Molti fatti di cronaca mi costringono a pensare a quanti modi sia possibile morire per colpa della stupidità, propria o altrui. Sono portato a formulare confronti mentre passo alcuni momenti, nemmeno troppi, vista la noia che mi procurano, a girovagare su certi portali che si prefiggono di fare abolire la caccia.
Lo faccio per verifica, in occasione di eventi luttuosi accaduti in ambito venatorio, alla ricerca di quel sistema architettonico che trasforma verità o semi verità, in pacchianerie e bufale su cui costruire preconcetti, da servire come oro colato, ad uso e consumo di tutti coloro che l’odio per caccia e cacciatori, abbia trasformato in fedeli parrocchiani dello sdegno a comando. Ci sono svariati tipi di portali che diffondono dottrine antivenatorie, c’è quello che non perde tempo in preamboli e che per andare dritto al problema si è nominato come lega abolizionista, ce ne sono altri che invece si mascherano, più o meno dignitosamente, dietro ambiente, biodiversità, animali di ogni tipo, ma se poi vai a vedere, per lo meno in Italia, la maggior parte di loro batte, alla fine, su di un solo chiodo. Ogni scusa è buona, soprattutto per quel portale che, preferibilmente, si occupa di statistiche ferali, di cronache mortuarie, in specie riguardanti vittime nel settore venatorio o causate da armi da caccia, di vittime, anche in modo diretto ed indiretto, dell’attività venatoria.
Non che di queste vittime non debba dispiacere, tutt’altro, dispiace che si muoia per stupidità altrui e dispiace anche che spesso si muoia per stupidità propria, ma come estirpare la stupidità se è insita nel genere umano, abolendolo? Che stupidità sarebbe! Sebbene ci sia stato chi ci ha provato, almeno nei confronti di coloro che riteneva propri nemici. Tragedie della stupidità umana che si ripercuotono come un eco, generando altra stupidità, in moto perpetuo, perché è questo che si dovrebbe imparare dalla storia: la stupidità genera solo altra stupidità. Non se ne esime il potente, la stupidità del quale diventa un modello, travolge di messaggi il singolo individuo per il quale, determinate condotte, diventano del tutto giustificate e giustificabili. Quindi, dove proprio si voglia abolire, da cosa cominciamo ad abolire?
Qualcuno dirà subito: “i cacciatori!!!” non i bracconieri, sia chiaro, perché quelli già sono proibiti, eppure ogni giorno se ne sente parlare, fanno vittime anche loro e senza alcuna assicurazione. A fronte di una abolizione totale della caccia, che vale una stima dello 0.5% del PIL italiano, illudendosi che rimangano pure invariate le vittime del bracconaggio, si causerebbero ancor più danni di quanti non ne avrebbero causato quegli stupidi, provocatori d’ incidenti, presi come pretesto per abolire la caccia. Settecentomila assicurazioni in meno, milioni di fucili e cartucce da smaltire, cani e accessori inutilizzabili, utili aziendali decimati, stipendi decurtati, ma soprattutto tanta nuova illegalità da gestire in un paese in cui proprio l’ illegalità è una presenza perenne nelle cronache. Cronache alle quali i fedeli parrocchiani anticaccia paiono insensibili, ogni evento luttuoso è digeribile, ancor più se dovuto ad illegalità, ma non quello venatorio, che pure assume solo l’identità di incidente.
C’ è un solo prezzo da pagare per sedare i rigurgiti delle loro coscienze, abolire la caccia. Ma abolire non significa estinguere, anche questo ci ha insegnato la storia, quando ad esempio, si sono voluti abolire i vizi. La prostituzione è libera, è libero il gioco, l’ alcool, ci si batte per la liberalizzazione delle droghe leggere, ma c’ è chi vuole abolire la caccia. Incredibile ma è così. Ed è solo se fosse abusiva che la caccia potrebbe essere alla fine tollerabile da tutta questa gente che oggi la combatte. Diventerà tollerabile come ogni altra attività illecita, poco importa se poi nemmeno la polizia potrà farci un gran ché, come già avviene per altre e svariate attività illecite.
