C’è di che preoccuparsi! L’analisi della situazione ambientalista, in particolare quella italiana, apre scenari inquietanti per la superficialità con la quale vengono affrontati temi di importanza rilevante, se non vitale, per l’uomo. Più volte ho affermato che stiamo attraversando il periodo buio del medioevo ecologista e solo profonde riflessioni con conseguenti prese di posizione ragionevoli possono far uscire l’uomo occidentale dalla crisi ambientalista nella quale si è infilato, pena la sua estinzione.
La profonda ignoranza che pervade in tutta la sua essenza il rapporto uomo-natura è preoccupante e prevede scenari che potrebbero rivelarsi apocalittici. L’uomo ha urgente necessità di risolvere un problema che non aveva fintantoché era tutt’uno con la natura, povero ma naturale; problema che si è presentato prepotentemente nel momento in cui si è staccato da essa, diventando “ricco e sofisticato”. Ciò che prima era naturale, dev’essere ora ricercato, studiato e risolto!
Aldo Leopold, considerato tuttora il più grande ecologista mondiale, cacciatore conservazionista e fondatore delle Wilderness, affermava che i problemi ambientali sono fondamentalmente di matrice filosofica nella quale va ricercata la soluzione di un nuovo rapporto con la natura. E’ indubbio che in questo momento ci siano, a livello mondiale, due problemi cui guardare; il primo è l’oggettivo stato di salute del pianeta, il secondo è ricercare un modello valido che regoli il rapporto uomo-natura e che permetta quindi di affrontare al meglio il primo problema. Purtroppo, in questo momento in Italia siamo lontani anche dal comprendere le basi di quanto ho appena scritto.
L’ignoranza che aleggia, specialmente nell’ultimo periodo in tema di conservazione, salvaguardia ambientale, mantenimento della biodiversità è quanto di più tetro l’uomo ragionevole possa assistere. I nostri figli vengono istruiti attraverso i libri di testo di noti animalisti-chic e non esiste un indirizzo scolastico di matrice puramente filosofica su queste importanti tematiche lasciando così spesse volte la scienza in balia delle opinioni preconfezionate. Io credo infatti che la scienza nulla possa per l’uomo e l’ambiente se non è supportata da un buon modello filosofico di riferimento. Prova ne abbiamo qui in Italia ove si confonde spesso l’animalismo con l’ambientalismo, termini che definiscono posizioni filosofiche contrastanti ed antitetiche. Una causa della perdita di biodiversità è imputabile alle teorie animaliste, quelle stesse teorie secondo le quali è sufficiente amare oltre ogni cosa il proprio cane, non uccidere una zanzare, una nutria, un gambero della Louisiana per ergersi quale esempio di perfetto amante degli animali, e quindi vero ambientalista.
Queste teorie dogmatiche ricordano molto epoche storiche in cui le soluzioni dei problemi erano affidate a precetti religiosi, privi di logico fondamento ma efficaci per l’ignaro popolo. Finchè non si abbandonerà l’”ambientalismo religioso” in favore di un’”ambientalismo laico”, le tematiche ambientali serie rimarranno nell’oblio più profondo, con false ed assurde inquisizioni e streghe da bruciare.
L’epoca cartesiana dell’ambientalismo deve ancora arrivare e la totale confusione del momento è l’indice della profonda ignoranza dell’uomo odierno che spesse volte viene manipolato a piacimento. Eppure, i modelli filosofici cui trattare i problemi ambientali, quelli che regolano il rapporto uomo-natura, sono ben distinti e facilmente individuabili. Attraverso questi è possibile far ragionare l’uomo, cercando il modello giusto di riferimento a seconda del problema che ci si presenta. Le macrocategorie che rispondono a precise teorie filosofiche, distinte e separate, sono essenzialmente quattro. Esistono in realtà anche sottocategorie che affrontano visioni diverse seppur rientranti nella categoria principale ma per questioni di semplicità possiamo raggrupparle in:
- Animalismo, le cui teorie non occorre ricordarle in quanto conosciute da tutti.
- Welfarismo, che si occupa del benessere animale pur affermando che l’uso degli stessi è moralmente lecito.
- Ambientalismo, che tratta appunto la natura in generale, animali e piante in estinzione e solitamente non si occupa troppo di “questione animale”
- Ecologia profonda che differisce dall’ambientalismo superficiale in quanto ha una visione estremamente biocentrica, accetta l’impiego di animali solo per scopi fondamentali e tra i punti fermi della filosofia afferma che la sopravvivenza dei non umani dipende dalla diminuzione degli umani.
Queste filosofie, tutte lecite e rispettabilissime in quanto consolidate e frutto di ragionamenti umani, regolano i differenti approcci dell’uomo alla natura. Non necessariamente se ne deve scegliere una in esclusiva, anzi, l’equilibrio e la giusta dose tra le quattro visioni è la miglior soluzione e l’”agire etico” nella scelta cui collocare un determinato problema dev’essere ragionevole, responsabile, coerente. Uscire da questa logica denota non conoscenza della materia, incoerenza, incapacità, superficialità caratteriale, grave irresponsabilità.
La maturità dell’uomo d’oggi dovrebbe avere raggiunto un grado d’evoluzione tale da suggerirgli di equilibrare quelle quattro categorie in funzione dell’aspetto trattato e dell’importanza dello stesso. Ecco quindi che potrei tranquillamente riservare cure estremamente amorevoli per il mio cane e quindi definirmi in tal senso un animalista, pensare però anche in senso welfarista per gli animali in generale e quindi accertarne un loro impiego alleviando il più possibile le sofferenze in quanto tutti gli essere viventi hanno un valore intrinseco, visione questa propria dell’ecologia profonda ma, nello stesso tempo, la capacità e l’onestà intellettuale di affrontare un problema ecologico serio con ragione come impone l’ambientalismo, dimenticandomi in quel momento di avere, per il mio cane, una visione animalista che non può applicarsi ad esempio nel problema del mantenimento della biodiversità in quanto va in senso completamente opposto.
Il serio e preoccupante problema italiano è che queste cose si ignorano completamente! Aleggia una confusione pazzesca perfino sui termini da usare. Si confonde l’animalismo con l’ambientalismo o il welfarismo con l’ecologia profonda e si finisce per affrontare un serio problema con la prima filosofia che capita, solitamente quella che grida di più! L’istruzione e l’informazione, soprattutto quelle scolastiche, non possono trattare questi temi in maniera superficiale, o non trattarli, o peggio ancora riservarli solo agli animalisti, perché l’ignoranza crea le assurdità cui abbiamo assistito ultimamente e, come diceva Voltaire, credendo nelle assurdità si commettono delle atrocità.
Il caos totale che regna sulla materia qui in Italia arriva perfino a sostenere un “manifesto animalista”, promosso dall’incoerenza di chi sembra dare la vita per gli animali ma ignora ad esempio quella dei pesci, confondendolo clamorosamente con l’ambientalismo. Nascono nuovi movimenti politici, fondazioni che si definiscono “culturali” e trattano invece la delicata questione ambientale attraverso scritti animalisti promuovendoli non da uomini di scienza e del settore ma da cantanti, ballerine e veline…secondo voi, per il nostro territorio, per gli animali, per l’ambiente in generale c’è o non c’è di che preoccuparsi?