesse e garanzie distribuite a piene mani da larghe e a volte eterogenee maggioranze, non fa intravedere a breve niente di nuovo o quasi. Se si esclude infatti la riforma della legge regionale toscana, in procinto di essere definitivamente varata, per la quale peraltro si paventa una bocciatura da parte del Governo, per alcune presunte violazioni della 157 medesima, per il resto, la riforma delle riforme – già decurtata di alcune anche importanti modifiche (vedi la possibilità per i sedicenni di essere “accompagnati” a caccia) – giace in commissione ambiente al Senato, sommersa da quasi duemila emendamenti. Allo stato attuale, se ne parlerà probabilmente fino alle vacanze estive. Dopodichè se ne dovrà discutere alla Camera, in autunno. E non è questione di parlamentari dormiglioni o di scarsa volontà politica. E’ questione soprattutto di procedure. Di rispetto (e di legittimo utilizzo) delle regole parlamentari. Che sono lì, a disposizione di tutti, fino a che nuove leggi non le cambieranno. E abbiamo visto che per cambiare le regole del gioco non è poi così semplice.
A ciò si aggiunge che l’argomento non è considerato fra i più appetibili per chi voglia ingraziarsi l’opinione pubblica, soprattutto in periodo di comizi elettorali permanenti. Tanto più se, in maniera del tutto trasversale, non c’è uniformità di opinione anche fra chi, volendo, potrebbe dare un contributo determinante alla risoluzione del problema.
La 157 va cambiata, rimodernata. Su questo non ci piove. Ma come farlo e con chi farlo è ancora la questione da determinare. A colpi di maggioranza, abbiamo visto che è piuttosto difficile. Le pressioni di popolo sul corpo politico e sull’opinione pubblica incidono poco e spesso accentuano le divergenze e i contrasti. Le scappatoie delle leggine, quando riescono a sfuggire ai controlli incrociati, ottengono un effetto minimo, del momento, ma non risolvono il problema. La caccia ha bisogno di punti fermi, di certezze di periodo, di riferimenti concreti. E di un rilancio che le consenta di affrontare un futuro almeno a medio termine che parta da un ricambio generazionale senza il quale nessuna riforma sarà in grado di darle una rispettabile prospettiva. Come minimo, insomma, bisogna ripensarne le strategie.
Chi ha i piedi per terra sa che dal niente non si costruisce niente. Bisogna perciò partire dal vissuto. Dalla realtà, pur sbrindellata, in cui ci troviamo a operare. In ogni società che si rispetti, il futuro si costruisce attraverso le rappresentanze organizzate. Oggi abbiamo ancora una decina di realtà principali e una serie sempre più nutrita di conglomerati satellitari e di clan. Occorre partire da lì, tenendo conto dei valori rappresentativi ma anche dalle capacità a affrontare il futuro che – chi più chi meno - ognuno racchiude. In ogni caso, non si può prescindere da un coordinamento e, soprattutto, da un progetto condiviso. Seppur minimo, ma condiviso. Ciò non toglie che se ci sono problemi che necessitano di soluzioni urgenti, non debbano essere affrontati con decisione e risolti al più presto.
L’alternativa è l’arroccamento su posizioni conflittuali, una ormai irragionevole concorrenza interna per conservare il proprio “parco buoi” che ogni giorno diventa sempre più esiguo, una serie infinita di guerre fratricide alla ricerca di un responsabile a cui addossare le colpe dei nostri insuccessi. Un minimo di buona volontà e quel barlume di lungimiranza che deve restare in ognuno di noi, ci deve spingere verso un’azione condivisa, alla ricerca di soluzioni unitarie, utili a recuperare quella credibilità che altrimenti rischia di relegare questa nostra magnifica passione alle periferie della società.
In questi giorni, forse impropriamente, si è parlato anche di modifiche dell’articolo 1 della Costituzione. Qualcuno ha detto: per inserire il principio dei principi: “L’Italia è una repubblica fondata sulla Libertà.”
A nostro avviso la libertà più grande e per questo più difficile da conquistare è la libertà di stare insieme. Il migliore augurio che ci possiamo fare per questo 2010 che è appena iniziato è fare nostro al più presto questo obiettivo.
Federico Guidi