Ispra ha presentato in questi giorni a Roma il rapporto Ipbes “Assessment Report on the Different Value and Valuation of Nature” sulla biodiversità. Ve ne esce un dato sconfortante: estinzione probabile entro la fine del secolo per il 50% del milione di specie prese in esame (un quarto di quelle conosciute).
Ipbes è una Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, ovvero la massima autorità scientifica in tema di biodiversità (la parte italiana è rappresentata appunto da Ispra). Nel confronto di tutti i dati disponibili a livello globale emerge che la natura sta diminuendo a tassi senza precedenti nella storia, e che in particolare il tasso di estinzione delle specie sta accelerando.
Gli autori del rapporto hanno coniato l’espressione "dead species walking" per le circa 500 mila specie non ancora estinte, ma che a causa della distruzione e degradazione degli habitat a loro disposizione e ad altri fattori legati alle attività umane (sovra-sfruttamento, inquinamento, cambiamenti climatici e diffusione di specie aliene invasive) vedono ridurre le loro probabilità di sopravvivenza nel lungo periodo.
Il 25% delle specie animali e vegetali è minacciato di estinzione. Oltre il 40% delle specie di anfibi, quasi il 33% dei coralli che formano la barriera corallina e dei mammiferi marini sono a rischio di estinzione. Sempre secondo IPBES, la biomassa dei mammiferi selvatici è diminuita dell’82% e un uno studio recente calcola che il 94% della biomassa dei mammiferi terrestri oggi viventi sia rappresentata da esseri umani (36%) e animali domestici (58%). Per gli insetti, i dati disponibili fanno ritenere che almeno il 10% delle specie sia minacciato. Negli ultimi cento anni l’abbondanza media di specie autoctone, nella maggior parte degli habitat terrestri, è diminuita di almeno il 20%.
Gli scenari sviluppati da numerosi scienziati, sulla base dei dati oggi disponibili, indicano che gli attuali tassi di estinzioni delle specie in natura sono da cento a mille volte superiori alla media delle estinzioni della storia del pianeta. Questi numeri portano a riferire il tempo che stiamo vivendo come sesta estinzione di massa, dopo quelle precedenti causate da eventi cosmici e planetari, tra le quali tutti conoscono quella che portò all’estinzione i dinosauri, 65 milioni di anni fa.
Per aiutare la politica a comprendere meglio i modi molto diversi in cui le persone concepiscono e apprezzano la natura, il Rapporto fornisce una classificazione nuova e più completa dei valori della natura. La nuova classificazione evidenzia come diverse visioni del mondo e sistemi di conoscenza influenzano il modo in cui le persone interagiscono e apprezzano la natura e presenta quattro prospettive generali: vivere dalla natura (la capacità della natura di fornire risorse per sostenere i mezzi di sussistenza, i bisogni e i desideri delle persone, come cibo e beni materiali; vivere con la natura (concentrarsi sulla vita "diversa da quella umana"); vivere nella natura (l'importanza della natura come ambiente per il senso del luogo e dell'identità delle persone);vivere come natura (vede il mondo naturale come una parte fisica, mentale e spirituale di se stessi).
E chi meglio dei cacciatori interiorizza e vive praticamente ogni giorno queste visioni del mondo? Appare quanto mai sensato chiedere un riconoscimento a livello globale sull’importanza di una figura non paragonabile ad alcuna altra. E’ proprio l’interconnessione basata anche sul consumo alimentare di risorse rinnovabili (selvaggina) a dare una marcia in più a questa categoria in grado di contribuire fattivamente al ripristino di habitat, monitoraggio di specie e ambiente e studio attivo di specie altrimenti abbandonate a se stesse.
C’è poi un fatto innegabile: nessun riferimento tra quelle cause di estinzione è assimilabile alla caccia, ormai da decenni basata su un prelievo sostenibile per poche specie in buono stato. Ergo, la sostenibilità della caccia in un quadro di declino generalizzato della natura dovrebbe far riflettere proprio sulla sua assoluta utilità per gli ecosistemi.
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