Passata l'indigestione elettorale, l'unica cosa che credo si possa arguire è che questo governo ci accompagnerà fino al 2023. Salvo imprevisti, come a volte capita. Le amministrazioni regionali, almeno per quanto si può capire, non modificheranno granchè sulla caccia, visto che, tranne una, le compagini vengono riconfermate e, nelle Marche, dove dopo tanto tempo si cambia, l'attività venatoria non era gestita poi tanto male, almeno relativamente, se confrontata con altre realtà più a nord o più a sud. O più a ovest.
Occorre quindi - a mio modesto parere - applicarsi alle cose possibili, tenendo conto anche che il paese, al momento, ha altre priorità.
Ma c'è anche un'occasione, che per noi potrebbe essere un'opportunità, alla quale non sarebbe male che tutti noi facessimo un po' di attenzione. Soprattutto perchè - parlo del cosiddetto Recovery Fund - questa enorme valanga di soldi verrà decisa dal governo, ma in buona parte acquisita dalle regioni, dove - almeno in diverse - certe nostre istanze possono quantomeno trovare un po' più di ascolto, se sfrondate dalla retorica ideologica, ormai soprattutto appannaggio di quei movimenti - pentastellati e ultrasinistri - che qualche giorno fa sono stati clamorosamente bocciati. Gli alti lamenti di quel Di Battista e le escandescenze di Grillo ne sono una palese conferma.
E siccome, già da più parti si alzano richiami a che della questione si dibatta ampiamente in parlamento, e che soprattutto si dovranno sentire i "territori", un discreto sollecito ai nostri amministratori locali sarà urgente e doveroso.
Vediamo un po' di che si tratta. Intanto, sarà ancora più privilegiato il cosiddetto green, ovvero la sostenibilità ambientale. Detto in parole semplici, cioè: se vuoi i soldi, tu governo, tu amministratore locale devi fare quello che avresti dovuto fare già da decenni, salvaguardare i territori, l'ambiente, così come ti richiedeva - per esempio, e sottolineo "per esempio" - la Direttiva Uccelli. E per questo c'è ben il 37% del totale a disposizione. Cioè, per l'Italia: la bellezza di quasi 80 miliardi di Euro. Mentre fino ad oggi, grazie a certi ascari prezzolati, tutto è stato fatto, e soprattutto per mortificare la caccia, tranne che salvaguardare i territori, combattere l'inquinamento, la perdita dei suoli, impegnarsi nell'applicazione di utili politiche ambientali. Faceva più comodo ridurre tempi e modi di caccia, piuttosto che adottare politiche e metodi virtuosi, sia in città sia nelle campagne.
Si vede bene, dunque, che per la caccia, oltre che insistere su certe rivendicazioni di parte, specie, tempi e modi, si potrebbero intanto sollecitare infinite revisioni nella gestione del territorio, privilegiando azioni per favorire la presenza di fauna selvatica, specie pregiate non solo per l'attività venatoria, equilibri ormai perduti a causa di quella dissennata politica protezionista che sulla carta, sui social e alla televisione può fare effetto, ma in pratica non fa altro che acuire il disagio di agricoltori responsabili, ambientalisti veri (sempre meno, purtroppo), opinione pubblica e anche cacciatori. Il disequilibrio faunistico causato da errate pratiche agricole e strumentale gestione delle aree protette ne è la più chiara testimonianza.
In questi giorni, seppur in ritardo, a Bruxelles si sta discutendo la nuova PAC, la prossima politica agricola comunitaria. C'è una certa attenzione anche da parte dei rappresentanti europei dei cacciatori (FACE). E' un'eresia chiedere che i nostri dirigenti nazionali ci pongano un po' più di attenzione di quanta non ve ne hanno dedicata in passato? Nell'assenza totale di quel minimo di considerazione con la quale siamo gratificati dal serafico ministro dell'ambiente, che come altri ormai fa politica cambiando la maglietta (quando con l'upupa, quando con Papillon), vogliamo darci un po' più da fare con i nostri governatori (vecchi e nuovi) con i nostri assessori regionali all'agricoltura, per reclamare più impegno su quel che manca, cioè una sana gestione del territorio agricolo e forestale, un ripristino di colture e metodi meno criminogeni, un recupero di quell'enorme bacino di biodiversità che è l'Appennino, che potrebbe essere una miniera d'oro di aria pulita, vita selvatica sana e anche, lasciatemelo dire, selvaggina di qualità?
Il mondo di ieri, anzi di ieri l'altro, non era tutto rose e fiori. Era fatica e sudore, anche. Ma dispensava pure bellezze, natura, e gratificazioni. L'altro 20% condizionato (40 miliardi di Euro per l'Italia), previsto per recuperare il "nostro" ritardo nel cosiddetto digitale e in tutto quello che di tecnologico ne consegue, potrebbe alleggerire quell'atavica fatica e dilettare un po' di più il cuore e l'anima, anche di noi cacciatori.
Ne vogliamo parlare?
Vito Rubini