L’anno nuovo si spera sempre che porti novità, piacevoli se possibile. Visto l’andazzo, per la caccia solo piacevoli saranno: il fondo l’abbiamo toccato ormai da mo’.
Proviamo pertanto, con banale esercizio retorico, a fare un elenco di cose che vorremmo e di cose che non vorremmo. E’ un gioco a cui tutti possono partecipare, impostando con garbo ognuno le proprie provocazioni, e con determinazione ognuno le proprie aspettative.
Fossi superottimista, personalmente comincerei col chiedere un aggiornamento della legge sulla caccia. Nei due decenni trascorsi, quasi ovunque nel nostro paese, abbiamo avuto modo di applicarla e di sperimentarla. Difficile poter tornare indietro, facendo finta che i contrasti ideologici e il lacerante referendum che la produsse non avessero mai fatto i loro effetti. Ma una rinfrescatina, quella si, sarebbe necessaria. Per snellirne la deleteria burocrazia, per affidarne finalmente l’applicazione a chi la caccia la fa, sul territorio, sul territorio la vive, non a soliti “centralisti”, tanto conservatori dell’esistente quanto ormai oltremodo parassiti.
Ma, è chiaro, le corporazioni degli interessi, quelle della scienza, quelle delle idee - ma sono idee, quelle che professano la guerra senza quartiere alla caccia e ignorano gli scempi del territorio, le speculazioni fatte in nome di un ambientalismo fasullo, lo spreco (meglio sarebbe dire furto) di denaro pubblico nel perseguire catastrofici progetti di sviluppo? – preferiscono gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica, piuttosto che rinunciare ai loro lauti introiti, provengano essi da gettoni di presenza nei parchi, nelle comunità montane, nelle partecipate (tutti enti intrisi di ideologia tardo ambientalista), o da stipendi e rimborsi per “rappresentare” i cittadini, estorti da consiglieri, assessori, deputati, senatori, europarlamentari, con leggi ad personas, e sottolineo la esse finale, o da mazzette, intascate equamente da politici, tecnici, faccendieri, per sè e per i partiti.
Cerchiamo pertanto di essere più realisti e, derubricando, individuiamo opzioni di più breve momento. Le regioni, per esempio. Perché non sostengono con forza il varo da parte del Governo di quelle stramaledette linee guida per l’applicazione delle deroghe? Poterne disporre sarebbe nel loro interesse, visto che quattro scimuniti hanno da tempo orchestrato una canea per far credere che la UE sta per multarci per miliardi di euro.
Le associazioni dei cacciatori. Perché non dichiarano pubblicamente che l’interesse della caccia è quello di avere una rappresentanza stabile, univoca, costituita su basi programmatiche certe, con obiettivi chiari e raggiungibili, lasciando perdere la demagogia che fa sempre vittime fra i più deboli, fra i meno preparati, fra gli eterni creduloni?
Perché, le stesse associazioni, non investono nei giovani, arricchendoli di una adeguata formazione (tecnica e politica) per superare finalmente quella gestione gerontocratica, sostenute da capipopolo (vecchi di idee prima che d’età) tanto impudenti quanto inadeguati? Per ovvie ragioni, i giovani hanno la mente aperta, vivono nel futuro, sono più propensi al rischio, hanno voglia di apprendere. Diamogli gli strumenti. E facciamolo tutti insieme.
Perché, da cacciatori, noi tutti e tutti insieme, non facciamo pressione affinchè la scienza, la ricerca, non possano davvero colmare quel divario fra chiacchiere stantie e realtà, che ancora ci penalizza? In Francia, ad esempio - ma anche altrove per altre realtà non sono da meno - hanno a cuore la beccaccia. Che vuol dire avere a cuore anche la caccia, alla beccaccia. Si sono organizzati, hanno messo volontariamente in piedi un sistema di raccolta dati e di esperienze che da una parte ha portato ad una rispettabile autoregolamentazione, e dall’altra a mantenere inalterato un patrimonio di cui i cacciatori d’oltralpe vogliono continuare a godere con soddisfazione. Perché, nel perseguire analoghi obiettivi, le nostre associazioni non mettono insieme risorse ed esperienze? Quantomeno servirebbero per risparmiare nelle spese e favorire la conoscenza. E dimostrerebbero anche la totale inadeguatezza di certi sedicenti scienziati che nel perseguire il proprio particolare gettano fango su una categoria, la nostra, che – diciamolo – in questa società dell’effimero e della chiacchiera costituisce l’anello più debole della catena.
Ecco, questi sono solo alcuni assaggi, ma una partecipazione corale, appassionata, li potrà arricchire all’infinito.
Enrico Parretti