La cucciolo-mania infesta la rete. Tra i video più cliccati dai navigatori del web vanno alla grande quelli di irresistibili gattini, teneri orsetti, tigrotti giocosi e dei più svariati animali domestici e selvatici, a condizione che siano davvero carini, o perlomeno goffi e divertenti. L' irrefrenabile corsa alle coccole, filone sempre più in voga anche nei migliori – o peggiori – tg nazionali bramosi di immagini bizzarre da dare in pasto ai telespettatori, è testimone forse di una civiltà che ha perso di vista la propria natura cannibale (in senso lato) e spregiudicata?
Così sembra pensarla Adriano Sofri, personaggio per altri versi e ragioni discusso, che in una – a nostro avviso - inappuntabile analisi dal titolo “perchè tutto il mondo guarda i cuccioli in rete”, già stracitata e commentata, scrive: “si è tentati di deplorare l'umanità che si commuove fino alle lacrime sulla sorte dei piccoli degli altri animali e non batte ciglio di fronte a quella di milioni di cuccioli umani”.
Un'amara verità. Mentre ci scordiamo volutamente che i cinque regni naturali funzionano anche grazie ad un certo margine di “perdite” di giovani nati, nostro malgrado veri protagonisti della catena alimentare, evitiamo anche di pensare ai milioni di “cuccioli” umani, sacrificati per inerzia dall'ingordigia del cosiddetto mondo civilizzato. "Calpesterai una quantità di morti di fame mentre vai a salvare la tua balena spiaggiata e il tuo grazioso iPad è stato montato da un bambino di tre anni nel sudest asiatico". E' una citazione, tratta da un blog che ben rappresenta il miope pensiero animalista. Che spesso si erge a vessillo di moralità assumendo toni quasi religiosi.
La storia dell'orso Knut per esempio, l'orso adottato da un dipendente dello zoo di Berlino e divenuto un'attrazione capace di aumentare i proventi dello zoo di 10 milioni di euro, la dice lunga sull'assurdità di certe manie collettive: la gente accorreva a frotte per assistere allo spettacolino di coccole tra l'orso e il suo amorevole padrone, che aveva occhi solo per il suo amico orso. L'idillio è terminato presto, quando il guardiano è mancato per una malattia, e l'attenzione dell'ansioso pubblico, dopo pianti collettivi e fiaccolate fuori dallo zoo (come quando muore una grande star), è andata scemando quando l'orso bianco è diventato troppo grasso e ingiallito per intenerire i cuori dei gitanti.
Una sorta di incantesimo collettivo ci vuole tutti eterni adolescenti, abitanti di un mondo da cui è bandita ogni iniziazione alla vita adulta. Sofri riporta alla mente qualcosa che è sepolto nei ricordi di chi ha almeno una trentina d'anni: nel film Cucciolo, con Gregory Peck (tratto dal libro di Marjorie Rawlings del 1938), “il bambino Jody adotta un cerbiatto orfano e diventa suo grande amico, finchè, messo di fronte ai danni che il cervo crescendo provoca alla povera fattoria, Jody stesso finisce l'animale che sua madre ha maldestramente ferito. Un'iniziazione virile che passa attraverso il tradimento e l'uccisione del proprio compagno animale e il diploma di cacciatore. (“Non sono stato io a tradirti... è stata la vita”, dirà Gregory Peck al figliolo)”. Questo e molti altri film hanno contribuito, proprio come le più belle fiabe ormai ultra centenarie, ad insegnare una lezione morale che la vita d'un tempo contemplava nell'esperienza di ognuno di noi e che avviava sul sentiero delle responsabilità.
Se la gente non pensa più di dover ammazzare il proprio fratello cerbiatto per diventare grande, inevitabile, si osserva nella nota citata, è la rimozione della brutalità della natura e della sua distrazione matrigna. La cosa più vicina all'insidia della natura è oggi, per grandi e piccini, la Borsa valori. L'altra natura la si allontana da sé, o almeno dai propri bambini. Ma nella giungla dei mercati – e lo vediamo in questi giorni difficili – tutto è permesso. Perfino che solide imprese a causa di insulsi giochetti finanziari finiscano col sedere per terra abbandonando intere famiglie condannate alla povertà. Peggio, gli umori della borsa, permettono di lucrare sulle tragedie, di generarle e di lasciare che il mondo osservi inerme qualcosa che non sa regolare, proprio come anche al più fervente animalista capiti di dover guardare un documentario in cui prede e predatori si inseguono in un'eterna lotta per la sopravvivenza. Ci saranno sempre leoni affamati ad infilare unghie e denti nelle tenere carni di piccole gazzelle, è nell'altra giungla, quella umana, che possiamo imporre valori morali su misura per il nostro piccolo grande mondo, per proteggerci vicendevolmente, proprio come ogni specie cerca di fare dalla notte dei tempi per traghettare il proprio patrimonio genetico il più lontano possibile.
Anche a noi piacciono i cuccioli. Anche a noi piacciono gli animali. In tutti i periodi della loro vita.
Non ci piace invece l'uso distorto, esagerato, innaturale, che si fa dei sentimenti per favorire ignobili speculazioni. Non ci piace soprattutto che questi sentimenti che tutti gli esseri umani sono in grado di provare, vengano a volte utilizzati strumentalmente per far credere che la natura, nelle sue variegate espressioni, sia mossa solo da buone intenzioni. Spesso, per ordire ignobili gazzarre contro la caccia e i cacciatori. "
Cinzia Funcis