E' vero! I politici ti misurano sulla base dei voti. E sul supporto che possono ricevere. Economico (eh si!) e di solidarietà, cioè di sostegno. Una specie di promozione che si esplicita in tante forme, ma che in sostanza si riduce poi a valori economici. Ovvero, se gli fai pubblicità, a un politico, gli risparmi dei costi vivi e gli procuri prebende.
Ma non ci sono solo i politici. C'è anche l'opinione pubblica, la gente. Che, appunto, fa opinione e influenza direttamente o indirettamente anche la politica. Eccome! E a questi chiari di luna, anche la gente è sensibile al tintinnare dei soldi.
Guardate per esempio il trambusto che in tempi di Covid si è scatenato intorno al calcio professionistico. Si fa di tutto, anche a livello legislativo (con i famosi DPCM), per non bloccare questa attività, mentre l'analoga attività dilettantistica langue. Quella praticata a livello del vecchio oratorio è addirittura interdetta.
La ragione? "Affari", naturalmente, niente di meno e niente di più che affari! Un recente resoconto de La Gazzetta dello Sport c'informa che il giro d'affari del pallone italiano è di 3,5 miliardi di Euro. Un cifra che supera analoghe somme - che pur pesano - in altri paesi d'Europa, terre d'elezione del gioco del calcio, dove si spuntano stipendi milionari, più alti anche di quelli che blasonati club nostrani elargiscono alle cosiddette star dello scarpino.
Bene. Ma non vi sembra strano che altre discipline o altre attività che registrano valori anche più alti a vantaggio del PIL nazionale non godano di stessa considerazione presso i nostri governanti, e men che meno da parte della opinione della gente?
Prendo un esempio a caso. La caccia. E sicuramente non vi sembrerà strano. Insomma, secondo stime dello scorso anno, frutto di un indagine dell'Università di Urbino, la caccia quota due miliardi e ottocento milioni di Euro. Non sono bruscolini. Come non sono bruscolini i due miliardi e novecento milioni che i cacciatori francesi aggiungono al PIL del loro paese, o quei cinque milioni e mezzo di Euro che aggrega la caccia spagnola.
Di certo, in quei paesi, come del resto ovunque in Europa, questa nostra attività è tenuta più in considerazione, più rispettata che da noi. E nonostante le difficoltà, ancora più praticata. Una cultura diversa? Può darsi, un rapporto diverso fra caccia e territorio? Possibile. Da quelle parti, nonostante tutto, il contesto rurale è più largo, più vissuto, più apprezzato.
C'è più consapevolezza dello scorrere della vita naturale. I bambini sono meno convinti che i polli nascano già spennati e impacchettati nel cellofan. Le pasionarie, compresa quella iconica mummia della BB (la Brigittebardot), fanno meno chiasso, i cani e i gatti alternano più spesso gli avanzi della tavola alle crocchette vegane ("per soggetti sterilizzati"). Le associazioni ambientaliste sono ambientaliste, si preoccupano dell'ambiente, spesso in collaborazione con i cacciatori, a volte sotto il coordinamento del governo, e non come da noi che dietro sigle altisonanti nascondono servi delle multinazionali che inquinano o di quella categoria di prodotti che tempo fa hanno fatto scandalizzare anche Papa Francesco. Inorridito all'idea che la quarta principale spesa a livello mondiale sia quella appunto delle "crocchette" per le mascottine annoiate che impelano i divani di quei "naturalisti" della domenica che s'indignano se la ASL dispone l'eliminazione di sette cinghiali che occupano militarmente ormai anche le nostre città.
E allora, come si fa a far sapere ai nostri concittadini quello che altrove sanno tutti? Come si fa a convincerli che questa nostra caccia ha una rilevanza economica come la può avere il nostro sport nazionale, il calcio?
Giro la domanda ai capi delle nostre associazioni. Invitandoli ad adoperarsi - insieme, una volta tanto - almeno su questo fronte. Ci riusciranno?
Salvatore Bonanno