“Io riconosco a tutto il movimento ecologista uno straordinario merito: quello di aver posto all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale il rischio enorme dell'attuale situazione. Però non condivido alcuni aspetti dell'ideologia ecologista, lo svilimento dell'umanità rispetto a una fantasmatica "natura" che va protetta come una reliquia”.
Vogliamo partire da queste parole di Pascal Acot, ricercatore francese stimato in tutto il mondo, storico della scienza, e autore di libri sul clima e l'ambiente, per parlare del ruolo delle associazioni ambientaliste di oggi, forse, alla resa dei conti, molto più anacronistico di quello dei vecchi cacciatori appiccicati - come dicono ancora in molti - alla loro doppietta e alle loro tradizioni.
Acot, a dire la verità fa qualche cosa in più che dare un giudizio astratto sugli ecologisti, tirando in ballo icone come Wwf, forse l'associazione ambientalista per antonomasia, che di fatto collabora con industrie inquinanti, facendo al contempo della tutela dell'ambiente e degli animali la sua mission principale. Acot dice che sbagliano quegli ambientalisti che si limitano “ad un generico appello alla coscienza individuale” dei cittadini, sensibilizzandoli a non inquinare e a non consumare troppo. Il problema, infatti, è che quegli stessi ambientalisti poi si mostrano malleabili, se non conniventi, con i veri grossi inquinatori.
Dice in sostanza Acot “io posso anche convertirmi all'auto elettrica, ma il mio gesto risulterà ininfluente se si continua a perseguire la logica folle della mondializzazione nella circolazione delle merci, con l'emissione spropositata di combustibili fossili necessaria al loro trasporto”. “Quando finirà – si chiede quindi lo studioso - l' assurdità di gamberetti pescati nella baia di Baffin, sgusciati in Marocco e impacchettati in Danimarca che arrivano poi sugli scaffali dei nostri centri commerciali? Magari ad opera di quelle stesse catene distributive che hanno anche la faccia tosta di spingerci ad acquistare buste di plastica ecologiche con il logo del Wwf”.
Magari su quei banchi, aggiungiamo noi, quei gamberetti ci finiscono anche per opera delle aziende che fanno capo all'onorevole Brambilla, che commercializzano all'ingrosso pesce surgelato per la grande distribuzione. Della serie: ok gli ideali, ma gli affari sono affari.
Del resto l'esempio portato dall'esperto parigino non è il solo. Da noi la Panda deve il suo nome proprio ad un accordo Wwf- Fiat, che fu un successo per entrambi. Susanna Agnelli ne divenne presidente (del WWF Italia) e la Panda, che è vendutissima dagli anni 80, fu pubblicizzata come auto amica dell'ambiente. Eppure ci risulta che dal suo tubo di scarico esca la stessa Co2, prodotta da tutte le altre auto. Queste grandi Ong assomigliano sempre di più alle Spa: hanno spese da sostenere, stipendi da pagare e forse qualche interessuccio di bottega qui e là. L'importante pare sia più mantenere alta la loro brand reputation e la loro visibilità, che occuparsi realmente di ambiente.
Le associazioni animaliste e ambientaliste, per esempio, sono bravissime a piazzare il loro merchandising nelle aule delle fatiscenti scuole dell'obbligo. Ogni bambino a 8 anni vorrebbe fare qualcosa per salvare gli animali dopo che dei simpatici ragazzi con i cappellini di Wwf, Lipu o compagnia bella, hanno regalato adesivi facendo perdere noiose ore di matematica. Se non ti prendono lì poi, c'è sempre il supermercato, dove i gadget delle associazioni vengono distribuiti perfino alle casse. E così il seme è piantato. E' lì che ha inizio l'imprinting che mira al versamento di un bollettino premarcato.
Tornando all'idea di Acot, è l'impostazione ideologica di queste associazioni, oltre che la loro condotta, a fare il danno maggiore facendo credere che al mondo possano coesistere un'anima ecologista e un'altra distruttrice e lasciando pensare che basti creare apposite oasi, dove concentrare una natura ormai non più selvaggia, mantenuta più per questioni "turistico-ricettive", che realmente ambientali.
L'avversione per la caccia non è che un esempio della focalizzazione su falsi problemi. Nessuno scienziato affermerebbe con cognizione di causa che la caccia rappresenta un problema per l'attuale stato della fauna. Eppure è lì che si concentrano tanti, troppi sforzi degli ecologisti. Intanto gli uccelli, quelli che ancora si presentano tra una distesa di asfalto e l'altra, continuano a morire sui campi per effetto di molte sostanze chimiche che nessuno ancora ha deciso di mettere al bando (qualcosa per fortuna in Italia sta cambiando proprio ora); se i migratori non si fermano è perchè non trovano le condizioni ottimali e i nostri boschi sono solo il ricordo di ciò che erano un tempo.
Eppure le vere emergenze sono chiare. E' di qualche giorno fa l'appello dell'Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), la task force scientifica dell'Onu sull'emergenza climatica. Secondo gli scienziati tra 10 anni la situazione del pianeta sarà irreversibile. E certo non basterà smettere di lavarsi le mutande, come professava anni fa un certo guru dell'ambientalismo nostrano, o andare in bicicletta a prendere il giornale la mattina per cambiare le cose.
Intanto, nella Campania Felix continuano a bruciare tonnellate di ecoballe, croce più che delizia del fu ministro Pecoraro Scanio.... I'Ilva di Taranto continua a mietere le sue vittime e la terra gestita per decenni dalla Camorra comincia a restituirci quintalate di rifiuti tossici che da anni probabilmente finiscono sulle nostre tavole sottoforma di prodotti della terra. Ma questa è ormai la normalità.
Ambientalisti della prima della seconda e della terza ora, pentitevi!
Cinzia Funcis © RIPRODUZIONE RISERVATA |