Il bracconaggio raggiungerebbe livelli mastodontici, facendo, probabilmente, le stesse vittime che la caccia faceva prima, senza la garanzia del risarcimento e senza nemmeno essere più degne del diritto di cronaca, ormai omologate nel malcostume usuale. Le uniche cronache che rimarrebbero degne di nota sarebbero quelle storiche su come e chi, abbia potuto compiere un simile sacrilegio, gettando stupidamente nel fango, il valore della caccia. Ma, ancor peggiore della stupidità non è forse il cinismo di chi queste vittime le abbia sfruttate, cosciente che tutto ciò potesse avvenire, purché gli possa essere riconosciuto il merito di aver vinto una battaglia personale?
Un altro campo, nel quale siamo chiamati ad un confronto, è il piombo sparato dalle nostre cartucce. Anche in questo campo, dietro l’altisonante interessamento dell’esperto qualificato di turno, le conclusioni alle quali si avviene, per quanto siano inconcludenti, sono perfino ridicolmente orchestrate. Ho letto, da qualche parte, su uno dei soliti portali, che la conclusione per la quale una certa concentrazione di piombo, che si avrebbe in determinate situazioni, “creerebbe un impatto insostenibile dall’opinione pubblica.” E’ un’ ‘opinione minacciosa‘, nemmeno troppo celata, ma di un’ imminente catastrofe ambientale o di un impatto meramente opinionistico al quale non saremmo preparati? Ora, dato che anche la mia è un’ opinione che ha diritto di essere pubblica, essendo ormai vaccinato da altre e peggiori quanto quotidiane catastrofi ambientali, dubito fortemente che agli italiani una simile cosa possa interessare maggiormente di quanto nemmeno lo smaltimento illegale di 30 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno, riesca a fare e nemmeno con tutto lo strascico di illegalità, di desolazione, di distruzione, di malattie e di morti che si lascia dietro.
Queste associazioni confidano ancora su un numero così consistente di creduloni che possano ancora pensare che per migliorare lo stato ambientale del nostro paese, ci si debba di colpo accorgere che l’unico piombo da eliminare, in prima istanza, sia quello dei nostri pallini per la caccia. Che dire di tutte le altre migliaia di tonnellate di piombo disperse in atmosfera, perfino provenienti da altri paesi più o meno limitrofi, l’ Europa è uno dei continenti dove si fa maggiore uso di piombo, dalla terra e acque varie, proveniente da sistemi industriali, pervenute dalla combustione, dai dilavamenti atmosferici di città, strade, autostrade, dai fitofarmaci di piantagioni e colture di ogni tipo? in quanto essendo attività molto più utili della caccia, debbano essere accettate come un retaggio dovuto, forse dalla civiltà e che quindi il problema si possa glissare e che staremo tutti comunque meglio ed in buona salute una volta eliminato il piombo dalle nostre cartucce? Ma ora che questa intransigenza è stata soddisfatta e che il piombo nelle cartucce è già pronto a trovare il suo sostituto, più o meno degno, in pallini di leghe varie, siamo in attesa che i ‘rimanenti’ problemi legati al piombo e ad altre sostanze, siano affrontati da quelle associazioni ambientaliste con la stessa veemenza che ci è stata riservata, che le vittime dell’ inquinamento vadano ricercate e denunciate dai media con la stessa solerzia di quelle della caccia, che le cineprese colgano gli inquinatori con la stessa infallibilità con la quale coglievano le mancanze venatorie e che non si possa più perdere tempo, nè lasciare alle future generazioni l’ eredità di battersi contro le grandi lobby economiche di sempre, con il rischio ed il dubbio, che poi non facciano come certi loro padri e madri: sempre alla ricerca di un facile capro espiatorio solo per rendersi visibili per poi cambiare credo alla prima, altisonante, occasione.