L'ultimo numero de “Il Cacciatore italiano”, appena recapitato ai soci, con un'edizione speciale ha l'obiettivo di riunire attorno al grande tema della gestione sostenibile di fauna, territorio e ambiente alcuni tra i più importanti esperti nazionali, con lo scopo di fornire un quadro aggiornato e approfondito su materie di estrema attualità e di grande rilevanza. L'approfondimento riguarda tematiche che vanno dalle principali problematiche ambientali alla convivenza con i grandi carnivori, dalla emergenza delle specie aliene alle questioni più tecniche di gestione degli ungulati e della fauna stanziale in genere. Senza tralasciare i valori e il ruolo di una costante formazione e di una corretta applicazione della normativa.
Interessante l'intervento di Filippo Segato, dal 2014 è Segretario Generale della Face (Federazione europea delle associazioni venatorie). Cacciatore per tradizione familiare, ha nel suo curriculum venatorio numerose esperienze nel campo dell'associazionismo, avendo preso parte a numerosi progetti gestionali, di recupero ambientale e di prevenzione di danni da fauna selvatica.
Con l'argomento che affronta (“Il valore della caccia”), pone uno sguardo sulla caccia vista a livello europeo, che può essere utile per capire anche le cose che succedono nel nostro paese.
Ci ricorda che in tutti i Paesi dell'Unione Europea vengono regolarmente condotti degli studi per aiutare sia il legislatore, sia l'opinione pubblica ad avere un quadro preciso e attuale della caccia. E riporta alcuni esempi. Recentemente - riferisce - la BASC – grande associazione inglese per la caccia e la conservazione – ha pubblicato uno studio dal titolo The Value of Shooting (il valore della caccia) che evidenzia il contributo economico, ambientale e sociale delle attività legate alla caccia nel Regno Unito”. Le cifre parlano chiaro: “cacciatori e tiratori sportivi spendono 2,5 miliardi di sterline (3,46 miliardi di euro) ogni anno in beni e servizi, sono 74.000 gli occupati a tempo pieno sostenuti da caccia e attività connesse e che il tiro e la caccia portano in dote 2 miliardi di sterline in valore aggiunto all'economia britannica”.
"Anche l'Associazione dei cacciatori svedesi ogni anno conduce un sondaggio che pone ad oltre l'80% il gradimento della popolazione per la caccia", mentre "La Federazione nazionale dei cacciatori francesi pubblicherà un nuovo studio nell'autunno di quest'anno. In un'anteprima la FNC ha annunciato che in termini di volontariato ogni cacciatore vi contribuisce in media con 80 ore all'anno”.
Riferisce inoltre che “lo scorso 12 aprile i cacciatori maltesi hanno vinto un referendum abrogativo della caccia primaverile in deroga a quaglia e tortora. Una missione quasi impossibile se si giudicano le forze messe in campo dagli oppositori della caccia”.
Anche in Italia pochi anni fa è stata realizzata “una ricerca da Anpam e Università di Urbino che rapportando il valore complessivo del settore della caccia al PIL nazionale rilevava che esso ne costituiva lo 0,51%”. Per di più “secondo l'analisi demoscopica di Astra Ricerche gli italiani favorevoli alla caccia arrivano al 56% (nel 2013) e sono in aumento. “Quello che emerge da questi progetti - afferma - è la necessità di appoggiarsi a istituti scientifici indipendenti e di basare queste attività su evidenze oggettive e certificate”.
“Le direttive Habitat e Uccelli sono i cardini su cui l'UE basa la tutela della fauna selvatica e dei loro habitat e determinano le leggi nazionali che regolano la caccia nei Paesi membri.” Sono spesso criticate ma hanno il merito, afferma Segato, di aver creato la più estesa rete di protezione della biodiversità al mondo. Anche l'attività della FACE deve intendersi in questa prospettiva. L'organizzazione è uno dei maggiori portatori di interessi nel settore ambientale a livello europeo e da quarant'anni è impegnata nella formulazione e nell'attuazione della legislazione EU relative alla biodiversità. “L'applicazione della 'Guida alla disciplina della caccia in Europa', una delle notevoli conquiste della FACE, è resa difficile dalla carenza della necessaria documentazione scientifica”. Ma la legislazione europea non è immutabile.
Ciò che vuole evidenziare Segato, infatti, è il fatto che seppur “la nostra epoca sia contraddistinta da rapidi progressi tecnici, con la cultura rurale sempre più lontana dalla sensibilità comune, la caccia non deve però essere rappresentata solo con l'argomento della tradizione, ma deve offrire una visione propositiva e responsabile per il resto della società. Anche a livello europeo “per poter affermare che la caccia è compatibile con la difesa della biodiversità occorre dimostrare credibilmente di saperla tutelare”. La battaglia per la difesa della caccia deve essere quindi condotta su basi scientifiche, restando immune da impostazioni ideologiche.
Una riflessione su cui vale la pena di soffermarsi anche da parte dei nostri dirigenti venatori.
M. P.