L'emergenza cinghiale, reale o strumentale che sia, pone seri problemi per chi, pubblico o privato, dovrà gestire il problema. Di recente, forse per evitare di affrontarlo seriamente, anche il ministro dell'agricoltura ha nicchiato nel rispondere durante un question time a chi gli aveva sollecitato di modificare la normativa per evitare che questo irsuto abitatore della macchia si facesse vedere sempre più spesso anche per le strade delle nostre metropoli.
Aldilà dei punti di vista, che in Italia come sempre abbondano, il cinghiale è e potrebbe ancora più diventare una risorsa. Di carne di qualità, ma anche interessante per la nostra economia, tanto folte sono diventate queste popolazioni suine in tutte le regioni. Del resto il fenomeno non è una nostra esclusiva, come vorrebbero far credere i nostri avversari. Tutta l'Europa ne è interessata. E non si limita - per quanto ci riguarda - al solo cinghiale, ma abbraccia come ben sappiamo gran parte degli ungulati. Fino a una cinquantina d'anni fa, di cervi si parlava solo in alcune zone alpine, del capriolo pure, considerato specie protetta in gran parte del resto del paese. Mufloni e daini erano quasi sconosciuti. Il boom economico e il conseguente abbandono delle campagne, soprattutto in Appennino, ha consentito questo sviluppo pressoché incontrollato, appannaggio per un po' dei soli cacciatori, che nel frattempo andavano peraltro inesorabilmente a diminuire. Fino a quando, complice anche la presenza di folle metropolitane in ambienti cosiddetti naturali, portatrici di una cultura animalista e nello stesso tempo gaudente se non contraddittoriamente godereccia, si è scoperto che questo "nostro" patrimonio faunistico poteva diventare appannaggio anche di altri: gli ambientalisti-animalisti che stupidamente lo pretenderebbero "vivo", altri, come gli agricoltori (ormai trasformatisi anche in "albergatori"), che cupidamente lo preferirebbero in padella.
Stia come stia, la mediazione appare difficile, adesso che la superabbondanza minaccia anche vigneti di qualità, eccellenze dell'agroalimentare nostrano e ...il sistema della raccolta urbana dei rifiuti. In molti, anche nelle nostre file, con l'aiuto di chef stellati e supergastronomi s'impegnano per fare di questa saporita materia un'altra apprezzata eccellenza, superando il limite gulash più o meno adattato alle nostre cucine locali. Adesso, non senza fatica, con un colpo al cerchio e uno alla botte, anche la Conferenza stato-regioni ha dato un segnale considerato innovativo rispetto alla precedente normativa che prevedeva il piccolo commercio da parte dei singoli cacciatori. Tra il dire e il fare, però, come si dice... la differenza è grande. Mancano infatti le strutture adeguate per dare sostanza all'idea, manca soprattutto una precisa individuazione dei soggetti a cui fare riferimento. Gli agricoltori si stanno dando da fare per acquisirne la titolarità primaria, le squadre di cinghialai, principale riferimento per la maggior parte dei capi abbattuti, necessiterebbero di strutture più adeguate alle disposizioni sanitarie. Senza contare che il settore commerciale (all'ingrosso e al dettaglio) fa pressioni affinché venga privilegiato il prelievo di selezione, che garantisce maggiori garanzie sanitarie, non escluse strumentalizzazioni nei confronti dell'uso di munizioni di piombo anche nella canna rigata.
Chi la spunterà? La competizione è in corso....
Aldo Morello
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