Chi se la ricorda la nebbia? Quella bella nebbia - come si diceva – “ che si taglia col coltello”? Quella nebbia che quando uscivi dal portone di casa, magari di notte, anche se eri in centro città, nel tuo quartiere che conoscevi palmo a palmo da una vita, bastava fare due passi, un giro su te stesso, e non eri più capace di capire dove ti trovavi? Oggi no, quell'ovatta impalpabile, umidiccia, che ti avvolgeva nel nulla, non c'è più, sparita, divorata dai termosifoni. Nemmeno a Milano, o a Brescia, nella vasta Padania, dove con le prime brume d'autunno, tu che stavi di qua dall'Appennino, facevi cento smorfie prima di decidere di avventurartici, da quelle parti. Una vera e propria avventura che non di rado costava la vita.
Oggi, quella nebbia là, la ritrovi semmai in alto, sopra gli ottocento-mille, o nelle valli interne dove non tira vento, o – ancora – nelle paludi, che da quando mondo è mondo ne sono domicilio per eccellenza. E' colpa del clima, bellezza!, ci dicono sempre più spesso i nostri incantatori di serpenti, che ci condizionano la vita con quei semplici strumenti infernali che la tecnologia stagione dopo stagione ci propone e ci propina in modelli sempre più avanzati. Tools, come li chiamano oggi, oggetti, che ormai sei costretto a consultare anche per andare a letto. Un mondo controllato dal sistema. “Basta un click”. Ti dicono se fa caldo o se fa freddo, se piove o se tira vento. E dove e quanto, in tempo reale. Ti zumano anche il capanno che hai su quel cucuzzolo fuori tiro di qualsiasi passante, se ti perdi nel bosco ti dicono dove sei realmente e dove è il più vicino punto di...ristoro, o anche dov'è il tuo cane che s'è perso dietro un capriolo.
T'informano, lì, sul posto, di cosa si tratta di quella pianticella o di quel fungo che hai appena fotografato e che non sai classificare. Ti tolgono tutte le albagie, riducendo ogni cosa a mera (inconsistente, a volte) certezza. Altre volte ti fanno perdere la trebisonda, invece, soprattutto quando ti trascinano in diatribe da bar sport, se ti sei arreso alla proposta di far parte di una chat o di un gruppo FB. O di Instagram, o di Netflix.
Insomma, sei costretto a sorbirti tutto o il contrario di tutto, anche per la caccia. Difficile distinguere il grano dal loglio. Le fake news che prima si perdevano nei fumi e negli umori delle locande di paese, oggi si dilatano a dimensione planetaria. Più le rileggi, perchè riproposte a dismisura, e più ti potrebbero convincere che sono verità.
Ma vediamola in positivo, come qualche guru anche di casa nostra ci propone. Di sicuro, abbiamo il mondo ai piedi. Lo possiamo misurare stando comodi in poltrona. Per la caccia abbiamo app che ci dicono di tutto e di più. Se si sono mossi i primi tordi in Carinzia, lo apprendiamo in tempo reale. Se il compagno di battuta ha fermato un cinghiale nel poggio di fronte ti è già arrivata l'immagine sullo smartphone. Le chat, poi, ti consentono di scambiare pareri e informazioni in stretto contradditorio. In buona sostanza, hai tutto quello che ti serve per fare "squadra", appunto. E invece, ti rendi conto che quello che servirebbe oggi, per dare forza alla tua passione, alla caccia, fare sistema, essere uniti, stenta a progredire. La riduzione del tempo ha enormemente allungato le distanze. Invece di fare chiarezza, ti ritrovi in mille confusioni, non sai quasi più chi ha ragione. Mille voci disarmoniche ti confondono. Come se t'infilassi metaforicamente in quella nebbia di un tempo, che adesso si è quasi del tutto dissolta come certe nostre convinzioni. Ti trovi "spaesato", sprofondi nel dubbio, mentre avresti bisogno di riferimenti. Riferimenti certi. Forse servirebbe un po' più di umiltà, soprattutto da parte dei nostri dirigenti. meno ostentazione muscolare, più voglia di stare insieme, di ricreare armonia, di darsi da fare per condividere obiettivi. Più ragionevoli. Come si faceva un tempo. Quando c'era meno tecnologia, ma più calore.
Maurizio Poli
Nota a margine. C'è un borgo in Italia, uno delle migliaia di borghi, splendidi, meravigliosi, che ci aprono il cuore e l'anima. Questo borgo è Solomeo, in Umbria (Comune di Corciano, Perugia), riportato a nuova vita da Brunello Cucinelli, il re del Cashmere, Principe contadino, che ispirato dai suoi grandi conterranei (basta dire Francesco, patrono degli Italiani, e Benedetto, patrono d'Europa), ma anche dalla vita semplice della sua gente, coltiva i principii di un "capitalismo neoumanistico" e lo ridiffonde nel mondo. Grazie a lui rinasce in quei luoghi quel concetto di armonia fra borgo e campagna, fatto di artigianalità, ruralità, bellezza, quieto vivere. Non so se lui sia mai stato cacciatore, immagino di si, ma di sicuro nel riarmonizzare quel paesaggio, quel modo di vivere, quella bella sua gente, mi piace pensare che abbia tratto ispirazione anche dalla caccia, che permea da sempre quelle lande, nello scorrere delle generazioni, fino ad oggi. Gente semplice, generosa, solidale, di sani e onesti costumi.
Niente a che vedere con la nebbia che confonde i pensieri di tanti contemporanei, sempre più soli, seppur circondati da mille teconologie, che illudono di annullare il tempo e lo spazio.